L’antitesi del feudalesimo Tuath, la tribù celtica

Sin dall'Età del Ferro, rappresentò l’istituzione fondamentale nella società irlandese.

Anticipò il Medioevo, quando l’Europa continentale viveva il drammatico scontro tra civiltà romana e caos barbarico.

Invano tentò d’opporsi alle invasioni perché la sua forza intrinseca aveva reso debole il concetto stesso di Stato.

Per comprendere l’Irlanda e la sua storia bisogna partire dalla tribù.

Tuath, la tribù celtica.

La Tuath
La Tuath

Il termine tuath, che appartiene anche all'irlandese moderno quale nome femminile della seconda declinazione, si trova tradotto sui vocabolari come “country” e ha una valenza puramente territoriale.

Non così fu inteso in origine.
Immaginiamo l’Irlanda del VI secolo a.C.: la popolazione preistorica di ceppo per taluni ancora iberico, per altri storici già protoceltico, cede e si sottomette alla conquista gaelica. Essa non è compatta, ma organizzata in ondate successive, che non si danno regole stanziali ma che migrano, che ritornano, che si espandono in maniera apparentemente disordinata.

È come se non uno ma tanti popoli avessero preso possesso dell’Isola di Smeraldo.

Popoli che si somigliano, che ammettono un’identità comune ma che agiscono come grandi famiglie allargate, fortemente coese e indipendenti tra loro.

Ognuno di questi piccoli popoli celtici si definisce tuath.

Tale sostantivo può essere convertito in “tribù”, tenendo presente di non esagerare l’idea di nomadismo e di non sottovalutarne le dimensioni numeriche.

Le tuatha, infatti, si scelsero precisi territori d’appartenenza, spesso anche ben delimitati da confini geografici, quali corsi d’acqua o rilievi montuosi. Eppure non fecero mai della terra su cui vivevano un simbolo di qualificazione.

In altre parole, la zona che occupavano era in funzione delle loro necessità primarie, serviva alla tribù e per questo veniva persino difesa, senza rappresentare tuttavia il vero motivo d’aggregazione, che continuava a risiedere nei vincoli di parentela insiti nella tribù stessa.

3 foto per La Tuath
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Da ciò conseguiva l’inutilità di dividere la proprietà terriera, che non aveva valore per il singolo ma per l’intera collettività. Non esprimeva ricchezza: riguardava piuttosto l’ordine naturale delle cose. Al contrario, era il possesso del bestiame, secondo un concetto di chiara derivazione nomade, a operare rigide distinzioni tra le classi sociali.

In secondo luogo, le tuatha non erano nuclei di pochi, sparuti individui.

L’uso del termine tribù non ci deve far pensare ai villaggi indiani dipinti da qualche pellicola western degli anni Cinquanta, ossia a rare tende piantate in riva a un torrente. Perché in essa potevano convivere migliaia di persone, tra nobili e uomini dediti ai lavori manuali.

Anche se le oltre duecento tuatha d’Irlanda si riassumevano in numeri disomogenei, molte superavano addirittura le tremila unità.

La tuath risiedeva in un accampamento fortificato, da cui dipendevano villaggi e fattorie.

Questo recinto sorgeva preferibilmente su un’altura ed era composto da fossati esterni e da barricate di terra o mura di pietra. Nel primo caso era denominato ráth, nel secondo caiseal.

All’interno, pur rifuggendo da qualsiasi idea di grandiosità architettonica, dominavano le abitazioni del capo tribù e dei nobili, ma non mancavano le casupole della servitù.

C’erano luoghi di culto e sale destinate ai banchetti. Le linee curve, utilizzate anche nella pianta degli edifici, prevalevano su quelle rette. Inoltre, un vasto spazio veniva destinato a prato. Qui le mandrie e i greggi erano accolti per trascorrere l’inverno.

Qui la tribù si riuniva nei giorni di festa, quando una sorta di fiera animava le notti di Samhain e di Bealtaine.

Il signore di ogni tribù si chiamava taoiseach (termine che attualmente designa il Premier irlandese) o in alcune zone flaith ma, se la tuath si era conquistata un ruolo di particolare importanza, assumeva il titolo di rí, ossia di re.

