Chouans, il grido del gufo

“Si chiedeva un dì un allocco”… Comincia così una celebre strofetta del filosofo irlandese George Berkeley. “Cosa c’entra Berkeley con la Chouannerie?” vi starete domandando.

Chouannerie: i Chouans e il grido del gufo

Chouannerie: i Chouans e il grido del gufo
Chouannerie: i Chouans e il grido del gufo

Proprio nulla, infatti. È l’allocco, piuttosto, il vero protagonista di questa storia. Non si tratta dell’uomo un po’ sempliciotto cui il termine, spesso usato in senso dispregiativo, allude.

L’allocco che c’interessa è un uccello notturno imparentato con il gufo. Non è quello che in francese viene chiamato hibou. No, l’allocco o barbagianni corrisponde alla hulotte, detta anche chat-huant, dal verso sonoro e particolare. Nelle campagne, i ragazzi bretoni avevano imparato a imitarlo. Cresciuti, costretti sovente a darsi al contrabbando per sopravvivere, se ne servivano per intendersi fra loro e per gabbare i gabellieri.

Durante la Rivoluzione francese, quel grido divenne il simbolo della Bretagna libera, che non si sottometteva agli eccessi e ai soprusi, che rivendicava la sua fede e la sua tradizione. Ed è proprio di questo che andiamo a narrarvi.

L'Esaltazione Rivoluzionaria e la Delusione

Il primo errore, frutto di vaghe reminiscenze scolastiche, sarebbe quello di credere che la Bretagna sia stata monarchica e controrivoluzionaria per vocazione. Non lo fu affatto, invece!
Sin dal 1532, anno del Trattato d’Unione con la Francia, i suoi abitanti si sentivano soffocare sotto il giogo del potere centrale e mordevano il freno, anche perché, se il trattato garantiva una certa indipendenza, specie in materia di coscrizione, di fatto non sempre veniva rispettato.

Nelle città, gli ideali dell’Illuminismo erano giunti come una boccata d’aria pura. Si erano costituiti circoli letterari, le logge massoniche si erano moltiplicate e il 1° gennaio 1789, a Rennes, era stato fondato il giornale Le Hérault de la Nation.

Adesso qualcuno di voi potrebbe obiettare: “Che ce ne facciamo delle città se la Bretagna del XVIII secolo era principalmente contadina? Esse non fanno testo!”
In effetti, dei poco più di due milioni d’abitanti che all'epoca popolavano la Bretagna, solo il 10% risiedeva nelle città. Inoltre, i paesani erano tutt'altro che abbienti, in balia del raccolto, timorosi che una cattiva annata li gettasse da un momento all'altro nella schiera dei poveri e dei mendicanti, costituita da circa il 15% dei bretoni.

Stando così le cose, è comprensibile che la parola “rivoluzione” avesse un suono accattivante anche per i contadini. La gente era infastidita dai privilegi feudali, dai tributi che esigevano i nobili. Tacciava l’aristocrazia di renitenza verso qualsiasi cambiamento e della colpa d’essersi troppo francesizzata.

Per natura, il bretone era disposto a rispettare la gerarchia sociale.

Sin dall'epoca celtica, esisteva la nobiltà composta tanto da guerrieri, da sacerdoti, da poeti quanto da artigiani specializzati, da uomini di legge e da medici.

Una nobiltà un po’ anomala, se vogliamo, ma accettata perché offriva la sua forza e la sua cultura alla collettività, perché svolgeva compiti indispensabili al bene di tutti. A che giovava, invece, il signorotto del XVIII secolo, chiuso tra gli agi del suo castello e sempre allarmato dall'eventualità di perderli?

Con la convocazione degli Stati Generali, anche il Terzo Stato bretone si mosse e compilò con entusiasmo i suoi “cahiers des doléances”.

A guidarlo erano spesso i curati locali, d’estrazione contadina, i quali, come i druidi antichi, sapevano intendere i loro fedeli. Sapevano dare una forma corretta ed efficace alle loro rivendicazioni.

Questo è un punto cruciale nel discorso che stiamo sviluppando. Per capire la Rivoluzione in Bretagna, è necessario tener presente che il prete fu sempre la figura di riferimento nella società, perché parlava di Dio e parlava da amico. Fu l’uomo da ascoltare, da stimare e da difendere. Esattamente come un druido antico…

Fino a quando Terzo Stato e basso clero marciarono insieme, infiammati dagli stessi principi di libertà, fratellanza e uguaglianza, tutto andò per il meglio. Esempio ne sia il distretto di Morbihan dove, tra i 132 sindaci appena eletti, ben 42 erano sacerdoti.

