Storia del Caffè

La storia del caffè:

Qual è stata la prima volta che qualcuno ha bevuto del caffè?

La storia del caffè

Chi fu il primo a berlo? Quando è successo?, Come?, Dove si verificò?

A queste domande hanno cercato di rispondere in molti, spesso con storie fantastiche, belle ma improbabili.

Per molto tempo, nei secoli prima e dopo Cristo, il caffè è stato utilizzato come alimento così come elemento indispensabile nei riti religiosi di diversi culti.

La storia del caffè ha attraversato varie fasi.

In una iniziale era parte dei riti e del consumo locale delle popolazione che ne incontravano gli arbusti nei propri spostamenti.

In questo periodo è all’antico popolo degli Oromo che va attribuito il primo uso dei frutti del caffè.

Il seguito la storia del caffè segue quella del popolo arabo e della sua religione: l’Islam. Fra dubbi religiosi, rivolte ed interessi economici emerge come bevanda tanto importante nella cultura di questi popoli da venir definita il Vino dell'Islam.

L’espansione turco-ottomana allarga ancora i confini in cui si consuma la bevanda e da lì ci sarà il passaggio nella cultura occidentale.

Quando il caffè diventa abituale ingrediente di consumo nelle città e nei locali europei la diffusione della coltivazione della pianta raggiunge tutti i continenti.

  1. Gli Oromo e l'Etiopia
  2. Una medicina
  3. I Sufi
  4. La Mecca e la prima diffusione
  5. La legge islamica
  6. I primi locali
  7. La divulgazione

 

Storia del caffè: Il caffè, gli Oromo e l'Etiopia:

Biografia dall'Africa etiopia kefaÈ ormai accertato che il consumo del caffè cominciò nella zona etiope di Kefa o Kaffa. 

Non ci sono dubbi, infatti, che le prime piante utilizzate dall’uomo erano nelle zone più selvatiche del sud est dell’attuale Etiopia. Naturalmente l’uso che se ne faceva allora era molto differente da quello attuale.

La storia del caffè comincia con gli Oromo

Un antico popolo nomade etiope, gli Oromo, furono i primi che utilizzarono il frutto del caffè: sia come bevanda (usavano le foglie secche), sia come alimento, macinato insieme spesso ad altri ingredienti. Essendo un popolo nomade raccoglievano i frutti nella selva e non li coltivavano.

Questa popolo celebrava un tipo di cerimonia chiamata buna-qala o sacrificio del caffè in occasioni come le nascite, i matrimoni o altri eventi che desiderano solennizzare.

In queste cerimonie il caffè viene tostato e mischiato con burro e cereali per essere servito ai partecipanti al rituale. Ma le drupe erano un ingrediente che si impiegava anche in altre situazioni. Un impasto di caffè e burro di vacca era abitualmente utilizzato dalle persone che dovevano lavorare molto.

Se dovevano affrontare dei lunghi viaggi, spesso organizzati come spedizioni di guerra, gli Oromo consumavano anche il frutto crudo. 

Le drupe a volte erano mescolate e immerse nel miele e altre macinate in un mortaio e mischiate con grasso animale per mangiarle durante gli spostamenti. 

Con i frutti del caffè formavano come delle palline da tennis più comode da portare negli spostamenti.

Non utilizzavano in questo i semi che invece utilizziamo oggi ma la buccia seccata al sole.

I Bunga, i terribili nemici degli Oromo

Gli Oromo chiamavano e tutt’ora chiamano bunchum, buna (che significa chicco) o bunn ciò che noi conosciamo come caffè.

Il popolo degli Oromo combattevano contro i feroci Bunga che li sconfiggevano spesso prendendoli prigionieri. I Bunga erano dotati di buon senso pratico e invece di uccidere i propri nemici li vendevano come schiavi. Harar era il luogo di scambio nel sud-est dell'Etiopia. 

Nella diffusione della conoscenza della pianta la schiavitù avrà la sua triste importanza. I prigionieri che venivano portati ad Harar per essere venduti come schiavi trasportavano con sé i frutti e le foglie del caffè.

Questo portò a due situazioni molto importanti nell'evolversi della storia del caffè.

La prima fu che i mercanti arabi, comprando e rivendendo gli schiavi Oromo, diedero inizio di fatto alla diffusione nei territori islamici del caffè.

La seconda, (è meno probabile, ma piace pensarlo come a un lascito positivo) riguarda i semi caduti lungo i sentieri agli schiavi mentre questi salivano sulle montagne per giungere alla città dove sarebbero stati venduti. Sembra che quei semi abbiano fatto nascere la pianta della varietà dei frutti più affusolati e più buoni.

Ma tornando alla prima situazione, la spedizione di schiavi Oromo, il costume di mangiare i frutti di caffè di questo popolo, cadde sotto gli occhi dei propri padroni. Così non solo si diffuse, ma ne venne anche cambiato il modo di assumerlo

Storia del caffè: Il Kati o tè abissino

Il Kati esiste ancora in Etiopia e nello Yemen ed è anche conosciuto come tè abissino. Si preparano le foglie un cucina in un piatto chiamato appunto Kati o Kotea.

