Il trifoglio, non a caso

Erbe irlandesi: alcune considerazioni sulle virtù magiche e terapeutiche delle piante nella cultura irlandese nella tradizione e in fitoterapia

Già, probabilmente non fu un caso se gli occhi di Pádraig di Ard-Macha, canonizzato come san Patrizio d’Irlanda, caddero sopra una pianticella di trifoglio che ammiccava tra i fili d’erba del prato.

Egli stava predicando alla folla il mistero della Trinità, un mistero ostico, anche se gli irlandesi erano avvantaggiati nella sua comprensione per il fatto che le loro divinità spesso venivano raffigurate come triadiche.

«Perché no?», dovette chiedersi il vescovo. E raccolse la verde fogliolina unica e tripartita. Fu certo un’ispirazione momentanea perché, come ben si coglie dai suoi scritti che sono giunti sino a noi, era un santo impetuoso, dal carattere ardente, più propenso a parlare a braccio piuttosto che a preparare complessi sermoni dottrinali.

Ma con quell'inspirazione, con il semplice gesto di servirsi di uno seamróg (si pronunzia sc(i)amrook) egli convinse e convertì. In altre parole, usò un linguaggio simbolico che apparteneva al substrato culturale di coloro che l’ascoltavano e che lui, tratto all'Isola di Smeraldo come schiavo, non poteva che conoscere molto bene.

Era stato venduto come pastore, quand'era ragazzo, e aveva condiviso con gli armenti la solitudine della campagna. Aveva imparato che le bestie amavano nutrirsi di trifoglio e che anche gli uomini in caso di malattia ricorrevano a quell'erba il cui disegno stilizzato compariva sulle vetuste pietre incise a spirali.

Erbe irlandesi: il trifoglio

Erbe irlandesi: il trifoglio
Erbe irlandesi: il trifoglio

Come il trifoglio liberava dal catarro, dai bubboni nel collo (oggi sappiamo, mercé i suoi principi attivi, che giova al sistema linfatico), così avrebbe affrancato gli animi dalle paure ancestrali, dalle paure difficili ad esprimersi, promettendo una nuova civiltà di pace.

Da uomo intelligente qual era, Pádraig non volle distruggere tutte le credenze celtiche, anzi, le affinò, prendendo ciò che di buono, ciò che di vero c’era in esse. Creò una specie di codice, un lessico adatto alla mentalità degli irlandesi e a diffondere il messaggio di Cristo. Seppe ascoltare la natura dei druidi.

Non a caso, nell'Irlanda cristiana dei primi tempi (consuetudine ripresa purtroppo in epoca più tarda, quando i cattolici furono costretti alla clandestinità), le messe venivano celebrate nei boschi, nelle radure:

questi, parimenti ai laghi, agli stagni, erano i luoghi della sacralità celtica,

nei quali si concretizzavano presenze ultrasensibili,

nei quali il mondo reale si faceva permeare da quello invisibile.

Gli alberi che li costituivano erano consacrati alle varie divinità e i mesi lunari che si succedevano durante l’anno portavano addirittura il nome dell’una o dell’altra specie.

I druidi non avevano nei loro confronti un interesse naturalistico come poteva essere quello di Plinio il Vecchio. No, la loro era piuttosto una sorta d’adorazione contemplativa che ricercava nelle piante la presenza dell’elemento divino, un amuleto, un veicolo magico. Non ne analizzavano consciamente le proprietà medicamentose. Questo dev'essere avvenuto in un momento successivo, ricorrendo in maniera empirica alle fronde dell’una o dell’altra erba considerata sacra e ottenendone un effettivo giovamento.

Si possono fare in proposito alcuni esempi.

Piante ed erbe irlandesi: il salice, saileach

Piante ed erbe irlandesi: il salice, saileach
Piante ed erbe irlandesi: il salice, saileach

Tra gli alberi favoriti c’era senz'altro il salice, saileach (pron: sagliach, con la finale aspirata come nella parola tedesca bach) dato che cresce presso i fossi e i corsi d’acqua e che dell’acqua conserva in un certo qual modo l’energia vitale. Nel calendario celtico rappresentava il periodo a cavallo tra aprile e maggio.

Ebbene, se i druidi sceglievano il salice quale medicamento per un ammalato, non potevano certo rimanerne delusi: noi moderni non ne abbiamo forse ricavato l’aspirina, il cui nome scientifico è acido acetilsalicilico che deriva proprio da quell'acido salicilico che fa della corteccia di salice un antipiretico, un antireumatico e un antidolorifico?

Piante ed erbe irlandesi: la betulla, beith

Piante ed erbe irlandesi: la betulla, beith
Piante ed erbe irlandesi: la betulla, beith

Un'altra specie botanica interessante è la betulla, beith (beh), che denominava il primo mese dell’anno (fine dicembre – inizio gennaio). I celti erano attratti dal suo caratteristico tronco d’un bianco splendente perché il bianco era il colore della sacralità (di bianco vestivano i druidi e poi vestiranno i monaci cristiani) e perché trasferiva sulla terra la luminosità argentea della luna.