Ma un bel giorno, anzi, un brutto giorno, le cose mutarono.

Era il 12 luglio 1790 e a Parigi era stata approvata la Costituzione Civile del Clero che riformava l’organizzazione della Chiesa francese.

In virtù di tale documento, la Chiesa Cattolica non era più ritenuta Chiesa di Stato. Venivano abolite le diocesi, assegnando un solo vescovo a ogni dipartimento.

La Bretagna perdeva così quattro tra i vescovi più amati, quelli di Dol, di Saint Malo, di Saint-Pol-de-Léon e di Tréguier. Chiusi i loro conventi, le monache venivano secolarizzate e obbligate a rientrare in famiglia. Infine, ogni carica municipale era preclusa ai religiosi.

Il clero bretone, dai curati ai vescovi, si schierò decisamente contro tale Costituzione tanto che, nel febbraio 1791, quando l’Assemblea Nazionale pretese dai sacerdoti un giuramento ufficiale, le astensioni in Bretagna furono dell’80-90%.

I preti che rimasero fedeli al Papa vennero detti refrattari e vennero sostituiti da sacerdoti patrioti che erano dei vecchi monaci e che non piacevano alla popolazione. Per questo erano beffeggiati, vilipesi, boicottati.

Chouannerie e i preti refrattari

Chouannerie e i preti refrattari: Bretone di sentinella davanti a una chiesa di Charles Loyeux
Chouannerie e i preti refrattari: Bretone di sentinella davanti a una chiesa di Charles Loyeux

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La Bretagna si strinse intorno ai refrattari, moltiplicò le messe, le processioni, i pardons, per dimostrare una fede autentica da contrapporre al culto tiepido degli intrusi. Ciò impaurì Parigi che, a partire dalla seconda metà del 1792, decise la persecuzione sistematica di quanti non avevano giurato.

Gli uomini della Guardia Nazionale, i cosiddetti Blu, irruppero in chiese e cappelle, rubarono e distrussero gli arredi sacri, costrinsero i seguaci dei refrattari a consegnar loro pane, burro, lardo, sotto la minaccia della denunzia.

In alcuni distretti, come l’Ille-et-Vilaine, divennero un vero flagello. La gente iniziò a odiarli, come aborrì la Rivoluzione di cui essi erano i servitori. Quali vantaggi, d’altra parte, aveva ottenuto da essa? D’accordo, i privilegi feudali erano stati aboliti ma erano stati i ricchi borghesi delle città a occupare il posto degli aristocratici, ad accaparrarsi i loro beni confiscati e a ricoprire le cariche amministrative più ambite. Nulla era rimasto al contadino, che aveva soltanto un nuovo padrone cui obbedire… Altro che libertà, fratellanza e uguaglianza!

A ciò bisogna sommare lo stato di guerra continua cui la Rivoluzione ha condotto la Francia. Questa situazione divora e decima i soldati e occorrono sempre nuove truppe d’ammassare lungo le frontiere. Alla Bretagna viene imposta l’estrazione a sorte dei coscritti, esattamente come sotto i Borbone. Con quale differenza? Allora la sorte era “pilotata” e, guarda caso, non sfiorava mai i nobili che non erano militari di carriera; adesso, è sempre “pilotata” ma risparmia i rampolli degli influenti borghesi delle municipalità!

Conseguenze d'un Complotto Fallito

Tale fu la congiura del marchese de La Rouërie. Una grande macchina da guerra andata in fumo. Per colpa d’un traditore.

Armand Tuffin La Rouërie, detto il Colonnello perché aveva combattuto con passione e onore durante la Guerra d’Indipendenza americana, fu innanzitutto un ardente nazionalista. Egli aveva l’indole indomita di un eroe celtico, quasi fosse scaturito per incanto dall'eco d’una leggenda dimenticata.

Quando si era trattato di fare la voce grossa con il re Luigi XVI, rimproverandogli una politica che attentava alla libertà della Nazione bretone, egli non si era tirato indietro e aveva pagato con un mese di Bastiglia la sua audacia verbale.

