Saremo Sommersi dalle Microplastiche?

Le microplastiche sono pezzetti di plastica dalle dimensioni microscopiche.

Si sapeva che fiumi, mari e ghiacciai dell'Antartico fossero pieni di plastica, ma per la scienza è una sorpresa scoprire che nemmeno i luoghi selvaggi ne sono risparmiati.

Le Microplastiche

Le Microplastiche
Le Microplastiche

Purtroppo, le microplastiche sono ormai dappertutto e, trasportate dal vento e dalla pioggia, arrivano in posti apparentemente incontaminati come i parchi naturali americani.

Scienziati della Utah State University hanno scoperto che in aree come il Grand Canyon e lo Yosemite Park cade, in un anno, l'equivalente di 300 milioni di bottiglie di plastica sotto forma di invisibili particelle dal peso totale di circa mille tonnellate.

Il Grand Canyon
Il Grand Canyon

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Lo studio, pubblicato sulla rivista Science, è arrivato a tale conclusione analizzando centinaia di campioni raccolti attraverso una rete di stazioni meteorologiche utilizzate per campionare l'acqua piovana in territori isolati come il Joshua Tree National Park in California o i Grandi Laghi al confine col Canada.

Studi scientifici: le microplastiche nell'acqua

Studi scientifici: le microplastiche nell'acqua
Studi scientifici: le microplastiche nell'acqua

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Un fenomeno che mostra come le microplastiche stiano inquinando tutto il pianeta, con conseguenze sulla salute umana non ancora quantificabili.
Nemmeno i ghiacciai e l'Antartide possono considerarsi zone incontaminate.

In Italia, nell'aprile del 2019, un team di ricerca dell'Università degli Studi di Milano e Milano-Bicocca ha identificato la loro presenza sul Ghiacciaio dei Forni, nel Parco Nazionale dello Stelvio:

in un chilo di sedimenti ne sono state rinvenute 75 particelle.

I ricercatori, per evitare di contaminare il terreno con particelle di plastica che compongono la maggior parte dell'abbigliamento tecnico di montagna e garantire la correttezza della ricerca, hanno indossato tessuti di cotone al 100% e zoccoli di legno come calzature.

Altra inquietante presenza di queste sostanze è stata rivelata dalla University of Central Florida che le ha trovate nello stomaco di molti rapaci.
Già dagli anni Sessanta si è notata l'ingestione di plastica negli animali ma solo dal 2010 ci si è accorti delle microplastiche nello stomaco e intestino di uccelli, pesci, invertebrati, molluschi e mammiferi marini.

L'aver individuato tali sostanze nei rapaci è un dato allarmante perché questi volatili sono i principali predatori nell'ecosistema e, se il loro numero si modifica, influisce su popolazione, stato di salute e habitat degli animali che si trovano al di sotto della catena alimentare. I rapaci analizzati erano stati rinvenuti morti e tutti i loro apparati digestivi contenevano plastica di cui le microplastiche costituivano ben l'86%.

La più alta concentrazione di microplastiche è nelle acque di fiumi e oceani:

alcune sono intenzionalmente inserite nei cosmetici, detergenti esfolianti nonché detersivi, altre derivano dalla frammentazione di rifiuti in plastica o dai lavaggi di capi sintetici.

Quelle che rimangono nei fanghi di depurazione finiscono nei terreni, dato che tali residui sono usati come fertilizzanti, oppure direttamente nelle acque.

Per quanto riguarda i mari, il nostro Tirreno detiene il triste record della più alta concentrazione al mondo di microplastiche nei fondali:

alla base del versante continentale sardo sono state trovate fino a 182 fibre e nove frammenti per 50 grammi di sedimento essiccato.

Anche nelle fosse oceaniche, inclusa quella delle Marianne, sono stati rinvenuti residui di nylon e altre fibre artificiali provenienti dai vestiti.

Le microplastiche sono resistenti e possono durare migliaia di anni:

rimuoverle è impossibile e l'unica soluzione è vietarne l'utilizzo, come si sta iniziando a fare in Italia dal 1° gennaio 2020, col divieto di mettere in commercio prodotti cosmetici contenenti microplastiche riferendosi a quelli da risciacquo ad azione esfoliante o detergente.

Manca, però, la consapevolezza della loro pericolosità: molti cittadini non si preoccupano perché non la vedono.

Diffusione delle microplastiche

Diffusione delle microplastiche
Diffusione delle microplastiche

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Eppure, una recente analisi dell'università australiana di Newcastle ha rivelato che, ogni sette giorni, tutti noi ingeriamo cinque grammi di plastica, l'equivalente di una carta di credito.

Le microplastiche si trovano nell'acqua in bottiglia o del rubinetto, nel sale, nei cibi come molluschi, pesce, miele o in bevande come la birra.
Sono ancora allo studio i potenziali effetti negativi della plastica sulla salute umana.

Essa provoca una leggera infiammazione dei tessuti dell'intestino che può favorire l'insorgenza di tumori o legarsi a varie sostanze chimiche, dando l'avvio ad altre difficoltà.

Il problema sta diventando sempre più grave:

in particolare, si assiste anche alla graduale trasformazione delle microplastiche in nanoplastiche,

particelle ancora più piccole che, invece di raccogliersi nello stomaco e nell'intestino, si fissano nei tessuti degli animali rischiando di essere ingerite anche dall'uomo alla fine della catena alimentare.

Cosa si può fare per rallentare questo disastro ecologico?

Ognuno di noi può adoperarsi per ridurre la produzione di rifiuti in plastica privilegiando l'acquisto di tessuti naturali o stando attenti ad una loro corretta eliminazione, mentre le amministrazioni dovrebbero rimuovere la plastica dalle discariche aperte e migliorare i filtri degli impianti di trattamento delle acque e degli scarichi delle acque piovane per catturare, il più possibile, le microplastiche.

Ma, prima di tutto, occorre acquisire la consapevolezza del pericolo provocato da tale sostanza nella nostra esistenza.

Foto da Pixabay, Wikipedia, Geographical. Elaborazioni CaffèBook.