L’odio blu della dulcamara
Già nel nome questa pianta è un ossimoro, perché i suoi rametti succhiati un tempo dagli ignari bambini nelle campagne, al posto delle radici di liquirizia, hanno un sapore dolciastro con uno spiccato retrogusto amaro. E poi perché è utile e tossica a un tempo. Perché è buona e cattiva, come certe streghe.
Dulcamara Solanum dulcamara L.
Il nome più curioso glielo hanno dato gli irlandesi: in gaelico, la dulcamara è infatti chiamata an fuath gorm, ovvero “l’odio blu”. Il blu dipende senz'altro dal colore dei suoi fiori, in realtà di un bel viola intenso, ma l’odio ci riconduce all'ossimoro di chi per secoli ha amato e temuto questa specie botanica. Con i suoi rami teneri, in Irlanda si sono spesso creati graziosi cestini, ma le sue bacche sono velenose, tanto da aver provocato in qualche caso la morte. Per questo le altre definizioni locali per la dulcamara, questa volta in inglese, sono Devil’s cherries e death’s herb, che non lasciano dubbi sulla sua pericolosità.
Appartiene alla famiglia delle Solanacee, ed è ciò che la rende pericolosa. Del resto, persino i germogli verdi della patata o i pomidori acerbi – facendo riferimento a due altre notissime solanacee – sono tossici, perché contengono parimenti solanina, che è un alcaloide nocivo. Da qui il consiglio di mangiare patate non germogliate e pomidori sempre ben maturi. Perché la solanina si concentra nelle parti verdi delle piante di questa famiglia.
Dulcamara nome botanico: Solanum dulcamara L.
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Il nome botanico della dulcamara è Solanum dulcamara L., in cui tale lettera puntata rappresenta l’iniziale Linneo, il quale, oltre a classificarla, la studiò a lungo come rimedio contro la sifilide.
Si è spesso discusso se la dulcamara sia o meno una specie rampicante, visto che tende ad appoggiarsi ad alberi o ad arbusti più robusti, essendo il suo fusto e i suoi rami piuttosto esili. Ma non avendo struttura volubile e mancando di viticci, ci sentiamo di escluderlo. Se solitaria, specie in ambiente particolarmente umido, si presenta prostata al suolo.
Vegeta bene nelle radure boschive e può raggiungere un’altezza di un paio di mesti, sempre abbracciata al suo ospite.
Dulcamara: fiori e foglie
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Le foglie sono peduncolate, ovato-lanceolate, dal margine intero, e si presentano con un grande lobo apicale e con lobi subsessili sottostanti, che si contano in numero compreso tra 1 e 4 (più frequentemente 2).
L’infiorescenza è ramificata e reca corolle, che sbocciano tra giugno e agosto, composte di cinque petali viola uniti tra loro alla base, patenti e un poco riflessi.
Bacche
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Le bacche, che da settembre rosseggiano tra i rami per tutto l’autunno, sono ovali e hanno una bella tinta vermiglia.
Sono proprio le bacche, le irlandesi ciliegie del diavolo, così accattivanti alla vista, a rappresentare la parte più velenosa della dulcamara. Forse non sono spietatamente letali, come quelle nere della “cugina” solanacea belladonna, ma occorre senz'altro evitare di ingerirle.
Principi attivi e decotto Solanum dulcamara L.
Quanto alla droga medicinale, essa è rappresentata dalle foglie e dai giovani rami, ma va usata solo sotto stretto controllo medico e per evidente necessità, sia in fitoterapia sia in omeopatia.
Come principi attivi, contiene glucosidi, acido dulmaretico, acido dulcamarico, solaceina, soladulcidina, saponine e tannini. I medici naturalistici la prescrivono come depurativo, antireumatico, antigottoso e antisifilitico.
È interessante, tuttavia, l’applicazione del decotto per uso rigorosamente esterno, per preparare lozioni contro l’herpes, l’acne, la psoriasi, le dermatosi squamose e le foruncolosi in genere. Tale decotto è anche utile se applicato in compresse per lenire le contusioni e le emorroidi ma può essere sostituito, in questo caso, da foglie fresche pestate.
Jean Valnet consigliava di preparare la lozione mettendo una manciata di foglie e rametti in un litro d’acqua. Si fa bollire per 10 minuti e si lascia in infusione sotto coperchio per un quarto d’ora. Si filtra, si fa intiepidire e si utilizza per imbeverne garze.
Foto da Wikipedia, dulcamara bacche, elaborazioni Roberto Roverselli per CaffèBook.