I bandidos messicani, (storie di bandoleros) quando il Messico era quello dei film western

I bandidos messicani o bandoleros nel secolo passato hanno sempre assunto una strana bivalenza nella società del Paese e sono rimasti nella storia per le gesti folli, violenti o sorprendenti. In generale questi banditi erano emarginati ambiziosi che chiedevano alla società la propria parte di benessere.

Storie di Bandidos messicani (bandoleros)

Rurales, Storie di Bandidos messicani (bandoleros)
Rurales, Storie di Bandidos messicani (bandoleros)

Per un lungo periodo los bandoleros del Messico detennero anche un notevole potere locale. In alcune zone condizionavano i commerci e giunsero a trattare con lo Stato. Il Governo messicano, in alcuni casi, giunse ad incorporarli nella polizia (anche come rurales) e questi, da una posizione tanto comoda, riuscirono ad operare in entrambi i lati della legge.

Ma nell’ultima parte del secolo la politica del regime di Porfirio Díaz, incentivando il capitalismo straniero, convinse i mercanti e i caciques ad assoldare delle forze di sicurezza per dare la caccia ai banditi.

Questo non mise paura ai bandoleros. O cosi sembrò perché i bandidos non erano solo uomini, erano anche miti. La vita di questi fuorilegge non era comoda. Si nascondevano in rifugi di fortuna, dovevano star attenti ai tradimenti e spesso conducevano un’esistenza solitaria. La loro fine era quasi sempre violenta e in pochi morirono tranquilli nel proprio letto.

Tuttavia i messicani adoravano parlare dei propri banditi…

La storia di Heraclio Bernal, il Rayo de Sinaloa (Raggio di Sinaloa)

Heraclio Bernal, per alcuni bandito per altri rivoluzionario e persino un "Robin Hood" messicano di certo un personaggio peculiare della storia dei bandidos messicani.

Il vero nome del "Rayo de Sinaloa" era Heraclio Faustino Petronilo Bernal Zazueta, ed era nato il 28 giugno 1855 nella isolata comunità di El Chaco, comune di San Ignacio nello stato di Sinaloa (non lontano da Mazatlan).

La sua vita e i fatti che hanno segnato le sue gesta oscillano tra storia vera e fantasia.

Heraclio Bernal iniziò come minatore a Guadalupe de los Reyes, una piccola città nel comune di Cosalá. In poco tempo fu promosso grazie alla fiducia che ispirava con il suo impegno per la compagnia mineraria.

Questo non durò molto perché ben presto fu arrestato e imprigionato con diverse accuse di furto di argento. Non si ebbe mai certezza se Bernal avesse compiuto quei furti o se qualcuno avesse fatto ricadere su di lui la colpa.

Quello che è certo è questo fatto fu cruciale per il Rayo de Sinaloa.

Heraclio Bernal, il Rayo de Sinaloa

Bandidos messicani: Heraclio Bernal, il Rayo de Sinaloa
Bandidos messicani: Heraclio Bernal, il Rayo de Sinaloa

Ci sono due versioni sul come avvenne l’uscita di prigione. Nella prima pare che riuscì a fuggire per andare direttamente a Guadalupe de los Reyes e prendersi la sua vendetta contro chi lo aveva denunciato. L'altra versione racconta che venne rilasciato dal generale Jesús Ramírez Terrón, un avversario del regime di Porfirio Díaz, perché potesse aiutarlo a sollevare le comunità di Sinaloa contro il dittatore.

Heraclio Bernal formò una banda di fuorilegge assaltando e diligenze e derubando i ricchi proprietari terrieri, ma, proprio come una sorta di "Robin Hood", distribuiva buona parte del bottino tra i più poveri di Durango e Sinaloa.

Bandidos messicani: Heraclio Bernal, il Rayo de Sinaloa

Bandidos messicani: Heraclio Bernal, il Rayo de Sinaloa
Bandidos messicani: Heraclio Bernal, il Rayo de Sinaloa

Presto, la fama dei bandoleros di Heraclio Bernal divennero un grosso problema per l'intero nord-ovest messicano e per i governi degli stati di Chihuahua, Nayarit, Sinaloa e Durango che giunsero ad offrire una ricompensa di diecimila pesos per la sua cattura, vivo o morto.

La storia, o forse la leggenda, narra che mentre era in prigione, Heraclio Bernal incontrò un giovane spagnolo che lo istruì sul marxismo e l'anarchismo.

