Un racconto per la Notte di Natale Oíche Nollag

Questa fiaba fu scelta da Yeats per i suoi “Fairy and Folk Tales of Ireland” ma già prima di lui, con poche varianti, erano stati i fratelli Jacob e Wilhelm Grimm a renderla celebre in Europa. Quasi una prova d’appartenenza a una comune tradizione celtica. Ve la proponiamo in una versione inedita, così come ce l’hanno narrata in Irlanda.

Racconto tradizionale irlandese nella versione di Maura Maffei

Sin í an Oíche Nollag. Era la Notte di Natale.
Un capo tribù, tra i più potenti della costa dell’Ovest, aveva preparato un grande banchetto per festeggiare la nascita di nostro Signore. Aveva invitato i nobili guerrieri che combattevano e vincevano per lui e i capi delle tuatha confinanti con cui aveva stretto alleanza. A dire il vero, nel segreto del suo cuore, sperava che uno di questi eroici giovani conquistasse finalmente l’amore della sua unica figlia.

W. B. Yeats
W. B. Yeats

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Si chiamava Faoiltiarna e la sua bellezza di bionda aveva lo splendore d’un raggio di sole. Ma di gelo era il suo sguardo ceruleo. La sua superbia era nota persino a Teamhair, alla Corte dell’Ard Rí, e si vociferava che solo un pazzo avrebbe avuto l’ardire di sfidare il suo disprezzo e di sposarla.

Anche in quella Notte Santa, mentre il Signore appena nato effondeva i primi vagiti, Faoiltiarna non perse occasione di dileggiare i commensali del padre.
“Smettila d’ingozzarti e di bere così,” disse a un principe piuttosto grassoccio. “Sembri già una Botte di Birra!”
“Prendi ancora del cinghiale, a chroí, cuor mio,” fece con simulata amabilità, rivolgendosi a un altro. “Non vedi che sei magro come uno Spettro?”
“A stór, mio bene, la prossima volta cucineremo anche te,” provocò un terzo dal colorito acceso. “Le tue guance, infatti, sono paffute e rosse come una Cresta di Gallo.”
“E tu, a thaisce, tesoro mio, assaggia un sorso di quest’ottimo idromele,” propose a un guerriero che se ne stava silenzioso: “Sei così pallido! Sembri la Morte in un giorno di vacanza!”

Il padre era profondamente umiliato dal contegno della fanciulla che, con le sue parole avventate, oltraggiava il sacro rispetto dovuto agli ospiti. Ma trasecolò addirittura quando Faoiltiarna osò rivolgersi al convitato di maggior riguardo. Si trattava di Murcha, giovane e valoroso capo tribù che, a Teamhair, aveva vinto tutte le gare indette dall’Ard Rí per la festa di Imbolc. Che mai avrebbe trovato da ridire su un uomo alto, avvenente e di straordinaria lealtà?

Il padre tremò udendo la figlia chiamarlo per nome.
“Nobile Murcha, spiegami questo contrasto: i tuoi capelli hanno il colore delle foglie che in autunno cadono dai rami degli alberi ma la tua barba… Tá féasóg dhubh ort! Che barba nera hai! D’ora innanzi sarai Murcha Drochfhéasóg, ossia Murcha dalla Brutta Barba!”
“Basta!” tuonò il padre. “Che diritto hai tu d’ingiuriare i miei amici? Vattene nelle tue stanze, figlia sciagurata, e non uscirne sino a quando non verrà a prenderti il tuo sposo. Domani sarà Natale: musici e mendicanti busseranno alla porta della mia dimora per ricevere l’elemosina che concedo loro nei giorni di festa. Ti darò in moglie al primo che si presenterà”.
A nulla valsero le grida, a nulla valsero i lamenti della ragazza. Il vecchio capo tribù fu irremovibile. Non poteva smentire ciò che aveva affermato e che tutti avevano udito.

