Il fuoco che profuma di muschio Ag baint móna

La raccolta della torba, in Irlanda, non è soltanto un lavoro manuale. È piuttosto un rito antico capace di riunire le famiglie in nome della nostalgia e. attraverso la storia, di far assaporare l’aroma indefinibile di un tempo che va scomparendo.

Tanti e tanti secoli fa, un capo vichingo che aveva veleggiato attraverso il mare venne tra i celti e insegnò loro che la terra può ardere. Si chiamava Eric ma tutti, da quel giorno, lo soprannominarono Eric Torba.

La raccolta della torba in Irlanda

1 foto per la raccolta della torba in Irlanda
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Scozzesi e irlandesi lo ringraziarono per l’insegnamento ricevuto, continuando però a preferire il fuoco della legna per scaldarsi nei mesi invernali.

L’Irlanda, in particolare, era coperta di boschi e il paesaggio differiva dal velluto verde con cui noi, oggi, siamo soliti ammantarla nella nostra immaginazione.

Perché non erano ancora giunti gli inglesi, perché un popolo non era ancora stato costretto a sollevarsi contro la tirannide di un altro popolo e, infine, perché le foreste secolari non erano ancora state abbattute per stanare i patrioti che vi trovavano rifugio…

In meno di un centinaio d’anni, laddove passarono le schiere di Cromwell che stimavano gli alberi irlandesi utili soltanto a reggere la corda per un’impiccagione, l’isola fu spogliata, ridotta a un’immensa prateria.

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I venti dell’ovest che sibilavano nell’inverno ghiacciavano il suolo e facevano tremare di freddo i contadini, nudi, poveri e malnutriti. Si arrivò persino a bruciare lo sterco del bestiame, per non morire assiderati.

Ma gli irlandesi, si sa, sono gente tenace, che non si lascia abbattere dalle avversità.

Riscoprirono il tesoro di Eric Torba, sepolto sotto le paludi.

Quella terra nera e untuosa, inzuppata d’acqua come una spugna, divenne la speranza imprevista delle famiglie. Si poteva estrarla dove una prima fossilizzazione aveva favorito la nascita di questo carbone giovane: sotto antichi laghi morenici che si erano prosciugati da tempo immemorabile o laddove frequenti inondazioni avevano trasformato in acquitrini i campi di graminacee, tra la vegetazione rigogliosa dei fusti della typha e dell’equiseto e l’incanto variopinto dei fiori di ranuncolo, d’erica e d’orchidea.

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Per mesi si facevano essiccare le zolle brune, frammiste con le infinite ragnatele delle radici di sfagno, e, all’irrigidirsi della temperatura, erano quelle degli strati superficiali a essere arse per prime, riservando per il gelo di dicembre quelle estratte in profondità, più scure e più ricche di calore.

Nei camini e nelle stufe, le fiamme si vestivamo di un fumo rarefatto e azzurro che impregnava le case, misere capanne dall’impiantito di terra battuta e dal tetto di paglia, d’un profumo penetrante, con la fragranza dell’autunno e dei boschi che non esistevano più.


Non sembra possibile, nel mondo tecnologico in cui viviamo, che ci sia ancora spazio per la torba, che in gaelico si dice móin (la pronuncia è muugn).

Questo combustibile ci parla di un’epoca lontana, in cui le candele erano di giunco, si faceva il pane con la farina di ghiande o ci si saziava con un piatto di patate.

Eppure la torba, nel XX secolo, è stata una grande risorsa per l’economia della giovane Repubblica d’Irlanda. Ha alimentato le centrali elettriche, limitando l’importazione del petrolio. Inoltre, è stata esportata su vasta scala per soddisfare la richiesta dei floricoltori europei, delle aziende agricole produttrici di funghi e persino per l’impianto dei campi da golf. Pur essendo meno pregiata del carbon fossile, in quanto contiene una quantità di carbonio decisamente inferiore – si stima pari al 55% circa contro il 90% dell’antracite – la torba è stata sfruttata sino all'eccesso. Le torbiere, presenti soprattutto nel nord e nell'ovest, sono state aggredite in maniera massiccia e assai rapida, con macchinari moderni, tanto da mettere a repentaglio la loro stessa sussistenza.

Il delicato e prezioso ecosistema che ognuna di esse rappresenta sarebbe stato condannato alla distruzione se l’Ente Statale per l’Estrazione della Torba (in irlandese Bord na Móna) non avesse deciso di conservarne intatto un 30% sull’intero territorio nazionale, istituendo delle apposite aree protette.


Non si sarebbe giunti a questo punto, se la torba fosse rimasta d’esclusivo appannaggio dei contadini, raccolta secondo metodi manuali, seguendo l’andamento ciclico delle stagioni e utilizzata senza sprechi, come si usa nel mondo rurale. In questo modo, ci sarebbe stata torba anche per le generazioni future mentre, adesso, c’è chi teme che essa si possa esaurire ben prima che si concluda questo secolo.

E con la torba spariranno anche le tradizioni connesse alla sua estrazione.

3 foto per la raccolta della torba in Irlanda
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Si tratta di riti antichi, che riuniscono le famiglie e che mutano il lavoro e la fatica in una sorta di festa, come avveniva per la nostra mediterranea vendemmia, vittima anch’essa delle macchine e dei moderni processi produttivi. Molte torbiere, infatti, si trovano ancora in appezzamenti di terra che appartengono a fattorie e, di conseguenza, il loro sfruttamento è quello strettamente familiare. Da esse, viene estratta solo la quantità di zolle sufficiente a riscaldare la casa durante l’inverno.

Tutti i membri della famiglia, anche i bambini, cooperano alla raccolta della torba.