Solo in epoca assai più tarda, dopo le invasioni vichinghe e anglonormanne, si guadagnerà l’appellativo di iarla (derivato da “conte”).

Il suo effettivo potere sulla tribù è stato spesso messo in discussione. E il paragone con il feudatario medioevale non gli ha giovato.

Per comprendere chi fosse il capo tribù, è necessario rimarcare che la sua carica non era imposta dall'alto, per diritto divino o ereditario, anche perché i celti tenevano prettamente separati il potere politico e quello religioso.

Al contrario, era la tuath che si sceglieva il taoiseach per elezione.

In questo modo, l’autorità gli veniva conferita dal popolo.

Non bisogna tuttavia esagerare l’aspetto “democratico” di tale elezione.

Essa avveniva nell'ambito della classe nobiliare, quella degli airí, e i contadini non avevano voce in capitolo.

Raramente era suffragata da una votazione: si preferiva, piuttosto, dar credito alle visioni e ai sogni dei saggi.

Se il feudatario trasmetteva al figlio il proprio diritto, il capo tribù irlandese sapeva di dover rimettere la carica personale alla tuath, nell'ora della morte. Anzi, sapeva che se avesse sbagliato, se non avesse esercitato il potere in maniera corretta ed efficace, sarebbe stato addirittura esautorato da un momento all’altro.

4 foto per La Tuath la tribù celtica
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Non succedeva abitualmente, ma se un taoiseach non si mostrava all'altezza della situazione, la tribù lo eliminava con mezzi radicali:

l’annegamento nell'idromele o nella birra oppure una pira su cui arderlo vivo.

Dopo, si cercava qualcuno che fosse più idoneo. Di solito il favorito era il miglior guerriero della tuath, scelto tra consanguinei che, contando quattro generazioni, erano in grado di risalire a un avo comune.

Le capacità militari erano essenziali per il taoiseach perché i suoi compiti non erano vasti come quelli di un sovrano e si riducevano alla mansione di condottiero in tempo di guerra e a quella di arbitro in tempo di pace.

La tuath non era uno Stato:

erano assenti gli organi amministrativi e non esisteva un vero sistema penale.

Si obbediva alle leggi per tradizione, per senso dell’onore e, soprattutto, per non essere relegati in una classe inferiore a quella d’appartenenza.

Il capo tribù, in un certo senso, era garante del valore sociale di ogni individuo della sua tuath.

Il prestigio e la ricchezza “misuravano” l’importanza di ciascuno e perderli non era soltanto uno schiaffo all'amor proprio: aveva altresì la conseguenza di sminuire il ruolo del malcapitato all'interno della tribù e di collocarlo in un rango subalterno.

Nella peggiore eventualità, si arrivava sino a essere schiavo o ostaggio di un superiore.

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D’altronde, chi si faceva valere in battaglia o chi incrementava considerevolmente il proprio bestiame (anche grazie all’abigeato, considerato lecito), otteneva dal taoiseach il riconoscimento di un grado sociale più ragguardevole.

Se proprio si vuole trovare un’analogia con il feudalesimo, anche nella tribù celtica esistevano rapporti clientelari. Ma con una differenza abissale: in quel contesto, il feudatario si garantiva la fedeltà dei sottoposti in cambio della concessione di terre; in questo, il capo tribù, che non aveva terre perché esse erano comuni a tutta la tuath, offriva la sua stima e protezione in cambio, ad esempio, degli obblighi militari imposti da una guerra.

Nelle assemblee, il taoiseach, sebbene fosse un capo e avesse una dignità quasi regale, non poteva prendere per primo la parola.

Questo diritto spettava ai rappresentanti della classe dei saggi. Spettava ai druidi.


Per recuperarne la figura, occorre spogliarli dell’aura di magia di cui tanta letteratura, a cominciare da quella latina, li ha circondati. I druidi erano sostanzialmente dei filosofi e, come tali, erano esperti di scienze naturali e di medicina. Gestivano la religione e presiedevano i sacrifici.

