Mary Kingsley, una regina d'Africa vestita di nero
Mary Kingsley è una viaggiatrice, scrittrice e antropologa vissuta nella seconda metà dell'Ottocento, in un periodo in cui le donne non erano ritenute capaci di compiere le stesse gesta degli uomini.
Diventa una delle maggiori esploratrici dell'Africa occidentale a cui viene attribuito l'appellativo di Regina d'Africa in segno di rispetto, ed è ricordata come una personalità all'avanguardia per essersi schierata contro i pregiudizi razziali europei alla base della politica coloniale nel continente africano.
Mary Kingsley, i primi anni e gli studi
Mary nasce il 13 ottobre 1862 a Londra. Il padre, George, è un medico che lavora per il conte di Pembroke e che accompagna nei frequenti viaggi, soprattutto nel Nord America, dove si interessa a usi e costumi dei nativi Sioux. I due uomini scriveranno assieme un libro sui loro viaggi.
George Kingsley mise incinta la propria cameriera ma la sposò quattro giorni prima della nascita di Mary:
a causa dei suoi frequenti soggiorni all'estero, la figlia restò con la madre, conducendo una vita ritirata.
A quei tempi una ragazza non poteva frequentare la scuola ed è la madre a insegnarle a leggere e a scrivere.
La fanciulla ha, però, la possibilità di frequentare la ricca biblioteca paterna dove si trovano anche le opere dei fratelli di George,
i famosi romanzieri Charles ed Henry Kingsley.
Mary Kingsley ama studiare e soddisfa la sete di conoscenza leggendo con avidità:
il padre assume un insegnante privato per impartirle lezioni di tedesco, la lingua con cui erano scritti la maggior parte dei testi scientifici.
Quando George è a casa, Mary ascolta affascinata i suoi racconti di popoli e paesi lontani:
accetta di aiutarlo nella stesura dei suoi libri, cercando nella biblioteca il materiale utile, traducendo i testi in tedesco e mettendo ordine negli appunti paterni.
Mary ha un fratello che frequenta l'università, a differenza di lei che non poteva accedervi, al pari delle altre donne dell'epoca.
Riesce comunque ad allacciare amicizie nella comunità accademica, rimanendo aggiornata con le novità scientifiche e,
nel 1888, accetta l'invito di un'amica di famiglia ad accompagnarla in un viaggio a Parigi, apprezzando subito il piacere che deriva dal visitare nuovi paesi.
Mary studia da autodidatta scienze naturali e medicina, approfondendo gli appunti paterni mentre assiste la madre paralizzata.
Nel 1891, il padre rientra da un viaggio affetto da febbre reumatoide e Mary si occupa anche di lui fino al febbraio dell'anno successivo, quando il genitore muore.
Cinque settimane dopo perde la vita anche la madre e la Kingsley si ritrova libera da responsabilità e con un'importante rendita di 500 sterline l'anno.
Il fratello è in Cina e lei non è nemmeno sotto la sua tutela, avendo compiuto trent'anni.
Mary Kingsley e le prime informazioni sull'Africa
La donna decide di recarsi alle isole Canarie per un breve periodo, riprendendosi in salute e ritemprando lo spirito, dove viene in contatto con commercianti di oggetti provenienti dall'Africa, da cui rimane affascinata. Si mette a leggere moltissime opere che trattano di quel continente, facendole nascere la curiosità di visitarlo.
Il padre, pur non essendovi mai stato, aveva iniziato a redigere un libro sulla cultura del popolo africano e la figlia, con la scusa di terminarlo, vorrebbe andarci.
I medici amici del genitore le sconsigliano di intraprendere il viaggio perché l'Africa era un paese pericoloso per gli occidentali che là si ammalavano di tifo, colera e malaria:
era infatti quasi normale non fare ritorno in Europa.
La zona in cui la Kingsley si dirige era frequentata esclusivamente da commercianti di schiavi e uomini d'affari.