Adesso che le cose stavano precipitando in un baratro vergognoso, l’unico scopo di La Rouërie era diventato quello di sganciare la Bretagna dagli eccessi rivoluzionari. Per ottenere ciò, aveva fondato l’Association bretonne, assai strutturata avendo come unità territoriali le diocesi e i distretti.

Chouannerie: Armand Tuffin La Rouërie il Colonnello

Chouannerie: Armand Tuffin La Rouërie detto il Colonnello
Chouannerie: Armand Tuffin La Rouërie detto il Colonnello

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I capi di ciascuna unità, scelti tra quei nobili che erano stati ufficiali regi e che conoscevano bene il mestiere della guerra, rispondevano direttamente al colonnello Armand.

Le truppe di La Rouërie potevano contare su un arsenale di quattro cannoni e di oltre seimila fucili e, dalla prima metà del 1792, vantavano l’appoggio incondizionato dei fratelli del re, riparati all'estero, i quali erano convinti che la Bretagna, insorgendo, si sarebbe trascinata appresso tutta la Francia.

Purtroppo, come già vi abbiamo anticipato, uno dei congiurati, un tale Chévetel, andò a spifferare tutto a Danton e il complotto sfumò nel nulla.

La Rouërie, dopo una fuga precipitosa, morì sfinito e demoralizzato.

Noi non ci schieriamo con quegli storici, che pure sono tanti, che considerano La Rouërie un personaggio marginale e il suo complotto un semplice episodio che emerge a malapena dall'aneddotica.

Perché La Rouërie ebbe il merito d’aver compreso con lucidità che tipo di guerra s’adattava alla Bretagna. Non sarebbe stato utile sollevare interi eserciti, come avveniva a sud della Loira, in Vandea. No, era preferibile la guerriglia, che meglio s’adattava al territorio bretone, che destabilizzava con imboscate e azioni mirate per poi trovar rifugio nel folto delle foreste.

I soldati controrivoluzionari, organizzati in bande, lottavano contro i Blu come gli antichi guerrieri celtici, con lo stesso orgoglio, con la medesima astuzia. Questa fu l’intuizione che La Rouërie lasciò in eredità alla sua patria. Non fu raccolta da altri nobili, se non incidentalmente: forse non ne esistevano d’altrettanto coraggiosi.

Chouans, il popolo e le Chouannerie

Chouans, il popolo e le Chouannerie
Chouans, il popolo e le Chouannerie

Al contrario, fu raccolta dal popolo, che si sollevò tutto insieme, senza premeditazione ma in modo spontaneo quando, un mese dopo la morte del Colonnello, nel marzo 1793, fu decretata la leva in massa. E dal popolo ebbero aiuto e protezione le prime bande di Chouans. Il termine, come abbiamo visto, deriva dal grido di riconoscimento dei contrabbandieri.

Non a caso chi cominciò a adottarlo era proprio un contrabbandiere del sale – per inciso, non era neppure bretone, – che si chiamava Jean Cottereau ma che preferiva il soprannome di Jean Chouan. Non fu lui, tuttavia, il capo dell’intero movimento. In realtà, non esisteva un capo che coordinasse le bande fra loro. Ciascuna agiva indipendentemente, secondo le circostanze, traendo vantaggio dalle situazioni favorevoli e improvvise.

Avevano una diffusione a macchia di leopardo, con una maggiore concentrazione nel triangolo che aveva per vertici le città di Fougères, di Rennes e di Nantes, oltre che nei territori in cui si parlava in lingua bretone.

Gli Chouans venivano definiti sbrigativamente “brigands” dalla Parigi rivoluzionaria.

Erano laceri, non avevano uniformi ma portavano sul petto il cuore rosso in campo bianco che ricamavano per loro le suore sfrattate dai conventi. I capi, riconosciuti tali per i loro meriti sul campo proprio come i guerrieri celtici traevano onore dalle loro vittorie belliche, signoreggiavano su territori geograficamente ristretti.

Chouans, Pierre Guillemot

Chouans, Pierre Guillemot
Chouans, Pierre Guillemot

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C’era, ad esempio, Aimé de Boisguy nella foresta di Fougères. C’era Guillemot, che era un capo contadino sebbene amasse definirsi il re di Bignan.