Concepivano l’immortalità dell’anima e si trasmettevano oralmente i segreti del cosmo e della vita. Temevano la divulgazione del loro sapere: per questo ricorrevano di rado alla scrittura ogamica.

Erano profondamente consapevoli del loro ruolo nella tuath.

Al punto che avevano moltiplicato le divinità. Prescindendo da pochi dei venerati nell'intera Irlanda, come Lug, patrono della guerra, ogni tribù si era inventata i propri numi tutelari.

Erano stati i druidi locali a tracciarne il profilo, tenendo presente le caratteristiche, le necessità, le paure della loro gente. Così nomi e culti fatalmente differivano.

In epoca cristiana, la tuath non depennò i druidi dalla propria struttura sociale: a poco a poco, li sostituì con monaci e religiosi.

Posizioni privilegiate erano occupate da giuristi, poeti e guerrieri. I primi non avevano la facoltà di legiferare ma, pur studiando in scuole specializzate, si limitavano a interpretare le norme della tradizione.

Più creativi erano i filithe, che non si occupavano soltanto di arte e di poesia e che si dedicavano anche alla scienza e alla tecnica.

I guerrieri, infine, erano gli eroi cui la tribù affidava la propria sicurezza e la propria difesa.

Il resto della tuath era costituito dagli uomini che lavoravano.

Prevalevano numericamente i contadini ma si contavano anche molti artigiani. Gli schiavi erano spesso prigionieri di guerra mentre gli ostaggi erano uomini un tempo liberi e poi decaduti.

Il loro valore commerciale era all'incirca quello di tre mucche, benché il prezzo variasse da tuath a tuath, e vestivano rigorosamente di nero.

È curioso notare come i colori distinguessero i membri delle varie classi.

6 foto per La Tuath e i Druidi
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Se i guerrieri indossavano tuniche rosse e i druidi bianche, ossia colori puri, gli altri combinavano variamente l’azzurro, il verde, il giallo oro e il grigio secondo la loro importanza sociale.

Chi vestiva meno colori aveva un minor peso nella tribù e solo il taoiseach aveva abiti tessuti con tutti e sette, compreso il nero.

In seguito, con l’affermarsi in Irlanda del Re Supremo, l’Ard-Rí, questa prerogativa toccherà unicamente a lui.

La longevità della tuath come istituzione è sorprendente.

Essa riguarda un arco di tempo che supera i duemila anni, dall'Età del Ferro sino alla fuga degli ultimi signori dall’Uladh, all’inizio del XVII secolo, sotto il regno di Giacomo I Stuart.

Così, quando Annibale passava il Cenisio con i suoi elefanti, in Irlanda c’erano le tuatha; quando, nella notte di Natale dell’anno 800, Carlo Magno cingeva la corona del Sacro Romano Impero, in Irlanda c’erano le tuatha; e quando Leonardo dipingeva la Gioconda, in Irlanda sopravvivevano le tuatha.

Lo scorrere dei secoli non apportò sostanziali cambiamenti nell'organizzazione della tribù:

il fatto che vichinghi e inglesi si passassero di padre in figlio i privilegi, volse gradualmente in ereditaria la carica di taoiseach.

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E, purtroppo, non mutò neppure i rapporti che intercorrevano tra una tuath e l’altra.

Le razzie di bestiame che si perpetravano presso le tribù confinanti non rendevano idilliache le alleanze e fomentavano piuttosto odi e rivalità tanto forti da tramandarsi di generazione in generazione.

Tuttavia, era sentito il bisogno d’intese politico-militari, soprattutto da parte delle tuatha minori che cercavano l’appoggio di quelle più potenti.

Sebbene la donna fosse molto libera nella scelta del marito e potesse averne anche più di uno, dato che in Irlanda vigeva una sorta di matriarcato d’origine addirittura preceltica, erano sovente gli accordi matrimoniali a instaurare relazioni amichevoli tra due tribù.

Un altro sistema praticato era quello noto con il termine di forestage, che consisteva nell’affido della prole a terzi.