Il compagno di cella gli fece leggere i libri di Marx, Bakunin, , Saint-Simon, Owen, Proudhon e Lassalle.

Da bandito buono Bernal ne fece una sintesi dichiarando che:

"tutta la ricchezza era un prodotto del furto e i ricchi ladri, tenevano gli operai nella miseria, legittimi proprietari della ricchezza prodotta dal loro sudore".

Non è molto credibile che un comunista spagnolo sia stato imprigionato in una prigione a Mazatlan con tanti testi a disposizione, tuttavia in quel carcere un cambiamento avvenne.

Il Raggio di Sinaloa cominciò plasmare l'ideologia nata dalla premessa che la ricchezza provenisse dal furto dei ricchi dalla classe operaia.

Insieme al generale Ramírez, prese d'assalto il porto di Mazatlan, distinguendosi per la sua astuzia e strategia militare.

Era quello che per molti sarebbe stato il primo tentativo di rivoluzione contro il dittatore Porfirio Díaz. Il colonnello Bernardo Reyes, inviato a recuperare Mazatlan, però non tardò ad avere la meglio ed i rivoluzionari furono costretti ad una fuga disperata.

Il 22 settembre 1880, 80 federali ben armati arrivarono al ranch El Salto, vicino a Mazatlan, dove si era accampato Ramírez Terrón con alcuni uomini e nonostante la sua resistenza posero fine al tentativo di rivoluzione.

Bernal si salvò dalla morte perché aveva preso un’ altra strada evitando l’inseguimento delle forze governative.

La fine del bandito messicano Heraclio Bernal detto il Rayo de Sinaloa sarebbe avvenuta otto anni dopo.

Tanto era il tempo in cui il bandolero aveva continuato il suo impegno combattendo contro il governo messicano e derubando diligenze, ma la situazione stava cambiando. Sempre più braccato da vicino decise di scappare in esilio negli Stati Uniti.

Bernal durante la sua fuga si ammalò e dovette fermarsi in un rifugio di fortuna. Ancora una volta il tradimento giocò un fattore decisivo nella vita del bandolero e il posto venne circondato.

Il 5 gennaio 1888, dopo una lotta contro in cui i militari persero ventidue uomini, El Rayo de Sinaloa veniva ucciso dai sui inseguitori. Quel giorno nacque la sua leggenda.

C'è chi dice che la sua storia in seguito abbia ispirato lo stesso Pancho Villa durante quella rivoluzione messicana che, esplosa 22 anni dopo, avrebbe travolto la dittatura.

José de Jesús Negrete Medina, conocido como "El Tigre de Santa Julia"

In Messico c’è un antico modo di dire: "Lo hanno afferrato come El Tigre de Santa Julia" (Lo agarraron como al Tigre de Santa Julia).
Si dice che questa espressione divenne popolare ai tempi del porfiriato, e fu originata da un bandito il cui nome era Jesus Negrete.

Prima di diventare una leggenda, Jesús Negrete era entrato nel Terzo Battaglione di Artiglieria come soldato, dove ottenne il grado di sergente: vale a dire che era l'intermediario tra la truppa e gli ufficiali.
Il suo entusiasmo non durò e decise di andarsene dal suo nativo Guanajuato fino Ciudad de México, nel quartiere di Santa Julia.

È in questo sobborgo che ebbe inizio la leggenda di El Tigre de Santa Julia.

Ad usare le armi lo aveva appreso nell'esercito, qui decise solo di formare una banda di bandoleros. Il primo colpo fu alla Hacienda de Aragón, poi fu a una gendarmeria, da dove presero le armi per le loro successive rapine.

La leggenda prende corpo dopo un assalto e la conseguente sparatoria in cui Jesús Negrete uccise diversi poliziotti.

Le sue scorrerie divennero molto note e persino il giornale El Imparcial, che lo descriveva come troglodita, pubblicò parte della sua storia.

Contemporaneamente cresceva anche la fama di "ladro giusto", sebbene assetato di sangue, come quella di essere coinvolto in innumerevoli relazioni amorose.

Qualcuno giunse a paragonarlo ad un’altra leggenda fra i banditi messicani:

Jesús Arriaga noto con il soprannome "Chucho el Roto".

In qualche modo si venne a sapere che Jesús Negrete fosse molto innamorato di una donna di cui era molto geloso. La fidanzata di El Tigre de Santa Julia però non era molto fedele e pare avesse dei rapporti anche con uno degli ufficiali che lo stavano cercando.