Leis an lá, sul far del giorno, ecco che giunse un uomo vestito di cenci che si portava un’arpa sulle spalle. Il suo viso era imbrattato di fango e gli abiti, in parte divorati dalla tignola, erano macchiati dalla sporcizia di molte stagioni. Eppure la sua abilità nel suonare l’arpa sfidava quella dei più grandi bardi d’Irlanda.
Il capo tribù lo lodò per la sua arte e, pur con il cuore sanguinante, fece chiamare la figlia.
“Questo è tuo marito, Faoiltiarna.” E le ordinò: “Ora gli appartieni e lo seguirai ovunque egli andrà.”

6 Racconto per la Notte di Natale
6 Racconto per la Notte di Natale

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Piangendo disperatamente, la principessa partì con il mendicante. Era un uomo di poche parole anche se non era sgarbato e non aveva atteggiamenti volgari.
Lungo la strada, tanto per dire qualcosa tra una lacrima e l’altra, Faoiltiarna lo interrogava.
“Questa foresta che attraversiamo è bella e imponente. Di quale tuath fa parte?” Oppure domandava: “E questi prati e queste greggi? Sono certo di una tuath importante…”
“Sì,” rispondeva il marito. “Questa è la tuath di colui che tu hai soprannominato Murcha Drochfhéasóg e che ormai l’intera Irlanda chiama così.”
“Che folle sono stata!” pensava la ragazza fra sé e sé. “Se solo non mi fossi dimostrata così insolente, avrei potuto essere la moglie di Murcha il Valoroso, il più bel guerriero fra i figli di Erin e il capo tribù della più vasta tuath dell’Ovest. Perché mai non ho taciuto e non mi sono lasciata corteggiare da lui?”
Ma ormai l’irreparabile era stato commesso.

Il musico girovago la condusse in una capanna di paglia e torba, con il tetto mezzo crollato. Faoiltiarna non aveva mai visto un’abitazione altrettanto misera. Un semplice asse appoggiato su una pila di torba faceva da tavola e il giaciglio era un mucchio di paglia gettata per terra. Il fuoco era spento e, in quel giorno di Natale, faceva un freddo terribile.
“Dove sono i tuoi servi?” chiese allarmata la principessa.
“Io non ho servi!” rise di gusto suo marito.

Ella dovette accendere il fuoco da sola, mentre lo sposo si riposava delle sue lunghe peregrinazioni. Preparò la cena con poca farina d’avena e, dopo aver sparecchiato, dovette anche intrecciare rami di salice per farne dei cesti.
“Li venderai domani al mercato,” le spiegò il suonatore d’arpa.
Passò tutta la notte a fabbricare cesti. La mattina seguente aveva le dita livide e indolenzite. Lo sposo le diede una veste logora, una specie di sacco con un buco per la testa e due per le maniche, affinché si cambiasse. Non poteva, infatti, andare a vendere la sua mercanzia indossando la preziosa tunica da principessa.

4 Racconto per la Notte di Natale
4 Racconto per la Notte di Natale

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La condusse al villaggio, la espose agli sguardi curiosi di tutti coloro che lo abitavano e di quanti altri erano giunti da tuatha più lontane per scambiare le loro merci. E la lasciò sola, a vendere meschini cesti di salice.
La sua bellezza affranta conquistò i clienti, che le comprarono chi un paniere, chi una sporta o un canestro. Verso mezzogiorno venne anche un ubriaco che la infastidì con attenzioni grossolane e offensive. Allora, quasi fosse scaturito dal nulla, comparve suo marito, che allontanò il mascalzone a suon di pugni. Poi se ne andò di nuovo.
Fino a sera Faoiltiarna non fece altri affari. Stava già ritirando la sua merce quando la sorprese un galoppo veloce. Un guerriero su un magnifico destriero bianco veniva verso di lei a gran velocità. Ella riuscì a scansarlo ma tutti i suoi cesti furono pestati e distrutti dagli zoccoli del cavallo.