I nobili demandavano l’educazione dei figli ai membri più illustri della loro famiglia, sempre all'interno della tuath; il capo tribù, invece, consegnava i propri rampolli al suo pari di un’altra tuath.

In questo modello educativo si riassume l’idea stessa di tribù: nulla, infatti, evidenzia l’avversione verso qualsiasi forma d’individualismo e di possesso meglio di un figlio sottratto ai propri genitori. Come se persino il bambino, similmente alle terre, non appartenesse di diritto a colui che lo ha generato ma fosse una risorsa comune alla tuath…

Il fanciullo era allevato da estranei in funzione della tribù, secondo il ruolo che in futuro avrebbe dovuto ricoprire in essa, e non veniva restituito ai suoi se non al raggiungimento della maggiore età, che per i maschi era stata fissata a diciassette anni e per le femmine a quattordici.

Qualunque sia il giudizio sul forestage, è indubbio che esso giovasse alle alleanze e, quindi, alla tuath stessa.

Come un mosaico che andava formandosi, dai patti tra le tribù si costituirono i Cúigí, ossia i Quinti.

Essi corrispondevano grosso modo alle attuali province di Connacht a ovest, di Laighean a sud-est, di Mumhan a sud-ovest e dell’Uladh a settentrione. Le tuatha che componevano ciascun Quinto si riconoscevano in un sovrano comune, al quale accordavano il diritto di guidarle nelle guerre e che, specialmente agli albori del cristianesimo, concentrerà nelle proprie mani l’effettivo potere politico.

La quinta unità territoriale, che completava l’intera Irlanda, era rappresentata dal Mide, ossia dalla piccola Terra di Mezzo, in cui sorgeva la collina di Teamhair. Qui veniva eletto tra i signori dei Quinti il Re Supremo, l’Ard-Rí, colui che dominava l’Isola di Smeraldo.

5 foto per La tribù celtica
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In realtà, eccettuando personaggi come Brian Ború, che sconfisse
i vichinghi, e pochi altri, l’Ard-Rí, non fu mai un sovrano capace d’imporsi e di obbligare all’unità le tuatha e i Cúigí.

La sua autorità non aveva nulla a che spartire con quella d’un Carlo Magno! L’Ard-Rí non era l’imperatore unto per grazia divina, che esigeva la fedeltà dei propri feudatari; era l’uomo eletto dalle tuatha e che le tuatha, in un gioco di rivalità e di convenienze, potevano detronizzare. Sotto questo aspetto, l’antitesi con il feudalesimo è così macroscopica da essere abbagliante.

Non un modello nato dall’alto, dal vertice di una piramide sociale che scende in maniera granitica giù giù sino alla base, sino all’ultimo valvassore; bensì l’aggregazione di persone che, dal basso, ammettono la necessità d’avere un capo che salvaguardi i loro interessi collettivi.

Con tale premessa, non deve sorprendere la mancanza in Irlanda di una vera centralità.

La forza intrinseca, indipendente ed eroica delle tribù prima e dei Quinti dopo impedì l’instaurarsi d’una guida preponderante e unitaria. C’era la Nazione, ma troppo debole era lo Stato. Di ciò approfittarono gli invasori, quando sbarcarono sulle coste d’Irlanda. Come un veleno, essi s’insinuarono nelle contese appoggiando ora l’uno ora l’altro taoiseach, ora l’uno ora l’altro rí, e si resero indispensabili.

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Saldi nel loro feudalesimo, gli inglesi isolarono le tuatha, spezzettarono l’Irlanda e non trovarono una resistenza organizzata in grado di ricacciarli di là dal mare.

Imbevuti dei loro principi cavallereschi, disprezzarono senza pietà il coraggio un po’ rude dei guerrieri celtici. Infine, tanto cattolici da mutarsi di lì a poco in protestanti, annientarono la Chiesa d’Irlanda e la sottomisero a quella britannica.

Eppure gli irlandesi delle tuatha e gli inglesi dei feudi professavano la stessa fede… Nello stesso Dio!

Foto da Wikipedia, markfisherauthor.com. Elaborazioni CaffèBook.