L'unico che sostiene i suoi desideri è Albert Günther, responsabile del settore di zoologia del British Museum, che propone all'aspirante viaggiatrice di raccogliere specie di pesci, insetti e coleotteri fornendole contenitori, formalina e istruzioni.
A Parigi, Mary Kingsley aveva studiato l'arabo e dall'editore MacMillan ottiene un contratto per la stesura di un libro in cui descrivere i luoghi in cui si recherà.
Finalmente, nel 1893, la Kingsley si imbarca a Liverpool diretta in Sierra Leone, dove giunge in agosto. Successivamente, si reca in Angola con l'intenzione di studiare popolazioni locali, specie animali e vegetali ma, soprattutto, di provare quelle capacità che la rigida società vittoriana non le ha permesso di mettere a frutto in quanto donna.
Costretta a una vita ritirata durante le assenze del padre, occupata a curare la madre e senza la possibilità di studiare all'università come il fratello, il viaggio verso l'Africa costituisce una rinascita per la donna trentunenne.
Contraddicendo le previsioni dei medici, nel continente nero la Kingsley mostrerà una salute e una tempra di ferro, mai possedute in Inghilterra: forse, la ragione è dovuta al fatto che, libera da imposizioni familiari e sociali, poteva finalmente essere sé stessa. Un elemento che l'accomuna a Isabella Bird, viaggiatrice inglese della metà dell'Ottocento che trascorse gran parte della gioventù inferma a letto.
Mary Kingsley in Africa
Appena Mary Kingsley sbarca, l'addetto della dogana le fa notare che, essendo sola, non può entrare nel paese africano senza un uomo che la protegga.
La donna ribatte che nell'elenco dei documenti richiesti per l'ingresso non era indicata la presenza di un marito, e l'ufficiale è costretto a timbrare il passaporto.
In Sierra Leone, Mary contatta i commercianti perché conoscevano le tribù su cui voleva intraprendere studi etnografici. Forma una squadra con persone che conoscono i dialetti locali e si inoltra con loro nelle zone interne attraverso i fiumi, imparando a pagaiare e a pescare per raccogliere i campioni di animali e vegetali.
Mary indossava sempre un abito nero in stile vittoriano, con una camicetta a collo alto, una gonna lunga di lana e stivaletti in pelle che non la aiutavano nei movimenti: mentre imparava a pagaiare, cadde diverse volte nell'acqua ma fu proprio quell'abito pesante e accollato ad aiutarla.
La presenza di spesse calze di lana impedì alle sanguisughe di assalirla e alle zanzare di pungerla, evitandole di prendere la malaria.
Dagli indigeni acquisisce le abilità necessarie per sopravvivere in quei luoghi isolati, mentre il lavoro etnografico segue una metodologia rigorosa, consapevole che verrà giudicato severamente dagli studiosi maschi.
Nel dicembre del 1893, la Kingsley rientra in Inghilterra:
i campioni raccolti sono consegnati al British Museum e studiati con interesse dalla comunità scientifica.
Un anno dopo, il 24 dicembre 1894, Mary Kingsley è di nuovo su una nave diretta nello stato del Gabon:
risale il fiume Ogoouè, dove raccoglie tre esemplari di pesci sconosciuti che Albert Günther, in suo onore, chiamerà con il suo cognome.
Mentre Mary naviga in canoa, ha incontri ravvicinati con un coccodrillo e un ippopotamo che allontana con sorprendente disinvoltura, il primo per mezzo di un remo e il secondo con la punta del suo ombrellino: nei libri racconterà con grande umorismo tali episodi.
Le tribù della zona parlavano di questa donna che girava nei loro territori vestita di nero, ed erano incuriositi di vederla.
Un giorno, mentre si trova da sola nella foresta a catturare degli insetti, vede un gruppo di indigeni con il corpo colorato che indossano collane di ossa e conchiglie.
Lei si nasconde ma viene individuata e catturata: sono cacciatori di scimmie, la cui tecnica consisteva nell'attirarle con gli oggetti di cui erano adornati, facendo perno sulla loro innata curiosità.