Jean Chouan e fratelli dominavano nel bosco di Misedon (Mayenne) e Cadoudal aveva supremazia indiscussa ad Auray, nel Morbihan.

Ci fu chi tento d’unificare le bande e, tutt'altro che modesto, di mettersi alla loro guida. Fu un nobile, il conte Joseph Puisaye. E combinò un gran pasticcio.

Jean Cottereau, detto Jean Chouan di L. de Labarre, 1840 . I capi Chouans e Le Chouannerie
Jean Cottereau, detto Jean Chouan di L. de Labarre, 1840 . I capi Chouans e Le Chouannerie

Le Tre Fasi della Chouannerie

La definizione, in verità, è piuttosto labile. Essa viene adottata per comodità dagli storici ma non corrisponde a situazioni concluse da atti precisi, come può essere un armistizio condiviso da tutte le parti in causa. Un armistizio? E come pretenderlo dalle bande chouannes?

La Prima Chouannerie copre, grosso modo, l’arco di tempo che va dall’autunno 1793 alla primavera 1795.

È quella di cui vi abbiamo appena parlato, che è fomentata dalla scristianizzazione e dal comportamento sanguinario di singoli rappresentanti della Convenzione in missione in Bretagna, quali il famigerato Carrier responsabile delle noyades di Nantes, ossia degli annegamenti sistematici nella Loira di preti, di monarchici e di briganti che a volte raggiungevano a malapena la pericolosa età di tredici anni!

Il tentativo d’unificazione del conte de Puisaye risale alla fine del 1794.

Pur animato da buone intenzioni, egli commise lo sbaglio di aver più interlocutori, ossia il Governo Inglese, i fratelli del defunto sovrano e i capi chouans, e di far credere a ciascuno di essi di godere dell’appoggio incondizionato dei restanti, cosa che purtroppo non corrispondeva a realtà perché ogni parte in questione tendeva a temporeggiare.

Nel frattempo, mentre Puisaye si trovava ancora a Londra, il suo secondo Cormatin agì di propria iniziativa e, il 21 aprile 1795, aderì alla pace di Mabilais:

libertà di culto in cambio dell’acquiescenza degli chouans.

Vana utopia!

La Seconda Chouannerie (estate 1795 – primavera 1797) debutta con un atto clamoroso.

Gli uomini del Morbihan, rimasti a secco di polvere da sparo, capitanati da Lantivy, assaltano in cinquecento il polverificio di Point-de-Buis, presso Châteaulin. È il 19 giugno 1795. S’impossessano di otto barili di polvere e distruggono quella che resta. Riescono a farla franca raggirando impunemente i Blu.

Gli avvenimenti si fanno pressanti. Il 25 giugno, sulle coste della penisola di Quiberon, sbarcano 4500 uomini tra soldati inglesi ed emigrati francesi. Recano 30000 fucili e un carico di uniformi rosse della fanteria inglese. Da bravi anglosassoni, amanti dell’ordine, hanno infatti accettato di battersi a fianco degli chouans solo a patto di rivestirli degnamente…

Joseph-Geneviève conte di Puisaye: La Seconda Chouannerie

Joseph-Geneviève conte di Puisaye
Joseph-Geneviève conte di Puisaye

Tutto pare mettersi per il meglio. Ma ricompare il solito conte di Puisaye che non smentisce la sua fama di pasticcione. Questa volta pesta i piedi e pretende di comandare lui l’intera missione.

Il conte d’Hervilly gli si rivolta contro perché ha le stesse ambizioni. Per sciogliere la contesa, ci si appella al Governo di Londra e si spreca del tempo prezioso. Intanto 20000 chouans accorrono nella penisola. Giunge anche monsignor de Hercé, l’anziano vescovo refrattario di Dol, che il 28 giugno celebra una messa solenne.

Avete presente Quiberon? Ci siete mai stati in un giorno d’agosto quando l’unica strada è intasata dalle auto dei turisti? Se vi è capitata questa disavventura, ne conserverete un pessimo ricordo: quello d’una giornata trascorsa in macchina, imprecando per la coda. Perché da Quiberon è praticamente impossibile defluire in massa, oggi come allora.

La battaglia di Quiberon

1 La battaglia di Quiberon
1 La battaglia di Quiberon
2 La battaglia di Quiberon
2 La battaglia di Quiberon

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Dovette tenerne conto il generale Hoche, comandante dell’Armata Repubblicana nell'Ovest. Per questo, aiutato anche dal ritardo dell’azione nemica che gli permise di ricevere rinforzi, fece costruire un trinceramento che separava la penisola dal resto della Bretagna.