Il suonatore d’arpa la trovò in lacrime. Per consolarla, le promise di trovarle un altro lavoro.
“Sai, mia cara, conosco la cuoca che dirige le cucine del palazzo di Murcha Drochfhéasóg. Le domanderò la cortesia di prenderti come sguattera.”
Faoiltiarna pianse tutta la notte all’idea d’essere la serva dei servi nella dimora che avrebbe potuto essere la sua, se avesse accolto con gentilezza Murcha il Valoroso. L’orgoglio ferito le faceva sanguinare il cuore come se fosse stato trafitto dalla lama tagliente d’una spada.

7 Racconto per la Notte di Natale
7 Racconto per la Notte di Natale

Per un anno intero pulì e strofinò, riassettò e lavò inginocchiata per terra. La sera portava a casa avanzi di cibo e quella era la cena che condivideva con il marito. Non veniva trattata male: soltanto una volta un altro servo, attratto dalla sua beltà, aveva provato a rubarle un bacio ma la cuoca, che vigilava, lo aveva rimesso al proprio posto bastonandolo con una scopa.

Mancava una settimana al Natale. Venne annunciato che il capo tribù, Murcha Drochfhéasóg, avrebbe preso moglie in quel giorno di festa. Chi era la prescelta? Nessuno sapeva dirlo e Faoiltiarna rimpiangeva ancor più amaramente ciò che avrebbe potuto essere e che non era stato. Per questo, la sera della Vigilia, dopo aver lavorato per tutta la mattina e per tutto il pomeriggio in cucina, non riuscì a trattenersi e volle scoprire chi era l’eletta di Murcha il Valoroso. Titubante, con i suoi indumenti laceri, sporchi e stinti, s’affacciò alla porta della sala in cui si erano accese le luci della festa.

Sporse la testa solo di un pochino eppure la sua curiosità fu sorpresa. Murcha Drochfhéasóg s’alzò dalla tavola sontuosamente imbandita e, bellissimo nei suoi ricchi abiti, avanzò verso di lei.

Faoiltiarna non poté fuggire: il giovane capo tribù l’aveva già afferrata per il polso e la costrinse a danzare al suono di cento strumenti. La donna si vergognava di come era abbigliata e di tutti gli sguardi che si posavano su di lei. C’era persino suo padre che l’osservava, senza riconoscerla.

Allora, stringendola a sé, Murcha le parlò con dolcezza. “Credo che la lezione ti sia servita, mia amata, e che possa bastare. Riconosci la mia voce, riconosci i miei occhi che ti sfiorano con tanta passione? Ho altre vesti e il fango non deturpa più il mio viso né la mia barba ma sono sempre io, tuo marito, il suonatore d’arpa, il cavaliere che in una sera lontana travolse i tuoi cesti di salice. Mi ami, Faoiltiarna?”

Ella non seppe rispondergli, sbalordita com’era. Murcha la portò via con sé e le fece indossare lo stupendo abito preparato per le nozze, prima di ricondurla alla festa. Vestita come una regina, anche suo padre la ravvisò e l’abbracciò.
“Vi presento la mia sposa, amici,” annunciò Murcha agli invitati, “la sposa che ho saputo conquistare pagando un prezzo che nessun altro uomo sul sacro suolo d’Irlanda ha mai pagato.”
Lasciato il padre, Faoiltiarna tornò da lui e, cercando rifugio nelle sue braccia, gli diede quel bacio che per un anno intero, là, nella capanna di fango e torba, gli aveva negato.

In quella notte di Natale aveva capito quanto lui aveva fatto per riscattarla dal suo orgoglio e aveva capito d’amarlo più di sé stessa.
Il Natale sbocciò anche nel cuore di Faoiltiarna, come si rinnova ogni volta nell’umiltà della grotta di Betlemme.