Ormond Castle, costruito per una regina… E lei non venne!
A onor del vero, l’Ormond Castle di Carraig na Siúre è assai più antico ma il suo nome resta legato a quello del decimo conte, Black Thomas Butler, che lo fece radicalmente ristrutturare per accogliere Elisabetta I Tudor, sovrana d’Inghilterra. Qual era il suo scopo? Un’ardita strategia politica o un inconfessabile sogno d’amore?
Carraig na Siúre si trova sulla strada che da Port Lairge (Waterford) conduce all’An Clár, su quella “lunga strada per Tipperary”, come cita la canzone inglese, spesso snobbata dai turisti che, in cerca di forti emozioni, corrono veloci verso le scogliere che si tuffano nell'Oceano.
L'Ormond Castle di Carraig na Siúre del decimo conte, Black Thomas Butler
Del resto, perché fermarsi proprio a Carraig?
Quattro case ai bordi della carreggiata, in mezzo ai prati punteggiati di placide mucche. Si stenta a credere che, in passato, quest’anonima borgata sia stata un crocevia di traffici commerciali tra il mare e l’interno dell’Isola e che sia stata una posizione determinante da conquistare e da difendere.
Be’, adesso ci siamo e non ci resta che spendere un paio d’ore per visitarla. Seguiamo le frecce segnaletiche che indicano l’Ormond Castle e che ci confondono in un labirinto di vie. Saliamo sulla collina e usciamo dal centro abitato. Possibile che ci siamo persi anche il castello?
Lo ritroviamo dopo un breve viale alberato. Da un lato e dall'altro della strada, dietro i muretti di pietra, pigri cottages civettuoli sonnecchiano sotto il cielo bigio. Un cancello spalancato ci attende al termine del viale. Dietro, un verde accecante. Immenso, inondante, senza orizzonte. Più modestamente, il castello si tiene in disparte.
È rannicchiato a ridosso del cancello, subito alla destra di chi entra. Il prato declina un poco, quasi a dissimularlo. Non ostenta imponenza: la facciata di grigio pietrisco ha una severità che non ammette frivolezze. Solo una serie luminosa di bifore e di trifore dalle linee squadrate ne mitiga un poco la rudezza.
Si tratta d’un edificio insolito, una mansion in perfetto stile Tudor che ci trasporta nell'Inghilterra elisabettiana, facendoci quasi dimenticare di essere in Irlanda…
Ci aspettavamo, piuttosto, un castello degli inizi del XIV secolo.
Sapevamo che l’ala nord era stata aggiunta quasi tre secoli dopo ma non vi avevamo dato importanza. Non immaginavamo che fosse proprio questa parte ad accoglierci.
Oltrepassato il portone, l’impressione viene corretta dai ruderi che circondano il cortile interno. Essi fanno parte della dimora più antica, voluta dai Butler, giunti in Irlanda nel 1171, all'indomani della conquista anglonormanna e da loro abitata per molti secoli, fino a quando durò il titolo di conti di Ormond.
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Quando divennero duchi di Ormonde, si allargarono non solo assumendo la “e” finale del titolo ma anche trasferendosi nel vicino e più confortevole castello di Cill Chainnigh (Kilkenny).
Le mura diroccate che appartengono alla costruzione primitiva, che restano in piedi come spettri, senza che vi sia più un tetto a proteggerle, testimoniano secoli di lotte tra famiglie rivali.
I conti Butler di Ormond si tramandavano di generazione in generazione l’odio verso i conti Fitzgerald di Desmond, sinceramente ricambiato perché la posta in palio era troppo alta.
Le due casate, entrambe angloirlandesi, si contendevano infatti la supremazia sull’intero Mumhain, ossia il Munster, e non c’era politica matrimoniale che le tenesse a lungo lontane dalle armi. Le due torri che ancora rimangono di quell'epoca servivano appunto per avvistare i nemici in arrivo e per organizzare la difesa.