Ecco, gli chouans erano in trappola e furono massacrati, mentre gli inglesi fuggivano sulle loro navi. Furono fatti molti prigionieri. Di essi, 718 furono fucilati il 28 agosto, a Vannes, sulla passeggiata della Garenne. Venne fucilato anche il vescovo di Dol. Con le mani legate, il vecchio presule aveva chiesto invano che gli levassero il cappello dalla testa, per recitare le sue estreme orazioni. Alla fine, un soldato blu si commuove ma un capo chouan gli impedisce d’avvicinarsi, accusandolo di non esserne degno e, afferratolo con i denti, toglie lui stesso il cappello al vescovo.

Quanto all'inopportuno conte di Puisaye, scappò via su una nave inglese e, una volta a Londra, s’affrettò a farsi naturalizzare perché Georges Cadoudal l’aveva condannato a morte in contumacia!

Al disastro di Quiberon seguì un periodo di relativa pace. Hoche si dimostrò tollerante verso il culto refrattario per isolare gli chouans che non possedevano più eccessivi consensi popolari. La gente era stanca di morti e di lotte che sembravano infinite.

La Terza Chouannerie si risvegliò dopo le elezioni dell’aprile 1797 (germinale dell’Anno V) e si estinse nell'estate 1801.

Le elezioni erano state vinte dai moderati, dai monarchici. A Parigi traballa il Direttorio e i repubblicani più accesi, nel settembre del 1797, ottengono l’annullamento delle votazioni in 49 dipartimenti, tra cui tutti quelli bretoni.

Una legge emanata in fretta il 5 settembre (19 fruttidoro), condanna alla deportazione i preti refrattari. I contadini tornano a ribellarsi e chiamano in loro soccorso gli irriducibili capi chouans, tra cui Cadoudal e Marie Pierre Frotté, un giovane conte che coordina le bande di Normandia. La goccia che fa traboccare il vaso è la legge Jourdan del 12 giugno 1798, perché obbliga tutti i giovani francesi al servizio militare.

Per studiare una strategia comune, i capi chouans si riuniscono nel castello di Jonchère. Approfittando delle difficoltà militari del Direttorio, che ha tutti i soldati impegnati in guerra e che, pertanto, non ha truppe sufficienti a presidiare la Bretagna, viene deciso un attacco simultaneo nelle principali municipalità dell’Ovest.

Così Sol de Grisolle s’impadronisce di Redon, Pontchâteau e La Roche-Bernard. Nell'ottobre 1799 la città di Le Mans è occupata per quattro giorni da Bourmont. Chatillon irrompe a Nantes e svuota le carceri mentre Mercier La Vendée il 26 ottobre s’impossessa di Saint-Brieuc. La tattica è elettrizzante ma il precipitoso arrivo dei rinforzi repubblicani rigetta le bande nella clandestinità delle loro foreste. Non avranno altra occasione di riarmarsi. Il Colpo di Stato del generale Bonaparte, avvenuto il 9 novembre 1799, cambierà drasticamente il corso della storia. Napoleone otterrà la sottomissione degli insorti con la sospensione della leva e con la libertà religiosa.

Quasi tutte le bande si arrendono già nel gennaio 1800. Napoleone non le teme: ha in pugno l’arma per conquistare la Bretagna, l’unica arma possibile. Il 10 luglio 1801 firma con il Vaticano il Concordato che ripristina in Francia il cattolicesimo romano. I preti refrattari, almeno quelli che sono scampati alla Rivoluzione e che non sono troppo anziani per farlo, riprendono la direzione delle loro antiche parrocchie.

Che cosa resta della Chouannerie?

I suoi capi hanno gettato la spugna o, come Frotté, sono stati fucilati. Il grido del gufo tace tra gli alberi. Tutto è silenzio, nella notte. L’allocco si ridesterà a tratti, come da un sogno, sino al Congresso di Vienna, eppure il suo verso resterà inascoltato.

Il grido del gufo è diventato il canto del cigno di Georges Cadoudal, l’icona più potente della Chouannerie, dotato della forza, dell’ardire e dello smisurato orgoglio che ebbero i guerrieri celtici.

