Luchino Visconti, Il Gattopardo e Alain Delon
Il Gattopardo di Luchino Visconti, il racconto di un colossal partendo da... Alain Delon
La carriera di Alain Delon decolla nel 1960 con "Plein Soleil (Sole Pieno)" di René Clément che lo rende un attore conosciuto e riconosciuto, ma è con "Il Gattopardo" di Visconti (1963) che diventa una star mondiale.
Quell’anno il film ottenne la palma d’oro a Cannes.
Visconti aveva alle spalle una lunga vita da cineasta, ma con questo lungometraggio di tre ore, crebbe e diventò uno dei grandi vate della settima arte. Nell'evoluzione del regista, questo film è una momento-chiave: ci sono il prima e il dopo...
Insistiamo su un punto poco conosciuto:
all'epoca, la versione francese era stata ridotta per portare il film a una durata di due ore, e ciò lo rendeva poco comprensibile al pubblico.
La grossolanità dei tagli fu incredibile, a tal punto che si può arrivare a chiedersi quale dilettante li avesse effettuati.
Anche la lunga versione italiana è stata tagliata! 20 anni dopo, provò a presentare ai fan delle versioni più complete, più rispettose dell’opera.
Purtroppo, ancora ai nostri giorni nessuna di esse è intera...
Secondo il realizzatore, trasceso dalla sua visione dell'argomento, gli attori ne furono segnati per sempre:
magistrale nel ruolo di Tancredi, Alain Delon lascia esplodere la sua forza di vita, il suo potere maschile, il suo carisma vittorioso e la sua volontà indomabile;
Claudia Cardinale interpreta un’Angelica trascendentale, vampirizzando il suo personaggio che diventa un archetipo del passaggio della borghesia all'aristocrazia, il vero argomento del film.
In quanto a Burt Lancaster, incarna un Principe Salina così autentico da DIVENTARE lui!
Anche i ruoli secondari sono perfettamente adeguati al loro personaggio
che sia Sergio Reggiani, l'organista della chiesa fedele alle tradizioni la cui disperazione esplode vedendo arrivare "il mondo nuovo",
Rina Morelli, la sposa del Principe, devota e limitata nella sua comprensione degli avvenimenti che vive di cui è solamente spettatrice,
Paolo Stoppa, il padre di Angelica che ci propone un (arricchito) nuovo ricco più vero che in natura, "intelligente come il diavolo",
o Romolo Valli, il cappellano gesuita del Principe tanto preoccupato dell'avvenire della chiesa.
Sappiamo oggi che Visconti ha esitato nell’interpretare il principe Salina.
Fu a un passo dal lasciarsi convincere ma, alla fine, preferì restare al suo posto. Alla luce del risultato ottenuto è stato meglio così.
"Il Gattopardo" è sempre stato ammirato per i suoi meravigliosi scenari, per l'ampiezza della sua sconcertante scena, per la precisione di tono dei suoi magici dialoghi, per le sue immagini immateriali, per l'equilibrio del gioco dei suoi attori, per la sua musica melodica dovuta a Nino Rota e a Verdi, in accordo con le immagini che passano davanti ai nostri occhi, per "l'estetismo morale e visuale" che ha conferito il creatore di questo affresco storico.
Non bisogna farsi ingannare:
chiunque abbia letto il libro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa dopo aver visto il film rimane deluso perché il secondo supera, e di molto, il primo.
In linea di massima, i film non sono all'altezza dei libri di cui sono le trascrizioni su grande schermo. Le eccezioni a questa regola sono sempre dei capolavori e "Il Gattopardo" ne è l’esempio.
Altri esempi? Si può citare "Guerra e pace" di Serguei Bondarchuk, "Il ritratto di Dorian Gray" di Alberto Lewin o ancora "My fair Lady" di George Cukor. L'elenco non è ovviamente esaustivo.
Man mano che la storia si sviluppa davanti allo spettatore affascinato, una soddisfazione quasi "gustativa" riempie i suoi occhi e le sue orecchie... Nessun difetto, nessuna falsa nota, una padronanza completa del regista-creatore... Un classicismo integrale elevato alla perfezione.