Mary teme per la sua vita ma gli indigeni si limitano a condurla sotto un grande albero pieno di scimmie perché pensano che il suo bizzarro abbigliamento costituisca un'esca irresistibile. Un'avventura che, alla partenza da Londra, non avrebbe mai immaginato di vivere.
Mary Kingsley decide anche di cercare la tribù cannibale dei Fang, che viveva ai bordi del fiume Ogoouè.
Grazie ai portatori che l'accompagnano, riesce a incontrarli e a farsi ospitare nel loro villaggio, dove le viene riservata una capanna. È la prima occidentale a studiare le abitudini dei cannibali dato che, fino ad allora, nessun uomo era riuscito ad avvicinarli e, soprattutto, a tornare indietro per raccontarlo.
Mary Kingsley sul monte Camerun
Nel settembre del 1895, la Kingsley tenta un'impresa riuscita solo a un famoso esploratore inglese, Richard Burton:
l'ascesa del monte Camerun, un vulcano alto 4000 metri, percorrendo una strada mai tentata da occidentali.
Lei cammina sempre con il suo abito nero, appoggiandosi all'ombrello: i portatori hanno paura delle leggende che volevano quella montagna dimora di spiriti maligni.
Gli uomini sono sicuri che, dopo un paio di giorni, la donna si sarebbe stancata, ma così non avviene. Per convincerla, realizzano azioni di sabotaggio facendo sparire acqua e cibo. Alcuni la abbandonano e Mary prosegue con quelli rimasti. L'ultimo tragitto è molto ripido e la roccia vulcanica si frantuma sotto i piedi, rischiando di farli precipitare ma, nonostante le difficoltà, la viaggiatrice raggiunge la cima emozionata, avverando un altro sogno.
Nel novembre del 1895, la Kingsley ritorna in Inghilterra preceduta dalla fama delle sue avventure, accolta da giornalisti entusiasti che la vogliono intervistare.
Nella sua casa ricostruisce un ambiente africano per creare un'atmosfera che la ispiri nella redazione dei diari di viaggio. La loro pubblicazione ottiene un tale successo da organizzarne la lettura alla Royal Geographic Society. Non fu la Kingsley a tenere direttamente le conferenze perché, all'epoca, non era possibile che le donne parlassero in pubblico. Nei tre anni successivi scrive articoli, libri e gira la Gran Bretagna con conferenze, in cui le sue esperienze africane sono esposte da lettori uomini.
L'opinione di Mary Kingsley sulla politica coloniale europea e sull'attività dei missionari suscitò scalpore.
Nonostante avesse aiutato e fosse diventata amica della missionaria scozzese Mary Slessor, la Kingsley critica l'atteggiamento di chi considera gli africani soltanto stupidi selvaggi da educare.
È famosa l'affermazione dell'esploratrice secondo cui
"l'uomo nero non è un bianco sottosviluppato più di quanto un coniglio non sia una lepre sottosviluppata".
Sostiene che le tradizioni e credenze religiose degli africani non possano essere sostituite, all'improvviso, da idee "occidentali" perché li snaturerebbe, peggiorandone le condizioni.
Inoltre, difende la poligamia assomigliando alla viaggiatrice spagnola Aurora Bertrana che aveva apprezzato il modello polinesiano basato sulla famiglia allargata.
Per quanto riguarda la gestione amministrativa delle colonie, la Kingsley riteneva che non dovesse essere affidata ai politici dato che non conoscevano gli usi locali, bensì ad antropologi, etnologi, e commercianti che, avendo contatti diretti con gli indigeni, erano in grado di esprimere decisioni efficaci perché coerenti e rispettose della cultura africana.
Nonostante queste idee moderne, Mary Kingsley accetta il ruolo imposto alla donna dalla società vittoriana: malgrado le imprese realizzate, sarà sempre ostile al movimento delle suffragette e contraria al diritto di voto femminile perché riteneva che il basso livello culturale in cui versavano le donne le rendeva inadatte a prendere decisioni su materie politiche e sociali.
