San Frediano di Lucca, il Santo col rastrello
Quella che andiamo a raccontarvi è la storia di un principe bello e fiero. Ma non si tratta d’una fiaba. Egli visse veramente in quel VI secolo in cui, dopo i Romani e le orde barbariche, si cominciava ad avvertire l’urgenza di creare una cultura europea.
San Frediano di Lucca
La sorte lo aveva destinato a essere un condottiero e a guidare la propria tuath, ovvero la propria tribù, lungo un sentiero di vittorie. Eppure Finnian – così si chiamava – non aveva uno spiccato ardore guerriero. Preferiva ritirarsi in solitudine, per leggere e per imparare cose che non conosceva.
Lo affascinava quanto stava avvenendo in Irlanda con il sorgere dei primi monasteri e con la fondazione di cenobi in cui gli uomini si univano per pregare insieme, per meditare la parola di Dio e per raccogliere ciò che di più elevato era stato partorito dal pensiero umano.
Egli, nonostante la sua anima profondamente celtica, provava una specie di nostalgia verso il periodo che si era appena concluso e in cui il dominio latino aveva soggiogato il mondo.
Come irlandese, non avrebbe certo voluto il giogo romano sul collo; tuttavia, si faceva in lui sempre più acuto il desiderio di capire, anche solo per spiegarsi la nascita della nuova civiltà cristiana e per contemplare le tracce del disegno imperscrutabile che Dio aveva sull'umanità.
Stanco di formulare delle ipotesi senza mai verificarle, il giovane Finnian un bel giorno salutò suo padre, si congedò dalla tuath e prese il mare, veleggiando alla volta di Roma.
Quel viaggio era sostanzialmente un pellegrinaggio:
egli voleva vedere da vicino il Santo Padre che, per volontà divina, proseguiva la missione di Pietro.
Le vestigia della grande capitale imperiale, però, insieme con i suoi monumenti e con ciò che restava di strade e di acquedotti, lo lasciarono a bocca aperta.
Opere di così ardita architettura gli parvero incredibili e, nel suo intimo, cominciò a farsi pressante la brama di comprendere i segreti, le regole matematiche e i principi fisici che avevano reso possibile la realizzazione di tali meraviglie. Egli si rese conto che quello che gli pulsava nel petto era il cuore di un ingegnere.
Tornò in Irlanda.
Ma vi resistette poco. Continuava a discorrere con i suoi cari di quanto aveva ammirato a Roma. Egli aspirava a imparare l’arte di costruire per essere utile alla società secondo quelle che erano le sue inclinazioni.
Alla fine, ottenne il permesso di partire di nuovo. Era convinto che il tempo trascorso lontano da casa sarebbe stato relativamente esiguo. Non sapeva, al contrario, che il suo saluto all'Irlanda si sarebbe trasformato in un addio definitivo. Perché, di pari passo con il progredire degli studi tecnici, si rafforzava in lui la vocazione religiosa.
La sua anima s’era infiammata di Dio al punto che egli aveva smarrito la finalità per cui era giunto a Roma. Giorno dopo giorno, aveva dimenticato il suo amore per il sapere per amare soltanto il suo Signore.
Finnian, il giovane principe irlandese, rimase per sempre in Italia.
Ne percorse le verdi colline e le aspre montagne in cerca d’una dimora in cui dedicarsi completamente alla preghiera, come un umile eremita. Ma soltanto quando si trovò nei pressi di Lucca egli si fermò.
Che cosa lo colpì, in questa città? Forse proprio il nome, che è un nome celtico, e che gli ricordava la diletta lingua gaelica che da anni, ormai, non usava più.
Lucca, in effetti, significa “luogo lacustre” e ha una particolare assonanza con la parola irlandese Loch, ossia “lago”.
Si stabilì nella campagna, appena sotto le mura della città (all'epoca c’era solo la cinta romana dato che le altre tre serie sarebbero state erette in periodi successivi).
La vita di San Frediano di Lucca
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La sua vita frugale e il suo sorriso costante lo resero assai popolare tra la gente, che si rivolgeva a lui per consigli e per preghiere.
Non lo chiamavano Finnian, parlandogli, perché quelle poche sillabe straniere erano un po’ troppo ostiche. Qualcuno cominciò a soprannominarlo Frigiano, altri Frigidiano, altri ancora Frigdiano.
Ed è da questi termini che scaturì il nome Frediano che gli attribuisce la tradizione.
In breve, alcuni religiosi chiesero di condividere la sua esistenza e si costituì una comunità di canonici.
Fu pertanto necessario costruire un luogo in cui regolare la comune convivenza e il culto.
Ecco che allora Frediano rispolverò tutto il suo bagaglio d’ingegneria edificando una prima chiesa che lui stesso dedicò a san Vincenzo, diacono e martire, ma che oggi è a lui intitolata e che nella cripta, sotto l’altar maggior, custodisce le sue spoglie.
Sebbene il trascorrere del tempo abbia radicalmente mutato l’aspetto della basilica, che è un gioiello dell’architettura toscana duecentesca, in essa restano importanti memorie del suo fondatore.
A iniziare da un grande monolito che Frediano aveva voluto come predella dell’ara paleocristiana. Si trova addossato alla parete della navata sinistra, accanto alla lastra di copertura che è tutto ciò che rimane del sarcofago del Santo, andato perduto.