Il piano per la sua cattura a questo punto era semplice: controllare la donna che viveva nel Barrio de Tacuba. Jesús Negrete di solito non tornava troppe volte nello stesso posto per il timore di essere preso, questo però era per lui qualcosa di speciale.

Bandidos messicani: José de Jesús Negrete Medina, El Tigre de Santa Julia

Bandidos messicani: José de Jesús Negrete Medina, El Tigre de Santa Julia
Bandidos messicani: José de Jesús Negrete Medina, El Tigre de Santa Julia

Il 28 maggio 1906, il Capitano Chavez, incaricato di catturare il temuto criminale, ricevette una soffiata che La tigre era nella casa della sua amante.
Nella casa giunsero 12 dei suoi gendarmi e tre ufficiali che iniziarono la ricerca del famoso bandito.

I poliziotti controllarono ogni angolo: sotto il letto, negli armadi, in cucina, ma niente, El Tigre era svanito come un fantasma.

In realtà Jesus Negrete aveva mangiato troppo quel giorno e poco prima che i poliziotti facessero irruzione nella casa era andato in bagno.

El Tigre de Santa Julia, in quella situazione, non avrebbe avuto modo di afferrare la sua pistola calibro 44, né il cinturone con 100 cartucce o l’enorme pugnale.

Prima di lasciare la casa a mani vuote a qualcuno era venuto in mente di guardare in bagno dove lo trovarono disarmato. Fu catturato ancora intento a risolvere le sue necessità fisiologiche seduto e con le mutande e i calzoni abbassati.

José de Jesús Negrete Medina, El Tigre de Santa Julia

José de Jesús Negrete Medina, El Tigre de Santa Julia
José de Jesús Negrete Medina, El Tigre de Santa Julia

La fortuna lo aveva abbandonato e fu portato nella prigione di Belem.

La notizia fu oggetto di giornali, come nel solito Impartial, dove nel maggio del 1906 fu pubblicata la nota che descriveva il modo in cui questo bandito era stato catturato. Da quel giornale uscì la famosa frase:

Lo afferrarono come la Tigre di Santa Julia" (Lo agarraron como al Tigre de Santa Julia).

La sentenza per Jesus Negrete fu la pena di morte Il bandido chiese che i suoi occhi non fossero bendati prima dell'esecuzione dicendo:

"Ho il coraggio di guardare la morte in faccia!"

Jesús Arriaga conosciuto come “Chucho el Roto” (Chiautempan, Tlaxcala, 1858 - Veracruz, 1894)

La storia di Chucho el Roto, più di quella qualunque altro bandito messicano, è frutto di un intenso intreccio di vere quanto incredibili avventure e leggende nate dai racconti popolari.

Dalla prima condanna nella prigione nazionale di Belem fino alla sua presunta morte nel 1894, nel Forte di San Juan de Ulúa, a Veracruz, Jesús Arriaga ha compiuto fughe spettacolari, truffe ai danni dei ricchi proprietari ed eccezionali rapine.

Le fonti non sono tanto certe neppure sul luogo e sulla data della sua nascita. Alcune raccontano che Jesús Arriaga fosse nato nel 1858 a Santa Ana Chiautempan, nello stato di Tlaxcala mentre per altre era originario di Città del Messico nel quartiere di La Merced.

E, infine, c’è chi sostiene (ed è la versione più probabile) che José de Jesús Arriaga alias Chucho el Roto, fosse nato a Chalchicomula, Puebla, nel 1835.

Bandidos messicani: Jesús Arriaga, Chucho el Roto

Bandidos messicani: Jesús Arriaga, Chucho el Roto
Bandidos messicani: Jesús Arriaga, Chucho el Roto

Per tutti era comunque un maestro del travestimento che con abiti eleganti rapinava i più ricchi regalando poi buona parte dei suoi guadagni ai poveri, fatto che gli fece guadagnare grande popolarità.

Era un uomo di statura regolare dalla corporatura tozza e dalla faccia larga con un’espressione gentile e non volgare. Lo descrivono dicendo che:

Indossava abiti umili, ma decenti”.

Dal suo modo di vestire probabilmente il suo soprannome, molto comune all'epoca per riferirsi ai poveri che si vestivano con abiti ricchi.

Comunque è certo che Arriaga vestisse bene, consapevole che spesso le persone dell'alta società (alla quale ogni bandito desiderava appartenere) diffidavano delle persone vestite male.