La saggezza arcaica degli avi porta i giovani a rispettare le caratteristiche del terreno, tanto che esistono diversi tipi di badile secondo la zona d’Irlanda in cui vengono impiegati. Lo strumento per tagliare la torba si chiama sleán (leggi sgl(i)oon) ed è una specie di vanga con la lama ad angolo retto per consentire il taglio di blocchi squadrati di un peso che supera a volte addirittura i dieci chilogrammi. La forma dello sleán adatto alle torbiere più profonde, situate su terreni accidentati –come nelle contee di Antrim, d’Armagh o di Galway – prevede una lama stretta e lunga, ideale per scavare e per penetrare. Dove, invece, la torbiera è superficiale e di modesta consistenza, lo sleán ha una lama breve e larga, che taglia in senso orizzontale (Cork, Longford).


I contadini, a differenza degli operai dei grandi impianti estrattivi, hanno la pazienza di aspettare.

Sanno che, come c’è un tempo per seminare e uno per mietere, c’è anche un tempo per raccogliere la torba. Gli anziani hanno insegnato loro che non è bene incamminarsi verso gli acquitrini con sleán e carriola prima che sia venuto il giorno di san Patrizio (17 marzo). Per una sorta di superstizione? No, è piuttosto l’oculata attesa della primavera che, foriera di venti miti, inaridisce le paludi e le asciuga dopo le piogge dei mesi più freddi.

Non viene neppure dimenticato il calendario delle lune, tanto caro in ogni ambiente agricolo.

Il particolare binomio di luna e d’acqua non può, in effetti, essere estraneo alla torba che trattiene nel suo singolare tessuto di terra e di materie organiche in decomposizione sino all’80% di liquidi. Così, ci si appresta a tirar fuori dalla rimessa gli sleánta solo quando s’affaccia in cielo la luna calante.
Vero è che le attuali abitudini di vita tendono a spostare il momento dell’estrazione verso il periodo di Pasqua, che varia di anno in anno dato che questa festa coincide con la domenica che segue il primo plenilunio di primavera.

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Il progressivo abbandono delle campagne, comune in Irlanda come nel resto d’Europa, che ha portato le nuove generazioni a stabilirsi nelle città in quanto offrono migliori opportunità di studio e di lavoro, ha reso più solitari i villaggi e i vecchi, che in essi vivono. Una coppia d’attempati coniugi non sarebbe in grado di tagliare con lo sleán le zolle di torba, perché si tratta di un lavoro pesante, di quelli che spezzano la schiena. Ma le vacanze pasquali riportano i figli nella casa della loro infanzia e le loro braccia forti sostituiscono quelle infiacchite dei genitori.

La raccolta della torba diventa così un motivo d’aggregazione familiare, di riunione dopo mesi di lontananza.

Per chi lavora e risiede nella capitale, i paesi d’origine sono raggiungibili, a volte, anche dopo quattro o cinque ore di macchina. Per questo motivo, la visita ai parenti avviene soltanto in occasione delle festività natalizie, di quelle pasquali o delle ferie estive. Fratelli di famiglie numerose, svolgendo attività diverse e in differenti località, si rivedono a primavera, dopo un inverno in cui si sono limitati a scambiarsi qualche telefonata frettolosa. Cugini che si sentono estranei gli uni agli altri imparano a conoscersi e a giocare insieme.


Faticando da mattina a sera nel bog, così viene chiamata la palude d’estrazione,

con la stessa lena, con lo stesso sudore di quando si era ragazzi, i vincoli d’affetto tornano a stringersi e la confidenza si fa più pronta. Professionisti e impiegati, che a Baile Átha Cliath (Dublino) si vestono quotidianamente in giacca e cravatta, rimangono in maniche di camicia e ripetono i medesimi gesti dei loro antenati contadini. Non sono avvezzi agli sforzi che la torba richiede. Spesso, allora, si siedono presso i muretti di pietre a secco e si riposano, fumando la pipa del babbo di cui avevano scordato l’aroma. Chiacchierano di ricordi e fanno bilanci riguardo alla loro vita. E non è raro che il fratello maggiore si rimetta a dare consigli a quello minore…

4 foto per la raccolta della torba in Irlanda
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Al tramonto, mentre tinte d’acquerello si diluiscono tra nuvole leggere, si prendono i forconi e si dispongono le zolle di torba in modo tale da facilitarne il drenaggio. Si ritorna a casa con passo lento eppure allegro, dato che le ore sono volate via in una serena intimità. La cena è veloce e frugale, perché la stanchezza vince la fame e la conversazione. Ci vuole un lungo sonno ristoratore prima che l’alba chiami a una nuova giornata di lavoro.


Quando la raccolta vera e propria è terminata, comincia il complicato processo dell’essiccazione.

Esso è molto importante perché la torba risulterà più o meno pregiata anche a seconda di come si è svolta l’asciugatura. Per alcuni mesi, toccherà ai vecchi il compito di tornare nel bog e di rivoltare di frequente le zolle, impilandole in verticale. Con l’estate e il sopraggiungere delle vacanze, saranno di nuovo i figli a caricarle sul carro e a trasportarle alla fattoria, esponendole al sole presso i muri a secco. Essi verranno ancora a Natale. Il lavoro, allora, sarà finalmente terminato e potranno scaldarsi presso il camino, gustando il tepore odoroso del fuoco di torba. Rilassandosi mentre il cielo imbrunisce dietro i vetri delle finestre, si racconteranno tante storie. Storie di un’Irlanda dal passato doloroso e affascinante. Storie di un’Irlanda che guarda al futuro.

Foto da Pixabay, Irish mirror, Glenamaddy Heritage