Il trifoglio, che deve la fama a san Patrizio
Erboristeria, il trifoglio paganesimo e cristianesimo.
Sono trascorsi soltanto pochi giorni dalla festa irlandese di san Patrizio, che ricorre il 17 marzo e che è stata esportata ormai in tutti i continenti.
Ci si veste di verde, si danza al ritmo delle gighe e ci si fregia di vistosi trifogli.
Fu San Patrizio, infatti, predicando ai fedeli che si erano radunati per ascoltarlo nei pressi di Cashel, a donare all’Isola di Smeraldo questo simbolo così particolare.
Perché, dunque, proprio il trifoglio?
Non fu un caso se gli occhi di Pádraig di Ard-Macha, canonizzato come san Patrizio d’Irlanda, caddero sopra una pianticella di trifoglio che ammiccava tra i fili d’erba del prato.
Egli stava spiegando alla folla il mistero della Santissima Trinità, addirittura al cospetto di due principesse, Eithne e Fedein, figlie del re Laoghaire.
Si trattava di un mistero ostico da illustrare a chi non conosceva la fede cristiana, anche se gli irlandesi erano avvantaggiati nella sua comprensione per il fatto che le loro divinità spesso venivano raffigurate come triadiche.
«Perché no?», dovette chiedersi il vescovo.
E raccolse la verde fogliolina unica e tripartita.
Fu certo un’ispirazione momentanea perché, come ben si coglie dai suoi scritti che sono giunti sino a noi, era un santo impetuoso, dal carattere ardente, più propenso a parlare a braccio piuttosto che a preparare complessi sermoni dottrinali.
Ma con quell’inspirazione, con il semplice gesto di servirsi di uno seamróg (si pronunzia sc(i)amrook) egli convinse e convertì.
In altre parole, usò un linguaggio simbolico che apparteneva al substrato culturale di coloro che l’ascoltavano e che lui, tratto all’Isola di Smeraldo come schiavo, non poteva che conoscere molto bene.
Era stato venduto come pastore, quand’era ragazzo, e aveva condiviso con gli armenti la solitudine della campagna.
Aveva imparato che le bestie amavano nutrirsi di trifoglio e che anche gli uomini in caso di malattia ricorrevano a quell’erba il cui disegno stilizzato compariva sulle vetuste pietre incise a spirali.
Come il trifoglio liberava dal catarro, dai bubboni nel collo (adesso sappiamo, mercé i suoi principi attivi, che giova al sistema linfatico), così avrebbe affrancato gli animi dalle paure ancestrali, dalle paure difficili a esprimersi, promettendo una nuova civiltà di pace.
Da uomo intelligente qual era, Pádraig non volle distruggere tutte le credenze celtiche, anzi, le affinò, prendendo ciò che di buono, ciò che di vero c’era in esse.
Creò una specie di codice, un lessico adatto alla mentalità degli irlandesi e a diffondere il messaggio di Cristo.
Ancora oggi, tuttavia, è ignoto di quale specie di pianta il Santo si fosse servito.
Si tende a escludere il Trifolium pratense (dai fiori violacei), come anche il Trifolium arvense (dai capolini bianchi).
Ci sono studiosi che caldeggiano l’ipotesi dell’erba medica nera, ossia della Medicago lupulina, che può essere piuttosto verosimile.
Fantasiose sono, invece, le congetture che riguardano il crescione o l’acetosella e che ci paiono dettate più che altro dalla gola…
Queste erbe si mangiano infatti nel giorno di san Patrizio in ghiotte insalate.
Fra tutti i possibili tipi di seamróg ( trifoglio), più o meno parenti tra loro, noi prediligiamo il Trifolium repens, detto pure “trifoglio olandese”, dai fiori bianchi o giallicci e dalle foglie piccole e graziose.
È lo stesso che portano le Irish Guards sul cappello durante la parata di St. Patrick (San Patrizio) e che rappresenta l’Irlanda.
Da simbolo della Trinità, lo seamróg nel corso dei secoli si è adattato a incarnare un’immagine del tutto folcloristica (e purtroppo anche commerciale e consumistica…) e a effigiare la fortuna.
Si dice che chi ne trova uno con quattro foglioline nel giorno di san Patrizio non possa essere imbrogliato negli affari e che ogni sua impresa riesca purché non mostri mai a nessuno il suo prezioso amuleto.
Fortuna per un anno intero viene poi garantita a chi, sempre nel St. Patrick’s Day, tuffa uno seamróg a tre o quattro foglie nell’ultimo bicchiere di whiskey bevuto prima che scocchi la mezzanotte.
Si tratta di credenze colorite, poco convincenti ma che almeno rallegrano lo spirito.
Interessante sarebbe, al contrario, approfondire i già citati studi fitoterapici riguardanti l’influenza del trifoglio sulle secrezioni ghiandolari, con esperienze cliniche che sinora sono state effettuate solo in minima parte.
Lo seamróg (trifoglio), infine, è impareggiabile come erba da pascolo.
È l’asso nella manica degli allevatori irlandesi.
A differenza di quanto avviene in altre parti d’Europa, pastori e mandriani dell’Isola di Smeraldo sanno che utilizzare fertilizzanti azotati è controproducente perché potenziano l’erba a scapito del trifoglio, il quale ha dei noduli nelle radici capaci di fissare l’azoto presente nel terreno senza bisogno d’agenti chimici esterni.
Meglio scommettere sullo seamróg (trifoglio), allora, non tanto spargendo fosfati, ma lasciando che cresca e si moltiplichi naturalmente.
Tagliandolo spesso s’indebolisce ma se lo brucano le pecore diventa spavaldo e si diffonde con un orgoglio tutto celtico.
Articolo Il trifoglio, che deve la fama a san Patrizio di Maura Maffei su CaffèBook (caffebook .it)