In più di un periodico del tempo si cominciavano a leggere notizie su questo bandidos metropolitano che a differenza di altri non assaltava brutalmente le diligenze. Un giornale come L'Iberia il 12 ottobre 1873, parlava così dell'arresto di "Chucho el roto":

"Era a capo di un’organizzazione di ladri e truffatori
della capitale.

Aveva grandi abilità... e si prendeva gioco delle istituzioni con grandi doni agli agenti di polizia.

Era diventato ricco con le rapine, vestita elegantemente come un principe... nessuno sapeva, nemmeno i suoi amici più cari, dove trascorreva le notti…

Si chiama Jesús Arriaga e per fortuna è già in prigione".

Un racconto di qualche anno dopo ci racconta in modo, probabilmente romanzato, del perché fosse stato arrestato la prima volta. Era un ebanista che, per lavoro, aveva incontrato Matilde Frizac, figlia di un aristocratico francese. I due si erano innamorati ed avevano avuto una bambina di nome Dolores.

La famiglia Frizac naturalmente si oppose a quell'idillio e richiuse la ragazza. La fuga di Arriaga con la ragazza portò il primo in prigione. Arriaga venne catturato mentre assisteva al funerale di sua madre.

Il processo per aver plagiato la ragazza e la successiva condanna lo condussero al celebre e temuto carcere Belén, dove conobbe:

Margarito López il "Rorro", Juan Ramírez il "Changa" e Simón Palomo la "Fiera", i suoi futuri complici.

Jesús Arriaga raggiunse una notevole notorietà quando la mattina del 13 maggio 1875, fuggì insieme ad altri 21 detenuti da un buco fatto su un muro nella prigione di Belén (o Belem).

La nota colorava ancor più la leggenda del bandito messicano fu che la fuga dal carcere di Belem avvenne in pieno giorno e Chucho el Roto, mantenendo fede al suo soprannome come al suo stile, non mancò di portare con sé il soprabito, il cappello e il bastone del dottor Carrillo, Presidente del Consiglio di sorveglianza della prigione. Una fuga degna di Arsenio Lupin.

Secondo alcune testimonianze di altri prigionieri il Chucho el Roto aveva appreso in carcere il mestiere del parrucchiere, cosa che in seguito gli sarebbe servita per i suoi travestimenti eleganti.
Molto presto la stampa nazionale estese il teatro dei suoi misfatti agli stati messicani di Puebla, Querétaro, Tlaxcala e Veracruz.

Nuovamente arrestato il 6 marzo 1876 fu condotto nel Cárcel de la Ciudad (anche chiamato de la Diputación), da dove fuggì di nuovo travestito da impiegato della prigione, lasciando una lettera nella cella diretta al governatore del Distretto Federale, salutandolo cordialmente.

A creare questa commistione fra leggenda e realtà sulla vita di Jesús Arriaga conosciuto come “Chucho el Roto ci sono alcuni articoli e libri di fantasia scritti quando lo stesso bandito era ancora vivo e libero.

La stampa del tempo aveva costruito l’immagine di un individuo carismatico e intelligente che, nonostante fosse un criminale, era molto amato nelle strade e negli uffici del governo.

Ricchi o poveri che fossero non perdevano occasione di leggere nei quotidiani le sue gesta. Da quei resoconti giornalistici e dai testi letterari, alcuni pubblicati dopo la sua morte, sarebbe emersa la leggenda che lo ha immortalato.

Bandidos messicani

Bandidos messicani
Bandidos messicani

Chucho el Roto riuscì a fuggire ben sette volte di prigione, alla fine catturato fu inviato alla fortezza di San Juan de Ulúa insieme ad altri prigionieri.

La mattina del 29 ottobre 1885, il famoso bandito sarebbe morto di dissenteria nell'ospedale militare di Veracruz, una condizione di cui soffriva da tempo. Tuttavia, le voci che si sparsero sulla sua fine raccontavano altri epiloghi sulla sua fine.

In uno di questi Jesús Arriaga sarebbe morto in prigione a causa di un terribile pestaggio ricevuto dai suoi carcerieri. Un’altra storia ci dice che riuscí a scappare per poi essere ricatturato anni dopo e ricondotto al Forte di San Juan de Ulúa dove, infine, sarebbe morto nella cella conosciuta come “el limbo” nel 1894.

Ma la leggenda non si ferma con la sua morte nel terribile carcere. Jesús Arriaga alias “Chucho el Roto” avrebbe finto la sua morte e la bara giunta a Città del Messico sarebbe stata trovata piena di pietre…