Cadoudal non si piegherà mai davanti a colui che considerava un usurpatore. Progetterà addirittura d’assassinare Napoleone e pagherà tanta temerarietà lasciando la testa sotto la lama della ghigliottina.
Tutto tace ormai nelle tenebre eterne delle foreste. Tutto è silenzio…

Bibliografia Essenziale della Chouannerie

DUBY, GEORGES, (a cura di), Histoire de la France, Librairie Larousse, 1970.
DUPUY, ROGER, La Chouannerie, Editions Ouest-France, 1982.
CHARLES DOURSENAUD, Chouans bretons, Harmonia mundi, 2010.
FURET, FRANÇOIS – OZOUF, MONA, Dictionnaire critique de la Révolution française, Flammarion, 1988.
GODECHOT, JACQUES, La Révolution française, Librairie académique Perrin, Parigi 1988.
HAMPSON, NORMAN, A Social History of the French Revolution, Routledge and Kegan Paul Limited, Londra 1964.
MATHIEZ, ALBERT, La Révolution française, Tome I: La chute de la Royauté e Tome III: La Terreur, Librairie Armand Colin, Parigi 1952.
PELLETIER, YANNICK, Une histoire de la Bretagne, Éditions Jean-Paul Gisserot, 1991.
SOBOUL, ALBERT, la Révolution française, Les Éditions Arthaud, Parigi 1983.
AA. VV. Vom Ancien Régime zur Französischen Revolution. Forschungen und Perspektiven, Göttingen, Vandenhoeck & Ruprecht, 1978.

Box 1

La Rouërie, l’aristocratico irrequieto

Armand Tuffin, marchese La Rouërie, nacque a Fougères il 13 aprile 1751. Aveva la vivacità e l’irruenza dei bretoni e visse un’adolescenza spensierata e libertina. Costretto a lasciare la Francia perché raggiunto da una lettre de cachet, ossia da un ordine regio d’arresto, si rifugiò in Svizzera.

Qui si credette folgorato dalla vocazione religiosa e pensò seriamente di ritirarsi in un convento trappista. Ma l’illusione durò poco: egli era un uomo d’arme e non riusciva a conciliare il suo spirito avventuroso con i silenzi monastici. S’imbarcò così per l’America e divenne un eroe nella Guerra d’Indipendenza del 1776.

Tornò in Francia alla vigilia della Rivoluzione, che non lo esaltò. Nel 1788, fu inviato dal Parlamento di Bretagna a presentare al re Luigi XVI le lamentele della Nazione e, per la sua focosità nell'esporle, incarcerato per un mese.

Una volta libero, rientrò a Fougères:

fu accolto tra grandi onori e portato in trionfo.

Nel 1791 emigrò temporaneamente a Coblenza, dove fondò l’Association bretonne per restaurare il potere monarchico in Francia. Preparò con cura il complotto che lo ha reso celebre. Quando esso sfumò e molti fra i suoi collaboratori furono presi e giustiziati, La Rouërie si trovò assediato nel suo castello di Antrain dalla Guardia Nazionale di stanza a Rennes e a Saint-Malo.

Riuscì fortunosamente a fuggire e, come un animale braccato, riparò prima nei dintorni di Laval poi in quelli di Saint-Brieuc. Esausto, fu colto da una febbre maligna nel castello di Guyomarais (Côtes-du-Nord). La notizia che il suo re, quel Luigi XVI che aveva amato e servito nonostante i contrasti e che per la restaurazione del quale aveva lottato sino allo stremo, era stato ghigliottinato il 21 gennaio gli fu fatale. Morì nella notte tra il 30 e il 31 gennaio 1793, all'età di quarantun anni.

Box 2

Cadoudal, il gigante contadino

Georges Cadoudal nacque nei dintorni di Auray, precisamente sulla collina di Kerléano, nel 1771. Era il primogenito d’un agiato agricoltore. La sua famiglia fu presto scossa dal dolore perché sei dei suoi nove fratelli non sopravvissero all'infanzia.

Georges Cadoudal, dipinto di Paul Amable Coutan, 1827.
Georges Cadoudal di Paul Amable Coutan, 1827. I capi Chouans e Le Chouannerie

Per il padre, egli che era alto, robusto, dotato di una forza straordinaria, rappresentava la rivalsa contro il destino, che tante piccole vittime aveva falciato nella sua casa.