L'argomento non ha niente di straordinario ma non è banale: è la visione del cineasta che magnifica la storia.
Nel 1860, Garibaldi e le sue camicie rosse sbarcano in Sicilia provocando un maremoto politico che trascinerà tutto lungo il suo passaggio, finendo per creare il regno d'Italia...
L'obiettivo ricercato da tutti i patrioti della penisola dopo l'epoca napoleonica.
Il Principe assiste, impotente, agli eventi, comprendendo che la sua classe sociale, l’aristocrazia, dovrà cedere il primo posto alla borghesia trionfante, perché è costituita dai nuovi grandi proprietari terrieri… Un po’ di nostalgia, un po’ di malinconia può esserci, ma è tutto… Egli è lucido, senza illusioni e non vuole compromettersi…
È Tancredi che, all'inizio del film, va a fargli capire ciò che accade: "se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi".
Il Principe, poco incline al compromesso, si ricorderà della frase alcuni tempi più tardi, discutendo con Tumeo, l'organista della chiesa interpretato da Sergio Reggiani.
Tancredi ha un grande promettente avvenire. La bellezza di Angelica unita ai milioni del padre di quest’ultima farà la sua fortuna... La sposerà dunque... Provocando l'unione della nuova borghesia e dell'aristocrazia.
Riassumere il film non sarebbe di nessun interesse, ma il tempo dedicato al ballo grandioso, di circa 45 minuti, mostra bene la sua importanza agli occhi di Visconti la cui maestria tecnica supera qui la comprensione....
E da la chiave di questo sconvolgimento sociale. Inizio di un nuovo periodo dove:
"...nessuna forza positiva della storia... si profila come alternativa all'epos della decadenza cantato con struggente nostalgia", Visconti dixit.
Questa trasformazione viene espressa completamente nel ballo finale dal quale esce il Principe Salina, marciando da solo nelle sporche vie, passando davanti a noi e sparendo dalla nostra vista lasciandoci vedere solamente il dietro del suo abito di gala poi... Lascia la scena...
Questo film è un cambiamento nelle carriere degli attori e del realizzatore, come già sottolineato. A quell’epoca, il cineasta è membro del Partito Comunista Italiano. Qui, il militante cede il posto all'aristocratico milanese nostalgico, all'inseguimento di un'età dell’oro che non è esistita se non nei suoi ricordi...
L'osmosi tra Visconti e Burt Lancaster è completa, permeata, sorprendente anche perché i due uomini sembravano agli antipodi.
Questa complicità li spingerà a lavorare insieme su un altro progetto (Violence et passion - Violenza e passione, 1974).
Per tutta la sua vita, Lancaster sarà debitore a Visconti per ciò che ha imparato dal contatto con lui. Ne parlerà sempre con rispetto e ammirazione, idem per Alain Delon e Claudia Cardinale.
L'americano arriverà ad affermare che il suo sguardo sulla vita, come sul film, coincideva con quello del regista italiano a tal punto che: "ciò gli porterà una profonda trasformazione interiore, e lo stesso sul piano personale".
Alain Delon racconta che non può rivedere senza piangere la scena dove lo si vede uscire dal palazzo di suo zio per andare a raggiungere i garibaldini. Salta sulla sua carrozza e se ne va... Niente di particolare, ma meraviglioso da vedere... E da provare probabilmente...
Se il film fu considerato immediatamente come uno dei capolavori della settima arte in Europa, fu incompreso in America del Nord...
Solamente 20 anni più tardi fu presentato al pubblico americano. E fu un trionfo...
I capolavori non invecchiano mai. Custodiscono la loro eternità... Il meno che si possa dire, è che "Il Gattopardo" ne possiede tutte le caratteristiche...
Questo film è uno dei più belli del cinema mondiale, forse il migliore... Per il livello di perfezione che raggiunge...
Solo Claudia Cardinale ed Alain Delon sono ancora tra noi, gli altri attori ed il regista ci hanno lasciato... Non completamente poiché vivono, e vivranno eternamente, nella pellicola...
Articolo originale Alain Delon incandescent, Luchino Visconti majestueux di Jacques Tcharny traduzione di Paola Bianchi
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