All'Interno del Ormond Castle
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Diversa è la mansion che incombe alle nostre spalle. Riattata nel 1568, senza mura di fortificazione, si confà a un periodo storico in cui le battaglie si preferiva combatterle con l’intrigo anziché sul campo aperto. Come già detto, non è di grandi dimensioni ma è un gioiello d’architettura e di decorazione.
Al pianterreno ci sono alcune piccole stanze che, in origine, dovevano essere dei salottini. Buona parte di esse è attualmente adibita al Ministero per i Lavori Pubblici e alla reception.
Fra le altre, le più interessanti sono la stanza degli atti, che contiene una collezione di atti reali che, nel succedersi dei secoli, furono conferiti alla famiglia Butler, e il cosiddetto salotto nuovo, che colpisce il visitatore non tanto per il suo arredamento, che pur comprende mobili di pregio, quanto per le stuccature decorative del fregio e del camino. Hanno un colore bianco latteo che ha sfidato il tempo e che ripropone, quasi fossero incisi nel burro, gli elementi araldici dei Butler, lo stemma, il nodo di Ormond o di Wake alternato al falco e al grifone, animali che rappresentavano la famiglia, e il celebre motto: “Comme Je Trouve”.
Tali stuccature sono una delle caratteristiche salienti dell’Ormond Castle e si ripetono con dovizia sulle pareti e sui soffitti dei locali di rappresentanza posti al primo piano.
Queste camere furono ideate e realizzate per mostrare l’opulenza e il potere dei Butler e conservano tuttora il loro fascino raffinato.
La sala da pranzo e la stanza del conte, dalle decorazioni sfarzose, sono disposte l’una all'estremità ovest e l’altra a quella est della long gallery, la stanza più famosa dell’intero castello. Una fama meritata. È il più antico esempio di long gallery in Irlanda ed è forse il più elegante, con i suoi due camini di pietra grigia scolpita che contrastano suggestivamente con il candore diffuso degli stucchi. Occupa tutta la facciata nord e le sue vetrate sfilano sul verde imperante del parco.
La decorazione riprende i motivi, i motti e le insegne della famiglia Butler ma qui predominano lo stemma dei Tudor e il monogramma ER di Elisabetta I.
Sul camino più piccolo c’è persino il suo ritratto, inquadrato tra le figure allegoriche di Iustitia ed Æquitas! Una beffa o uno scandalo? Né l’una né l’altro, se ragioniamo sulla storia del castello e del decimo conte di Ormond, che volle ristrutturarlo proprio pensando a Elisabetta Tudor. Lo splendore di queste stanze fu creato solo per lei.
L’uomo che ne fu l’artefice è certamente il personaggio più influente dell’Irlanda del XVI secolo.
Black Thomas Butler, Ormond Castle ed Elisabetta I
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Si chiamava Thomas Butler (1531 – 1614), ma gli irlandesi lo avevano soprannominato Tomás Dubh perché aveva la pelle olivastra e i capelli corvini. Così divenne Black Tom anche per gli inglesi. Dato che la famiglia Butler era imparentata, se pur alla lontana, con Anna Bolena, il giovane Thomas visse in Inghilterra, respirò sin da piccolo l’aria della Corte e crebbe accanto ai principi Edoardo, Maria ed Elisabetta. A quest’ultima, che era sua coetanea e cugina prediletta, lo legò sempre un rapporto particolare fatto d’affetto e di totale dedizione.
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Fu insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine di Bath, presenziò all'incoronazione di Edoardo VI e fu il primo fra i Butler a aderire alla confessione anglicana. Il suo ruolo politico si rafforzò sotto Maria I e sbocciò pienamente con Elisabetta I che nel 1559, anno successivo alla sua ascesa al trono, lo nominò Lord Tesoriere per l’Irlanda. In seguito divenne anche Lord Generale del Munster.
A questo punto viene spontaneo domandarsi quale fosse l’opinione degli irlandesi riguardo al conte di Ormond.
Scorrendo le tappe della sua rapida e folgorante carriera alla Corte d’Inghilterra, c’è da supporre che lo detestassero. E invece no! Tomás Dubh era molto amato dalla sua gente perché, nonostante la sua formazione inglese, era rimasto irlandese nel profondo del cuore e riusciva a comprendere il suo popolo.