La sua pronta intelligenza non doveva essere sprecata nel lavoro dei campi. Per questo, a prezzo di sacrifici, Georges fu mandato a compiere studi umanistici nel collegio di Vannes.

Qui accolse con euforia l’annuncio della Rivoluzione.

Ma quando, nel 1791, la sua scuola venne chiusa perché i suoi insegnanti, che erano tutti sacerdoti, avevano rifiutato d’accettare la Costituzione Civile del clero, quando l’ottusità rivoluzionaria gli impedì di terminare i suoi studi, egli cambiò parere.

Fu costretto a mettersi a lavorare e s’impiegò come scrivano presso un notaio. Partecipò attivamente alle insurrezioni del 1793 e dal 1794 divenne uno dei capi chouans maggiormente rispettati.

La Chouannerie fu la sua unica ragione di vita, tanto da fargli rifiutare la grazia, il grado di generale e una pensione di 100000 franchi annui quando tutto ciò gli fu offerto da Napoleone in cambio della pace. Nauseato dalla politica di quello che chiamava apertamente “l’usurpatore”, visse per alcuni anni in Inghilterra.

Rientrò in Francia nel 1803, animato da un proposito folle: eliminare Bonaparte.

Cospirò con i generali Moreau (bretone lui pure) e Pichegru, ma fu scoperto e arrestato dalla polizia di Fouché il 13 marzo 1804. Salì i gradini della ghigliottina il 24 giugno.

Il suo corpo non fu restituito alla famiglia. Venne sfruttato dagli studenti di medicina per le dissezioni. Di lui non sarebbe rimasto più nulla se il barone Dominique Larrey, insigne medico e padre della chirurgia militare moderna, non avesse fatto montare con il fil di ferro il suo scheletro e non l’avesse conservato.

Oggi le sue ossa riposano sulla collina di Kerléano, in un mausoleo che più che una semplice tomba è un monumento alla Chouannerie.

Box 3

La Chouannerie in due romanzi da riscoprire

Forse non vi sarà facile trovarne il titolo negli schedari della vostra biblioteca comunale, perché non sono tra le opere più famose dei loro autori. Eppure vale la pena tentare: sono due gioielli per la ricostruzione storica, sebbene un po’ “ottocentesca”, e per il pathos descrittivo. Si tratta di

Quatre-vingt-treize di Hugo e de Gli Chouans di Balzac.

Entrambi gli scrittori, per comporli, fecero ricerche in Bretagna, soggiornarono a lungo a Fougères e ascoltarono la testimonianza diretta di chi aveva vissuto quell’epoca ed era ancora in vita.

Da Quatre-vingt-treize, vi proponiamo un brano emblematico:

“Per capire la Vandea, è necessario concepire questo antagonismo: da una parte la rivoluzione francese, dall'altra il contadino bretone.

Innanzi a tali avvenimenti imponderabili, minaccia immane di tutti i benefici in una volta, accesso d’ira della civiltà, eccesso furioso di progresso, miglioramento sterminato e inimmaginabile, si metta quel selvaggio grave e singolare, quell'uomo dall'occhio chiaro e dalla capigliatura fluente, che viveva di latte e di castagne, ristretto al suo tetto di paglia, alla sua siepe, al suo fosso, che riconosceva ogni paese vicino dal suono delle campane, che non adoperava l’acqua se non per bere,

vestito con l’abito di cuoio ad arabeschi di seta, incolto e ricamato, che decorava le sue vesti come i suoi antenati celti tatuavano i loro volti, che stimava il padrone nel carnefice, che parlava una lingua morta, facendo così abitare il proprio pensiero in una tomba, che spronava i suoi buoi, che arrotava la sua falce, che sarchiava il suo grano, che impastava la sua galletta, che venerava innanzitutto il proprio aratro,

la propria nonna in secondo luogo, che credeva alla Vergine e alla Dama Bianca, attaccato all'altare come all'alta pietra arcana eretta nel mezzo della landa, contadino nei campi, pescatore sulla costa, bracconiere nella macchia, amante dei suoi re, dei suoi nobili, dei suoi preti, dei suoi pidocchi; pensieroso, immobile sovente per ore intere sulla grande riva deserta ad ascoltare il rumore del mare.”

Foto e disegni da Wikipedia.