La si riteneva capace di purificare, proprio come oggi la si classifica tra i diuretici e i depurativi (pelle e affezioni reumatiche).
Il tiglio, poi, era la pianta protettrice del matrimonio. Con il nome irlandese di crann teile (cronn tceglia), dominava il penultimo mese lunare, quello tra ottobre e novembre. L’abbinamento con il rapporto coniugale ci pare alquanto curioso.

Innanzitutto ci permette una divagazione: a quel tempo, il matrimonio non era il vincolo sacramentale e indissolubile che diverrà (un po’ a fatica, a essere sinceri…) in seguito alla diffusione del cristianesimo, ma un patto a termine ritenuto spesso così gravoso che tanto il marito quanto la moglie lo potevano sciogliere una volta all'anno, in occasione della festa di Imbolc.

Quale altra erba, dunque, avrebbe potuto essere più adatta a prolungare la durata delle nozze se non le profumatissime brattee di tiglio che placano gli animi, sedano gli strapazzi nervosi e di cui si sono accertate le virtù rilassanti?

Piante irlandesi: quercia, dair

Piante ed erbe irlandesi: quercia, dair
Piante ed erbe irlandesi: quercia, dair

Il mese estivo tra giugno e luglio era dedicato alla quercia, dair (dar, con la r smorzata), parola gaelica che per un’evidente radice comune è stretta parente di un’altra, ossia doras, porta. In effetti, nei riti celtici le fronde di quercia erano un tramite tra l’universo sensibile e quello invisibile, permettevano il passaggio ad una dimensione conoscitiva soprannaturale. Assurgevano a simboleggiare il limite che c’è tra la vita e la morte.

Che ne è stato di tutto questo nell'attuale fitoterapia?

Ci sembra importante rilevare come questa corteccia sia legata al sangue, nella cura degli stati emorragici (nel recente passato costituiva una delle droghe principali per combattere la tubercolosi). È inoltre impiegata in pediatria, per i bambini che sono il principio della vita, nelle affezioni croniche o acute delle vie aeree.

Non va dimenticato in questa breve chiacchierata il prestigio ambivalente che riscuotevano presso i celti gli alberi da frutto (specialmente se a frutti rossi dato che il rosso era il colore di cui s’ammantavano i guerrieri). Ambivalente, perché essi non rappresentavano solo una presenza sacra ma anche una fonte di sostentamento.

Piante ed erbe irlandesi: il noce, gallchnó

Piante irlandesi: il noce, gallchnó
Piante ed erbe irlandesi: il noce, gallchnó

Al noce, gallchnó (gallchnoo, con ch aspirato e doppio accento) e soprattutto al sapienziale nocciuolo, coll (kol – mese di agosto) erano attribuite proprietà depurative, le stesse che si sono rilevate nello studio dei principi attivi e che rendono le foglie di noce ottime per contrastare malattie cutanee come gli eczemi e quelle di nocciuolo indicate nei disturbi epatobiliari.

Quello che ora ci accingiamo a descrivere è un arbusto, forse il più caro alle fate irlandesi: il biancospino, sceach (sk(i)ach, con ch aspirato – mese lunare tra maggio e giugno). Già amato nella società druidica perché i suoi fiori sono divinamente candidi e i suoi frutti rubizzi come il furore degli eroi, ebbe altrettanta fortuna nella tradizione cristiana che ne attribuiva la nascita ad un miracolo, alla fioritura del bastone di colui che aveva provveduto alla sepoltura di Gesù Cristo, Giuseppe d'Arimatea.

All'opposto, da Cromwell fu ferocemente odiato come una diavoleria idolatrica, al punto che i suoi puritani s’accanirono a sradicarlo e ad arderlo. Trovò, infine, la sua decisiva collocazione nelle ballate dei bardi (insieme con il sorbo e con la felce) e nel mondo dei folletti, quasi come un esule pronto a rinascere, quasi a incarnare il mito delle potenti divinità antiche che, dimenticate a causa del fervore con cui gli irlandesi si erano dati alla fede cristiana, secondo una suggestiva immagine poetica si trasformarono nel Piccolo Popolo.

Gli impieghi correnti di questa pianta furono altresì piuttosto limitati – si fa riferimento a un’improbabile cura delle verruche, – a dispetto delle sue proprietà terapeutiche che sono notevoli. Serve, infatti, per la circolazione sanguigna, per le coronarie, per l’affaticamento cardiaco e quale rilassante.

Piante ed erbe irlandesi: il sambuco, trom

Piante ed erbe irlandesi: il sambuco, trom
Piante ed erbe irlandesi: il sambuco, trom

L’ultimo mese del calendario irlandese prendeva il nome dal sambuco, trom (trum), specie allora controversa. I druidi ne facevano un uso modesto e diffidente, secondo alcuni autori perché ha i frutti neri, di un colore inviso, relegato all'abbigliamento degli schiavi. Pur considerando apprezzabile quest’ipotesi, siamo più propensi a credere che ne temessero la tossicità, come avveniva per il ben più venefico tasso, iúr (uur).

Il sambuco, tutto sommato, è innocuo, anzi è un buon diuretico, antipiretico, leggero lassativo, antireumatico e anticellulitico. Non bisogna però abusare delle sue bacche che, se ingerite in grandi quantità, possono provocare la nausea e il vomito.

Leggi anche: La stellina odorosa, nella tazza di maggio.