Le buone parole valgono molto e costano poco
“Le buone parole valgono molto e costano poco” scriveva il poeta inglese George Herbert.
Parole.
La parola parola deriva dal greco e significa avvicinamento, paragone.
Ecco, alla radice la parola è un paragone, una cosa che si avvicina a un’altra.
E le parole si avvicinano.
Le parole, nella loro bellezza, è questo che fanno: diventano storie.
Evocano.
Leggere parole è un buon modo per occuparsi di loro, di proteggerle e di capirle.
Far sì che si amino nel raccontare buone storie.
Troppe volte invece mi capita di ascoltare brutte storie e talvolta anche di viverle.
In quei momenti ricordo a me stesso che si comunica con le parole ma anche con i silenzi.
O con un gesto e uno sguardo.
La parola semplice, quella che arriva dritta al cuore, non è mai una banale.
È una parola essenziale, la parola giusta - detta o taciuta - nel momento giusto.
È anche una parola forte e decisa.
Una parola che unisce perché in fondo divide le buone dalle cattive intenzioni.
Viviamo in tempi di disgregazione, di populismo e di posizioni radicalizzate.
Non vi è dubbio.
Ed anche di estremismi e di violenze.
Egoismo e indifferenza spesso sembrano prendere il sopravvento.
Nonostante ciò, proprio in questi tempi, a ben guardare, spiccano come buone notizie gesti di solidarietà, esempi di generosità ed esperienze di fraternità ad ogni angolo.
Germogli di piccole ma grandi possibilità.
Avremo società più vivibili soltanto se la non violenza attiva diventerà uno stile di vita, dando forma alle decisioni, alle relazioni, alle azioni, alla politica in tutte le sue forme.
Non lo dico io ma lo afferma Papa Francesco.
“Non è facile sapere se il mondo attualmente sia più o meno violento di quanto lo fosse ieri, - afferma il Pontefice - né se i moderni mezzi di comunicazione e la mobilità che caratterizza la nostra epoca ci rendano più consapevoli della violenza o più assuefatti ad essa”.
Ecco, una domanda dovremmo porcela tutti, da subito.
Perché dalla risposta che ci daremo scaturiranno molte conseguenze.
La cura per queste città frantumate non può essere la violenza né la paura.
Dobbiamo tutti assieme ritrovare il dialogo, il rispetto, la tolleranza, una coesistenza pacifica tra persone e popoli.
Luci nel buio da cui potranno scaturire buone parole destinate, come dei ponti, a unire persone e popoli e non a dividerli.
Purtroppo le buone parole sono state accantonate dalla politica ormai da anni.
Assistiamo ad un imbarbarimento della comunicazione politica teso soltanto ad affermare gli interessi di cui è portatrice.
Tutto è ridotto a conflitto.
Buone parole come verità, servizio, giustizia, bene comune sono state cancellate dal linguaggio e dalla pratica della politica.
Per non parlare di solidarietà e compassione.
“I profeti del nostro tempo sono coloro che hanno protestato contro lo schiacciamento dell'uomo sotto il peso delle leggi economiche e degli apparati tecnici, che hanno rifiutato queste fatalità”.
Basta semplicemente mettere a confronto un qualsiasi discorso di un qualsiasi politico di oggi, con le parole di Giorgio La Pira, per rendersi conto di che cosa è accaduto in questi anni.
“Mi possono arrestare: ma non tradirò mai i poveri, gli indifesi, gli oppressi:
non aggiungerò al disprezzo con cui sono trattati dai potenti l'oblio od il disinteresse dei cristiani”.
Sono convinto sia necessario riscoprire tutti assieme il valore grande di partecipazione alla costruzione di città a misura di uomini, facendoci portatori di una visione, di un'idea di convivenza pacifica.
Un'idea che non si realizza certo con la forza bensì perché viene riconosciuta come parola di vita buona.
Per tutti i cittadini.
“Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci. Un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra”
scrive il profeta Isaia.
È davvero straordinario pensare che qualcuno ha avuto l’ispirazione di porre queste parole di Isaia nel muro di fronte al palazzo dell’Onu a New York.
“Le parole dei profeti sono grandi perché infinite” afferma il prof. Luigino Bruni.
Seguo da anni le buone parole del prof. Bruni, in special modo il sogno grande riguardo l'economia di comunione.
Il professore afferma che quando i popoli si smarriscono e perdono il filo della saggezza che ha generato - quasi sempre nel grande dolore - patti, costituzioni, etica, buone leggi, sprofondano sempre in profondissime trappole di povertà, dentro circoli viziosi e perversi.
In questi pericolosi circoli viziosi gli uomini e le donne migliori non sono più attratti dal bel mestiere della buona politica, e così lasciano strada libera a chi cerca il potere solo per interessi personali o di parte.
Quando il circolo perverso si chiude, la trappola diventa perfetta.
Ecco, credo che le buone parole possano venirci in aiuto, con il loro potere salvifico, in questo momento storico nel quale il circolo perverso sembra davvero essersi chiuso.
E non c’è parola più potente di un grido.
Dobbiamo gridare, senza timore.
“Il grido. Sta all'inizio della vita dell’uomo sulla terra. Il grido di caccia, di guerra, d’amore, di terrore, di gioia, di dolore, di morte. Ma anche gli animali gridano; e per l’uomo primitivo grida anche il vento e la terra, la nube e il mare, l’albero, la pietra, il fiume”
scrive Emanuele Severino.
Un urlo che talvolta si può fare anche silenzio perché come ricorda Gandhi “se urli tutti ti sentono, se bisbigli solo chi è vicino, ma se stai in silenzio, solo chi ti ama ti ascolta”.
C’è una amicizia profonda tra le buone parole e le persone più vere, sempre.
Perché non cercarla assieme?
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Foto copertina e nell'articolo di Luca Brunetti
Foto Papa Francesco Wikipedia