La Biblioteca Imperiale di Costantinopoli, l'ultima delle grandi biblioteche dell'Antichità
In tutte quelle terre in cui la Storia dell’uomo ha lasciato le tracce del suo passaggio come in Medio Oriente, Mesopotamia, Cina, Anatolia, Egitto o nel mondo greco-romano sono stati costruiti grandi archivi e biblioteche ora scomparse.
L'ultima di tutte quelle grandi biblioteche dell'antichità fu la Biblioteca Imperiale di Costantinopoli.
Possiamo riassumere brevemente come segue la storia di questa importante biblioteca.
Le grandi biblioteche dell'Antichità: La Biblioteca Imperiale di Costantinopoli
Fondata da Costantino il Grande tra il 330 e il 336 d.C., la sua crescita fu lenta e alla morte dell'imperatore aveva solo 7.000 volumi. Fu il suo successore, l'imperatore Costanzo II, che regnò tra il 337 e il 361 d.C. a dare il massimo impulso alla nuova istituzione imperiale facendola divenire un luogo in cui venivano copiate e conservate molte opere greche e romane.
Grazie a questo impegno molti papiri originali, già molto deteriorati, furono ricopiati in pergamena. Successivamente, sotto l'imperatore Valente, intorno al 372 d.C., questo lavoro fu poi eseguito da quattro calligrafi greci e tre latini.
Ma prima di proseguire con la storia della Biblioteca Imperiale di Costantinopoli dobbiamo considerare che le biblioteche del passato erano molto diverse da come siamo abituati a pensarle oggi.
Nella biblioteca di Aristotele, narrata da Strabone (64 a.C.–24 d.C.) e usata in seguito nel Liceo aristotelico, i testi scritti erano usati per la ricerca storica e scientifica e per questo viene considerata la prima vera biblioteca dell'antichità greca.
La Biblioteca di Alessandria fu la più importante del mondo antico.
Se Tolomeo fu colui che la fondò, organizzò inizialmente e gli diede l'ispirazione aristotelica, Tolomeo II Filadelfo, suo successore, fu colui che ne aumentò la quantità di testi e le diede un prestigio mai eguagliato fra le biblioteche dell'antichità.
La fine della biblioteca di Alessandria e del Museo non va confusa con quella della biblioteca del Serapeo o "biblioteca figlia” che si trovava nel tempio di Serapide. Il Serapeo conteneva le copie dei testi destinate a lettori e studiosi anche non alessandrini.
La distruzione della biblioteca del Serapeo e del tempio fu opera di fondamentalisti religiosi, guidati dal patriarca Teofilo nel 391, in un clima di intolleranza contro i pagani e scontri religiosi e politici che in seguito avrebbero portato alla morte anche la filosofa Ipazia.
Le grandi biblioteche dell'Antichità: la Biblioteca di Alessandria
Gli studiosi di Alessandria seguivano e diffondevano gli orientamenti culturali di Aristotele anche nell'organizzazione e nella scelta dei testi.
Era una biblioteca universale che non escludeva alcuna fonte per lo studio e l’insegnamento che tuttavia doveva essere verificata nella sua autenticità.
Dopo l’invasione araba nel 641 d.C. il califfo Omar mise al rogo molti libri salvando solo quelli di Aristotele.
Per la Biblioteca di Alessandria tuttavia la decadenza era già incominciata nel IV secolo d.C. in seguito allo spostamento del baricentro dell’impero da Roma a Costantinopoli, dove appunto venne fondata una nuova biblioteca imperiale.
La Biblioteca Imperiale di Costantinopoli: Temistio
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A Costantinopoli fu importante la figura di Temistio (Themistios 317- 388), filosofo e politico, che sebbene non fosse cristiano godette del favore anche degli imperatori romani cristiani.
Il filosofo pagano raggiunse diverse posizioni di rilievo nell'impero, diventando senatore nel 355 d.C., proconsole nel 358 d.C. e Prefetto di Costantinopoli nel 383 d.C.. A lui fu dato incarico di avviare la biblioteca Imperiale di Costantinopoli che diresse sotto diversi imperatori, fino al tempo di Teodosio I.
Temistio definito "ignaro di latino", la lingua degli apparati dello Stato, era pagano per lealtà verso una tradizione e custode dell'ideale ellenico voleva trasformare Costantinopoli nel baricentro anche culturale nell'Impero.
Si pensa che fu lui che stabilì il sistema col quale veniva data la priorità nella scelta dei testi da ricopiare per la biblioteca.
Certamente Temistio fu instancabile nel suo impegno tanto una stima successiva, all’epoca di Teodosio II (401-450 d.C.), fa pensare che nella biblioteca ci fossero circa 100.000 volumi.
Con la biblioteca di Alessandria era nata la figura del bibliotecario diversa da quella di un odierno direttore di biblioteca.
L'incarico superava i muri dell'istituzione e oltre allo studio per determinare l'autenticità dei testi, spesso compiva ricerche ed svolgeva anche il ruolo di precettore per i figli degli uomini più potenti dell'impero. Per questo Temistio, senatore e proconsole, era una personalità di primo piano a Costantinopoli.