Se doveva reprimere le ribellioni dei patrioti, tra i quali figuravano addirittura i suoi tre fratelli minori, lo faceva con rapidità, senza eccedere, senza abbandonarsi alla violenza gratuita.
Gli si perdonava persino l’ostilità che nutriva nei confronti di Gerald Fitzgerald di Kildare, che per gli irlandesi era un eroe e che divenne il Gearoidh Iarla delle leggende, fantasma che cavalca nei secoli consumando gli zoccoli del suo cavallo e che non godrà del riposo eterno fino a quando l’Irlanda non sarà del tutto libera.
E gli si perdonava il ruolo ambiguo che ebbe nell'omicidio a tradimento dell’altro Gerald Fitzgerald, conte di Desmond, omonimo del coevo conte di Kildare. Tomás Dubh non ne provocò direttamente la morte ma si compiacque di riceverne la testa mozzata, che spedì quale omaggio alla regina Elisabetta.
Probabilmente gli irlandesi non gli imputarono tale delitto perché, sin dalla notte dei tempi, erano abituati alle rivalità tra i capi tribù, alle discordie, alle lotte che ne derivavano, e le consideravano inevitabili. Al contrario, riconoscevano al conte di Ormond un importante ruolo di mediatore, di difensore dei loro diritti.
Sapevano che agiva nell'interesse dell’Isola di Smeraldo, anche se non era cattolico, anche se vestiva come un inglese.
Thomas Butler, infatti, aveva concepito un disegno ambizioso per la sua patria. Voleva a tutti costi che Elisabetta s’innamorasse dell’Irlanda.
Era convinto che la regina non avesse compreso la gente di Erin, le sue tradizioni, il suo carattere. A Corte, poi, c’erano troppe persone che avevano interessi accentratori e che, per meglio concretizzarli, non si astenevano dal denigrare o dall'alterare la verità.
“Se Elisabetta verrà in Irlanda,” pensava Tomás Dubh “capirà, amerà e si farà amare. Vedrà con i suoi occhi cose meravigliose e nessuno oserà più narrargliele altrimenti, coprendole di fango.”
Per questo, per accoglierla degnamente, egli decise di far restaurare il castello di Ormond, nel quale la tradizione vuole che sia nata la stessa Anna Bolena, madre di Elisabetta. E lo fece con tutta la munificenza di cui era capace.
Quel castello doveva essere un segno, nell'attesa che lei venisse.
Qualche storico più malizioso ha voluto ridimensionare l’idealismo di Butler, sostenendo che ci fosse anche un secondo fine celato nel suo progetto, sostenendo che egli fosse innamorato pazzo di Elisabetta e che, pur d’averla vicino a sé, almeno di tanto in tanto, avesse trasformato il suo castello in una dimora adatta a ospitarla.
Non ci sono, tuttavia, prove tali da farci annoverare Tomás Dubh tra gli amanti della Regina Vergine.
Egli era un bell'uomo, prestante, dallo sguardo magnetico. Chissà se Elisabetta subì il suo fascino irlandese… Dal carteggio che si scambiarono risulta soltanto che li univa un sentimento molto tenero, molto intimo, ma che può essere benissimo rimasto platonico.
D'altronde, il conte di Ormond non visse spasimando e isolandosi: si sposò tre volte ed ebbe anche una figlia. Fa riflettere, però, il caso curioso per cui due delle sue tre mogli si chiamassero Elizabeth e che, con questo nome, egli abbia pure voluto battezzare l’unica figlia.
La storia copre con il suo velo di mistero le reali intenzioni di Thomas Butler, nel costruire la sua mansion.
Lo fece per amore, naturalmente. Per amore della sua terra o per amore di una donna troppo potente. Fu comunque per amore.
E lei? Come rispose lei a tanta venerazione? Come ripagò la premura di chi l’adorava? Passarono gli anni ma lei non venne.