Per prepararlo si prendono le foglie degli alberi della coffea, si tostano in padella, poi si schiacciano in un mortaio.

Lo si mette a bollire con l'aggiunta di zucchero e di un po' di sale:

facendolo bollire circa dieci minuti si ottiene un liquido ambrato dal sapore caramellato e affumicato, diciamo un sapore dolce-salato con una consistenza quasi gelatinosa.

In realtà esisteva una forma ancora più antica di preparare il tè con le foglie. È conosciuta come amertassa nella quale si usavano le foglie verdi, senza tostarle, ma lasciate asciugare all’ombra alcuni giorni e poi mettendole in infusione.

Questi tipi di tè potrebbero essere i progenitori dell’attuale caffè, quello che i mercanti arabi vedevano bere ai primi consumatori di questa pianta, gli Oromo.   

 

Storia del caffè: Il caffè come medicina

Mentre gli Oromo in Etiopia usavano il caffè nessuno, fuori da quei territori lo conosceva.

Il caffè non veniva  coltivato  venduto, ma semplicemente raccolto dalle piante che crescevano spontanee lungo le strade che seguivano le varie popolazioni nei propri spostamenti.

Avicenna e Rhazes

Abū Bakr Muḥammad ibn Zakariyyā al-Rāzī noto anche col nome di al-Razi, o ar-Razi, o Ibn Zakariyya e col nome di Rhazes o Rasis fu la prima fonte illustre che portò il caffè nella storia "ufficialmente" e che ne parlava fuori dai suoi luoghi di provenienza.

Rhazes accenna a una bevanda chiamata buncham o bunchum fatta con una pianta chiamata bunn.

Queste parole in Etiopia erano usate sia per la bevanda, sia per i frutti usati per farla.

AvicennaUn secolo più tardi, Abu Ali al-Husayn Ibn Abdullah Ibn Sinna, conosciuto come Avicenna (980-1037), famoso come medico e filosofo arabo, soprannominato "Il principe dei medici", descrive una sostanza vegetale con gli stessi nomi di Rhazes.

L’autore de Il libro della guarigione e Il canone della medicina, considerato fra gli uomini più saggi d’oriente, assicura che altri prima di lui avevano già parlato di questa strana pianta.

Appunto ne "Il Canone della Medicina", testo che fu tradotto in latino nel corso dell'anno 1200 e costituì uno dei più ampiamente usati libri di testo e di studio in ambito medico in Europa fino al XVII secolo descrive il caffè così:

" ...il suo infuso fortifica membra, pulisce la pelle, elimina dagli umori maligni e dà un’eccellente odore al corpo intero".

Però i cenni storici sul caffè non sono molti e questo nonostante fossero molto attivi i commerci e non fossero pochi gli occidentali che nei loro viaggi avevano attraversato le terre d’Oriente facendone degli accurati resoconti.

Fu Leonhard Rauwolf, medico, botanico e viaggiatore tedesco, nel XVI secolo, il primo europeo a confermare l'esistenza del bunchum.

 

Storia del caffè: I Sufi e il caffè

I Sufi, detti anche “dervisci”, sono persone che praticano una visione mistica dell'Islam.

Secondo alcuni storici, questi fedeli che cercano un rapporto diretto con Dio, esisteva già prima di Maometto e successivamente si convertirono all'Islam.

I primi sufi praticavano esercizi spirituali molto intensi che comprendevano momenti di astensione dal cibo o dal sonno. Erano pratiche di meditazione molto simili a quelle dei cristiani e soprattutto dei buddisti.

Non sempre furono ben accetti dall’Islam ortodosso che invece pretende un’applicazione molto stretta alle parole di Maometto. Il famoso saggio sufi Al Hallaj, nel X secolo, pronunciò parole come “io sono il vero, ovvero Dio” e per questo fu condannato a morte per blasfemia.

Il contrasto far i saggi sufi e gli ortodossi dell’Islam emergerà più volte anche lungo la storia del caffè in questa religione, ma il sufismo già dal XII secolo sarà comunque una presenza nella società molto forte tanto da cambiare il mondo islamico sotto più aspetti.

I sufi formeranno delle confraternite e ordini religiosi molto simili a quelli cristiani che praticavano la recitazione di preghiere collettive. C’erano grandi maestri e allievi che vegliavano, pregando, notti intere. Ebbero molto presa sulle popolazioni e contribuirono a diffondere l’Islam anche nell’Africa sub-sahariana.

Il contributo dei Sufi

Furono probabilmente i sufi in Etiopia a scoprire l'utilità del caffè per rimanere svegli e quindi aiutarli nelle meditazioni e nelle preghiere che a volte duravano notti intere.

Si presume che di questa usanza, così utile per loro, ne informarono i loro fratelli in altre terre.

Fra primi ad essere messi a conoscenza delle virtù della pianta etiope vi furono i vicini sufi d'Arabia ed, in particolare, coloro che vivevano nello Yemen, ma certamente anche quelli che abitavano le terre a nord dell’Abissinia, come nel Sudan e in Egitto.