In una sua importante orazione, nel 357, Temistio, elogiando l’imperatore Costanzo II, dichiarava che la biblioteca doveva custodire sia i classici più conosciuti della tradizione, sia quelli meno diffusi fra i privati. Per il filosofo una biblioteca pubblica doveva considerare solo la grandezza degli autori mentre gli aspetti politici dovevano essere ignorati. La biblioteca disponeva di uno scriptorium con copisti dediti al trasferimento dei testi nei codici di pergamena (simili agli attuali libri).
Ma perché una biblioteca dell'Antichità avrebbe dovuto trasferire dai papiri alla pergamena i testi?
L’operazione era lunga e costosa, perché dunque investire tante risorse?
Il papiro era il materiale di scrittura degli egizi, dei greci e dei romani, ma il tempo aveva mostrato la fragilità di questi testi. Lucrezio e altri autori già allora raccontavano come i rotoli scricchiolassero e andassero in pezzi durante l'uso.
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Ma i papiri avevano anche altre carenze:
si poteva scrivere solo all'interno del rotolo. Un rotolo non poteva essere troppo lungo (al British Museum è conservato il papiro Harris che misura 41 metri, ma la maggior parte dei rotoli greci e latini sono meno di dieci metri).
Per questo motivo, un rotolo non poteva contenere molto testo e le opere principali, come l'Iliade di Omero, dovevano essere suddivise in più rotoli. Inoltre, era difficile cercare un punto particolare in un rotolo di papiro e dovevi srotolare finché non trovavi ciò che stavi cercando.
Le grandi biblioteche dell'Antichità: scritto su pergamena
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La pergamena era un materiale più resistente del papiro e poteva essere facilmente rilegato e poi consultato in codici (a forma di libri). Si poteva scrivere su entrambi i lati della pergamena e un codice poteva contenere l’equivalente di molti rotoli di papiro, ad esempio l'intera Iliade.
Ma la Biblioteca Imperiale di Costantinopoli non era solo un grande archivio, da lì si diffondeva quell'antica cultura anche nel resto del mondo.
Carlo Magno ottenne copie di libri dalla Biblioteca Imperiale per il suo palazzo ad Aquisgrana.
Anche ai monasteri armeni e alle scuole del mondo musulmano, sebbene fossero sotto regni nemici di Costantinopoli per molti secoli, venivano inviati in prestito di libri da copiare.
La Biblioteca Imperiale di Costantinopoli spediva copie di volumi in tutte le parti del mondo conosciuto. Un monastero siciliano dell'XI secolo, ad esempio, conservava copie di autori greci all'epoca praticamente sconosciuti nel resto d'Europa.
Questo era una fortuna per i testi che la biblioteca voleva conservare e preservare al passare del tempo. Il più grande nemico della letteratura antica, tuttavia, fu il fuoco.
Nel corso dei secoli l’istituzione cara a Temistio subì diversi incendi che ne impoverirono la raccolta, il più noto avvenne nell'anno 473 d.C. e comportò la perdita di molti volumi.
La Biblioteca Imperiale di Costantinopoli: i saccheggi e gli incendi
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Dopo la presa di Costantinopoli da parte dei crociati nel 1204, ogni traccia della biblioteca andò perduta. Probabilmente in uno dei tre incendi che devastarono la città durante l'attacco andarono in cenere molti manoscritti.
Un’altra ipotesi rimasta aperta è che i Franchi e Veneziani, durante il saccheggio della città, ne avessero sottratti quanti più potevano.
L'imperatore Michele Paleologo ristabilì la Biblioteca Imperiale intorno al 1360 d.C. in un'ala del palazzo. Questa rinascita avvenne certamente con un numero di volumi inferiore e nell'istituzione vi operavano meno bibliotecari e con meno fondi a disposizione.
Poco si fu possibile conoscere sui testi conservati e sulla stessa Biblioteca di Costantinopoli dopo la caduta della città nelle mani dei turchi guidati da Mehmed II il Conquistatore il 29 maggio 1453.
Nel 1800 i turchi consentirono l'accesso al Serraglio, ma nel presunto deposito non furono ritrovati i testi superstiti che dovevano esservi conservati. Alcuni esperti dubitano che la Biblioteca Imperiale di Costantinopoli sia mai esistita o che comunque fosse simile a quella di Alessandria dove le copie dei libri erano concentrate in un unico edificio.
Siamo tuttavia a conoscenza di numerose biblioteche ecclesiastiche e monastiche che potrebbero aver ospitato parti della collezione imperiale per farne delle copie.
Dopo la scomparsa della Grande Biblioteca di Alessandria e di quelle di Pergamo e Antiochia, quella di Costantinopoli rimase l’ultima biblioteca dell'antichità a conservare la conoscenza greca e romana, molte delle opere classiche greche sopravvissute fino ad oggi probabilmente provengono da copie bizantine realizzate nella Biblioteca Imperiale di Costantinopoli.