Il licopodio, cibo da strega e danza di fata
Ebbene sì, in Gran Bretagna il licopodio viene chiamato “whitches’ meal”, ovvero il pasto delle streghe, perché le sue spore sono una sorta di zolfo vegetale:
se vengono gettate nel fuoco, sprigionano incendiandosi un fulgore di saetta, senza lasciare né fumo né odore di bruciato.
Se invece vengono immerse in un bacile d’acqua, galleggiano senza bagnarsi.
Licopodio Lycopodium clavatum L.
Che sia una pianta strana e curiosa lo dimostra il fatto che non produce fiori e frutti: si tratta di una cormofita, infatti.
Appartiene alla classe botanica delle Licopodine e risponde al nome latino di Lycopodium clavatum L.
Predilige come habitat i boschi e i prati freschi e ombrosi. Ha un caule assai ramificato che striscia sul terreno per un’estensione che può raggiungere i 4 metri e dal quale si dipartono rami ascendenti arcuati che recano le cosiddette spighe sporifere.
Tutta la pianta, che è erbacea e perenne, è rivestita da fitte foglioline lineari e sottili, con punte lunghe dai 2 ai 4 millimetri.
All'ascella di quelle che coprono i rametti ascendenti c’è uno sporangio reniforme che custodisce numerosissime e minute spore tetraedriche, rilasciate a maturazione tra luglio e agosto. Qui in Italia si tratta di specie protetta.
Ma se nel Regno Unito il licopodio è temuto quale pianta delle streghe, nella vicina e più fantasiosa Irlanda viene utilizzato per attirare le fate. Come? Tra i riti del Calendimaggio, c’è l’usanza di esporre sulla porta di casa un vassoio coperto di fronde di licopodio, affinché le fate giungano e possano danzare senza ferirsi i piedini sul terreno e sui sassi.
Il licopodio Lycopodium clavatum L.: Isola di Smeraldo
Le nonnine dell’Isola di Smeraldo consigliavano un tonico ricavato da quest’erba, per lenire le irritazioni degli occhi. Guai però a coglierne i rametti al momento sbagliato! Occorreva aspettare, ogni mese, il terzo giorno di luna, quando comincia ad apparire luminosa in cielo la falce crescente, affinché si specchi nella lama del coltello con cui si taglierà il caule.
Soltanto al tramonto del giorno dopo una fanciulla inginocchiata a terra, servendosi di quello stesso coltello, avrebbe potuto recidere le fronde.
Avrebbe poi dovuto avvolgerlo in un panno candido, far bollire il licopodio nell'acqua della sorgente più vicina e mescolare il decotto con il burro ottenuto con il latte di una mucca che ha appena partorito! Forse un po’ troppo complesso per noi moderni, non credete?
Un altro rimedio irlandese che sconfina nell'incantesimo si ricavava dalle spore essiccate e serviva per combattere le infiammazioni e le ferite. Occorreva mischiare nove prese di spore di licopodio con nove prese di cenere – questa sottratta al camino di una casa in cui si è amati, che rappresenta un luogo del cuore – e applicar la polvere sulla pelle ogni martedì e giovedì… Non sappiamo dirvi se questa formula magica abbia mai funzionato.
Le spore di licopodio
Abbiamo tuttavia testimonianze storiche ben più attendibili che ci hanno tramandato come la polvere di spore di licopodio sia effettivamente stata impiegata quale cicatrizzante sulle ferite inferte in diverse battaglie.
La più celebre, per l’Irlanda, è sicuramente la battaglia di Clontarf, che si combatté il Venerdì Santo del 1014 e grazie alla quale l’Ard Rí Brian Boru sconfisse e scacciò per sempre dall'isola gli invasori vichinghi.
Re Brian morì, colpito a tradimento nella sua tenda (pare per ordine di Gormlaith, la sposa ripudiata) ma i suoi soldati furono appunto curati con la polvere di licopodio.
La stessa polvere fu usata anche dagli scozzesi, in seguito alla battaglia di Flodden Field del 9 settembre 1513, tra Giacomo IV di Scozia e il duca di Norfolk Thomas Howard. E ancora durante la Prima Guerra Mondiale pare che i soldati irlandesi che si erano arruolati nell'esercito britannico medicassero con questo rimedio, infilato dalle loro madri negli zaini, i colpi inferti dai nemici.
Licopodio (Lycopodium clavatum L.) Fitoterapia e erboristeria, principi attivi
Dal punto di vista fitoterapico, dobbiamo per prima cosa rimarcare che la pianta del licopodio è molto tossica, sebbene si sia usata per secoli nella medicina popolare come diuretico.
Contiene, infatti, alcaloidi: licopodina, clavatina e una clavotossina.
Attualmente entra a far parte di preparazioni omeopatiche che, solo sotto stretta prescrizione medica, giovano nei disturbi epatobiliari, nelle disfunzioni digestive o renali e per combattere eczemi e reumatismi.
Quanto alle spore, i cui principi attivi sono sempre tracce di alcaloidi ma anche un olio grasso (che le rende un poco untuose) e il carboidrato sporonina, il dottor Jean Valnet ne suggeriva cataplasmi emollienti sugli eritemi – anche quelli da pannolino per i bambini – e contro l’impetigine.
Dimostrando così in modo scientifico che i guerrieri di Brian Boru non avevano avuto tutti i torti nel disinfettare le loro ferite con la polvere delle streghe e delle fate.
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