Il desiderio maggiore della Kingsley era ottenere l'approvazione del mondo scientifico, ostile alle donne, ed essere considerata una scienziata.
Mary Kingsley e l'ultimo ritorno in Africa
Quando muore il fratello, Mary è completamente sola: la nostalgia dell'Africa la spinge a organizzare un terzo viaggio.
I preparativi vengono sconvolti dalla nascente guerra tra inglesi e boeri in Sudafrica:
gli scontri sono cruenti e Mary, che ha imparato dal padre le basi della medicina e fatto pratica negli ospedali dei missionari africani, decide di offrirsi come infermiera per curare i connazionali feriti.
Una volta terminato l'impegno di volontariato, aveva programmato di ripartire per nuove mete.
L'11 marzo 1900, la Kingsley salpa per Città del Capo diretta al Simon's Town Hospital.
Nella struttura trova un dottore, Gerard Carré, e due infermiere, che si occupano di circa 200 pazienti in condizioni igieniche terribili e con epidemie di tifo che, ogni giorno, uccidevano quattro pazienti su cinque.
L'editore del Morning Post le aveva chiesto di scrivere degli articoli sulla guerra anglo-boera.
La Kingsley accetta ma non riuscirà a tener fede all'impegno perché troppo presa dal lavoro di infermiera:
non sarà corrispondente di guerra in Africa come la giornalista spagnola Carmen de Burgos che, nel 1909, si sarebbe recata in Marocco per descrivere la guerra ispano-marocchina.
Ben presto Mary diventa consapevole che non uscirà viva dall'ospedale: dopo circa due mesi, purtroppo, si ammala di tifo.
Quando si accorge di essere alla fine, la sera del 2 giugno, chiede al dottor Carré di lasciarla sola e di assicurarle la sepoltura in mare. Il giorno dopo muore e le sue volontà vengono rispettate.
Mary Kingsley è stata una personalità difficile da definire:
una viaggiatrice diversa dalle altre che esplora territori selvaggi vestita con abiti da zitella vittoriana e con un ombrellino nero ma che sorprende per la capacità di adattarsi e integrarsi.
Durante una passeggiata alla ricerca di campioni vegetali, scoppiò un temporale e si rifugiò sotto un albero, accorgendosi di essere in compagnia di un leopardo da cui si allontana in silenzio, con la consapevolezza di aver provato emozioni e piacere immensi.
Un'esploratrice capace di percepire il contatto magico con l'energia dell'Africa: Mary scriveva che i momenti più belli erano le serate trascorse in tenda accanto ai fiumi che, nel buio della notte, si trasformavano da neri serpenti in rifulgenti sentieri d'argento illuminati dalla luna.
Mary Kingsley ha amato profondamente l'Africa, comprendendone lo spirito:
per questo non accettava che le decisioni riguardanti la sua gestione politica, così come le informazioni giornalistiche, provenissero da persone che non la conoscevano affatto.
I suoi libri ebbero molto successo perché la scrittura era leggera ma profonda, istruttiva e dotata di grande ironia nel raccontare avventure e incontri con animali feroci e tribù cannibali.
Le rappresentazioni della popolazione africana come esseri umani e non come selvaggi ignoranti, fecero nascere una grande amicizia con il giornalista inglese Edmund Dene Morel, ispirandogli articoli sulla corruzione e lo sfruttamento degli africani attuati dal re del Belgio, Leopoldo II, nella zona del Congo:
le inchieste portarono all'istituzione di una commissione che confermò le accuse di Morel, l'allontanamento di Leopoldo II e la modifica della politica coloniale belga.
Un risultato raggiunto grazie al coraggio, alla passione e all'intraprendenza di Mary Kingsley, regina d'Africa dal nero vestito che riposa nelle acque di quel continente.
Foto Wikipedia e Project Gutenberg, elaborazione foto copertina CaffèBook