C’è una curiosa leggenda che riguarda questo monolito.
Pare, infatti, che proveniente dai monti pisani – da San Lorenzo a Vaccoli, per essere precisi – sia giunto a Lucca sopra un carro trascinato da due giovenche per intervento miracoloso di Frediano.
Se gli storici tendono a contestare questa versione dei fatti, sostenendo che il monolito doveva far parte del vicino Anfiteatro romano, la cui forma ellittica è stata mantenuta in quella che è una delle più straordinarie piazze italiane, la versione tradizionale è di sicuro più suggestiva e mette in luce l’inguaribile passione di Frediano per le applicazioni tecniche.
Perché Dio l’aveva chiamato al sacerdozio ma ugualmente, forse per ricompensarlo della pronta generosità con cui lui aveva accettato la vocazione, gli aveva permesso d’essere… un santo ingegnere!
Prova ne sia il suo più celebre miracolo.
Esso è raffigurato nella Cappella della Croce (sempre nella navata sinistra), in un affresco di Amico Aspertini.
Frediano era già vescovo, essendo stato acclamato tale dalla popolazione di Lucca nel 560, quando si propose di risolvere il problema delle alluvioni ricorrenti.
Il fiume Serchio, che allora era un affluente dell’Arno – come ci testimoniano gli scritti latini di Plinio, di Strabone e di Rutilio Namanziano – aveva un corso tumultuoso e spesso esondava, allagando le campagne e arrivando sino a lambire le mura della città.
Frediano, la cui materia favorita era sempre stata proprio l’idraulica, aveva in mente un progetto ardito.
Nel 575 lo espose ai magistrati cittadini e ottenne da loro il permesso di realizzarlo. Egli, con alcune maestranze, aprì un canale presso Ripafratta e convogliò le acque in un nuovo alveo che, lasciata la direzione dell’Arno, s’indirizzò verso il mare guadagnando una foce autonoma.
La versione che, però, Gregorio Magno ci fornisce di quest’episodio ci sembra più poetica e, in un certo senso, più vicina alla mentalità irlandese.
Nei suoi Dialoghi, dopo la lode a Frediano quale vescovo di straordinaria virtù, si legge che i lucchesi si rivolsero a lui in seguito a vani e reiterati tentativi di deviazione del fiume e di bonifica dei campi.
Frediano, allora, posato il pastorale, prese un rastrello e s'avviò verso il Serchio.
Si raccolse in preghiera e, dopo, ordinò alle acque di seguirlo ovunque. Cominciò a tracciare con il rastrello un solco e il fiume, docilmente, s’insinuò in esso.
Tanti altri miracoli gli vengono attribuiti ma questo è così emblematico da aver influenzato anche l’iconografia.
Frediano, infatti, viene rappresentato come un uomo maturo, barbuto e con la mitria in testa. Tuttavia, in molti quadri o statue che lo ritraggono, egli non ha il pastorale nella destra, bensì un rastrello!
Ed è per l’appunto questo strumento, che sembra in contrasto con gli altri paramenti tipici della dignità episcopale, a venir considerato il suo attributo distintivo, ossia quella particolarità che lo rende inconfondibile, che evita lo scambio con l’effigie di un qualsiasi altro santo.
Per Frediano il rastrello è come il maialino per sant'Antonio abate o come il bastone fiorito per san Giuseppe.
Gli fu riconosciuto il merito della conversione dei Longobardi che, tra il 570 e il 584, occuparono Lucca e della fondazione delle principali chiese cittadine perché molte di esse ebbero come primo nucleo le 28 pievi che Frediano edificò in ringraziamento a Dio, una per ciascuno degli anni del suo episcopato.
La morte e il culto di San Frediano di Lucca
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Egli morì il 18 marzo del 588 e la sua festa cade stranamente il giorno successivo a quella di san Pádraig.
Il suo culto mantiene una certa diffusione non solo a Lucca, ma nel pisano, nel pistoiese, nel volterrano e nella zona di Firenze, tanto che nel capoluogo toscano c’è addirittura un quartiere che porta il suo nome.
Molte parrocchie di campagna hanno una tela a lui dedicata.
Alcuni quadri, poi, sono così famosi da essere custoditi in grandi musei. Tra questi citiamo La Madonna di Santo Spirito, dipinto da Filippo Lippi, in cui Frediano compare inginocchiato accanto a sant'Agostino e che si trova al Louvre e la tela in cui i due fratelli Raibolini – detti i Francia – lo raffigurarono accanto a san Giacomo, santa Lucia e sant'Orsola (Pinacoteca Nazionale di Bologna).
Noi abbiamo l’impressione che, comunque, il messaggio più autentico di quest’irlandese del passato vada sbiadendo.
Pressoché ignoto nella sua terra natia e legato in Italia agli aspetti un po’ folcloristici della devozione popolare, noi crediamo che andrebbe riscoperto nella sua statura di persona concreta che operò secondo le proprie doti e secondo la propria fede.
In un tempo in cui s’invoca continuamente, con accento pressante, la necessità di un comune spirito europeo, un uomo come Frediano, uno fra i tanti irlandesi che si considerarono cittadini del mondo, dovrebbe essere stimato l’esemplare precursore di una modernità da lui intuita già tanti e tanti secoli orsono.
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Rappresentazioni di San Frediano
Foto da Wikipedia.