Indagine sul trifoglio fibrino: e se fosse questo il “vero” trifoglio?

Il Trifoglio fibrino principi fitoterapici e supposizioni storiche sul Menyanthes trifogliata L. con descrizione dei dai frutti, fiori e tisana.

Nel mese di marzo – precisamente il giorno 17, da poco trascorso – cade la festa di san Patrizio, patrono d’Irlanda, e i social media vengono invasi da ogni sfumatura di verde e da trifogli d’ogni foggia.

Per chi come noi ama le erbe, è fatale domandarsi quale fu davvero il trifoglio scelto da san Pádraig.

Qui sulle pagine di CaffèBook abbiamo già fatto diverse ipotesi, negli anni passati, ma quella che vi proponiamo adesso è forse la più affascinante.

Trifoglio fibrino Menyanthes trifogliata L.

Trifoglio fibrino Menyanthes trifogliata L.
Trifoglio fibrino Menyanthes trifogliata L.

Tralasciando il trifolium repens (forse il più probabile tra i trifogli veri e propri, sicuramente più del trifolium arvense o del trifolium pratense), tralasciando anche il crescione, l’erba medica, l’acetosella e così via dicendo, il trifoglio fibrino resta un candidato molto promettente. Perché? Proviamo a descriverlo.

Appartiene alla nobile famiglia delle Genzianacee (anche se ci sono studiosi che oggi preferiscono collocarlo in una famiglia a parte, creata apposta, quella delle Meniantacee) ed è stato classificato con il nome latino di Menyanthes trifogliata L.

Si tratta di una pianta acquatica, erbacea e perenne, tipica del Nordamerica, dell’Asia e di quasi tutta Europa.

In Italia, dove è specie protetta, si trova soprattutto presso i laghi e nei prati umidi o paludosi del Nord ed è meno frequente al Centro e al Sud. In Irlanda è assai diffusa ovunque, per la grande presenza di sfagnete e di brughiere che rappresentano un habitat ideale.

In inglese viene chiamata bogbean o buckbean ma in lingua irlandese si dice bearnán lachan, ovvero “campanula del papero”.

Il suo rizoma è lungo e strisciante, con poche foglie basali (al massimo tre) inserite al suo apice e munite di lungo picciolo. Ognuna di queste foglie è composta a sua volta di tre foglioline quasi sessili, ovate e dal contorno appena ondulato.

I fiori del Trifoglio fibrino Menyanthes trifogliata L.

I fiori del Trifoglio fibrino Menyanthes trifogliata L.
I fiori del Trifoglio fibrino Menyanthes trifogliata L.

Potrebbe interessarti anche: Il ginestrino, l’altro “trifoglio”

I fiori, che sbocciano tra aprile e giugno, sono invece numerosi, raccolti in racemo. Presentano corolle di cinque petali, dal diafano colore che varia tra il bianco e il rosato, concrescenti alla base e internamente barbate da peli bianchi e cresputi.

Il frutto del Trifoglio fibrino

Il frutto del Trifoglio fibrino
Il frutto del Trifoglio fibrino

Potrebbe interessarti anche: Il mirtillo e la Fraughan Sunda

Il frutto è a capsula bivalve, quasi tondo, e contiene fitti semi lenticolari, di un bel giallo lucido.

Ma torniamo al V secolo, in Irlanda. In un giorno di cui ormai si è persa memoria, san Patrizio predicava sulla piana di Cashel. C’era una moltitudine di gente ad ascoltarlo: c’erano persino due principesse, Eithne e Fedein, figlie del potente re Laoghaire.

Egli desiderava spiegare loro il mistero della Santa Trinità: un solo Dio in tre Persone. Per questo si tramanda che abbia colto dal prato una foglia di trifoglio e che l’abbia mostrata a tutti: una sola foglia, infatti, composta da tre foglioline, quale esempio umile ed evidente della Trinità.

Da lontano, però, chi avrebbe visto quel piccolo trifoglio di pochi centimetri?

Chi era più arretrato, non ne avrebbe distinto la forma. Soltanto una foglia più grande avrebbe potuto essere riconosciuta da tutti, anche da chi stata dietro. Ci voleva una foglia grande, proprio come quella del trifoglio fibrino che, lo ribadiamo, è comunissimo in Irlanda.

Ed è anche una pianta molto amata, nell’Isola di Smeraldo, a ulteriore prova che forse, nel volgere dei secoli, si è custodita nelle famiglie quale reliquia del Santo patrono. Nelle campagne, l’infuso delle foglie si usa ancora oggi come depurativo del sangue e per curare le dermatiti.

Dal punto di vista fitoterapico, il trifoglio fibrino è un’erba amarissima ma altrettanto salutare.

Contiene diversi principi attivi:

due glucosidi amari (la meniantina nelle foglie e nella pianta intera e la meliantina solo nel rizoma),

tannini, eteri dell’alcol cerilico, fitosterina, genzianina, vitamina C, resine, un olio grasso e composti organici del ferro.

Principi attivi Menyanthes trifogliata L.

Principi attivi Menyanthes trifogliata L.
Principi attivi Menyanthes trifogliata L.

Potrebbe interessarti anche: La cuscuta: una terribile bellezza

La droga, che è appunto una droga amara, è costituita dalle foglie, meglio se utilizzate fresche. È ritenuta un tonico che giova a tutto l’organismo e che stimola in particolare la funzione gastrica.

I medici naturalisti lo consigliano in caso di anemia, di fame nervosa, d’inappetenza di origine nervosa e di nervosismo in genere, di disfunzioni uterine, di disturbi biliari, di gotta (studi di Boeheraave), di reumatismi, di emicranie da cattiva digestione, di dermatosi (avevano ragione i contadini irlandesi!), di parassiti intestinali e di scorbuto (a questo proposito si fa riferimento agli esperimenti clinici di Leclerc).

La tisana si prepara versando due cucchiai rasi di droga in mezzo litro d’acqua fredda. Si porta a bollore, si spegne e si lascia riposare sotto coperchio per una decina di minuti. Si filtra e si dolcifica a piacere, ma è così amara che per renderla più amabile forse sono preferibili solo alcune gocce di limone… Se ne possono bere un paio di tazze durante la giornata, meglio prima dei pasti.

Il trifoglio fibrino è un’erba il cui sapore non è sempre gradito a tutti, eppure vale veramente la pena berne una tazza al giorno, perché pare che ciò allunghi la vita. Scrisse infatti il dottor Lehameau, nel 1901: “Molte persone sono vissute per più di cent’anni mantenendo quest’abitudine”.

Foto da Wikipedia, Britannica, elaborazioni CaffèBook