E, a questo punto, la storia del caffè si lega a tre mistici sufi che appartengono alla sfera del sufismo yemenita.

Il più noto Alí ibn Umar al- Shadhili, (vissuto nello Yemen circa nel 1425) considerato il "Santo dei Moka" (Mocha) e, pertanto, il santo patrono dei contadini e bevitori di caffè. Pare fu proprio al-Shadhili a renderne l’uso una tradizione popolare nello Yemen.

Ben Muhammad Said al Dhabhani, giurista, avrebbe invece avuto l'opportunità di provare la bevanda in un viaggio fatto in Etiopia attorno al 1470 e l'avrebbe poi diffusa nell'Arabia Felix.

Il terzo è il santo Abú Bakr al-Aydarus vissuto attorno al 1508 nella città di Aden per venticinque anni della sua vita.

La vita di questi personaggi è più legata al mito che alla storia.

Umar al-Shadhili fra le leggende del caffè

È comunque su Umar al-Shadhili che si accavallano le più numerose leggende relative al caffè.

In alcuni racconti su questa mistica figura yemenita si dice che scoprì il caffè digiunando nel deserto, in altri che gli fosse stato svelato dall’Arcangelo Gabriele e in altri ancora che grazie ai frutti di questa pianta sia sopravvissuto ad un ingiusto esilio.

Esiste anche un racconto nel quale il maestro sufi, dopo aver aiutato dei marinai portoghesi gli abbia anche consigliato loro l’uso della bevanda chiamata qahwa e che questo abbia dato inizio alla diffusione in occidente.

La realtà, probabilmente, è che i suoi discepoli, che raggiunsero anche la Spagna, abbiano portato con sé questa bevanda e i suoi frutti utilissimi per la meditazione. Di certo uno dei seguaci della setta si trasferì ad al-Makkha (Mocha).

In questa città, secondo alcune fonti, alla fine del XV secolo alcuni sufi dell’Arabia meridionale, avevano pensato di coltivare la coffea nello Yemen per averne una più comoda disponibilità.

Quando questo accadde la vicinanza creò certamente un maggior numero di appassionati che ne aumentarono il consumo e la richiesta diede un grande impulso alla produzione.

Secondo un’altra teoria il caffè che veniva consumato fino al 1550 proveniva esclusivamente dall’Etiopia, dove era raccolto e non coltivato.

Questo sistema è ancora usato in Africa con alcune piante di caffè della specie Robusta che crescono spontaneamente vicino a molti villaggi dove le raccolgono per ottenerne, dalla vendita, un reddito supplementare per sopravvivere.

Lo storico turco Ahmed Rashid (fine XIX secolo) dice fu Ozdemir Pascià che, intorno al 1550, introdusse la pianta nello Yemen per sostituire la coltivazione di qat il cui consumo era stato vietato e le cui foglie vengono ancora oggi masticate dagli yemeniti.

 

Storia del caffè: La Mecca e la prima diffusione

Sufi dello Yemen si spostarono anche a La Mecca sia per compiere i propri obblighi religiosi sia per diffondere le proprie credenze e con i propri viaggi contribuirono alla diffusone del consumo di caffè.

È facile capire che i pellegrini che giungevano nella città e che provavano questa bevanda scura, poi desiderassero riportarne con sé abbastanza da farla provare ai propri amici e vicini al ritorno a casa.

Un’analisi degli inventari delle merci di alcuni pellegrini e commercianti deceduti nei pressi di La Mecca ha mostrato un discreta presenza fra le merci del caffè.

Fra datteri, spezie e tessuti si trovavano qahwa, bunn, o qishr, tutte parole che indicavano le ciliege del caffè o la buccia seccata.

La storia del caffè: I turchi ottomani e la prima diffusione

Il XVI secolo fu decisivo per la diffusione dell’abitudine al consumo della bevanda. Vari fattori contribuirono a questo.

I turchi ottomani estesero il proprio dominio su gran parte del mondo arabo raggiungendo anche il Mar Rosso.

I cambiamenti politici ed economici che sopravvennero nel Mediterraneo e in tutto l'Oceano Indiano nel corso della seconda metà del XVI secolo favorirono la ripresa del commercio delle spezie con l’Oriente stimolando anche la diffusione del caffè del quale lo Yemen era, nel frattempo, diventato il principale produttore.

La corrente religiosa dei sufi ebbe modo di estendersi più agevolmente per tutto il territorio dell’islam che includeva anche buona parte della Penisola Iberica. Ma dopo la conquista di Granada da parte dei Re Cattolici nel 1492 il consumo da lì scomparve velocemente.

I cristiani non li sostituirono nel consumo e quindi non ne sentirono più parlare fino a buona parte del XVII secolo.

             

Storia del caffè: Il caffè e la legge islamica

Nei primi anni del XVI secolo il caffè era abitualmente consumato al Cairo (al-Qāhira) dove l’avevano portato i sufi yemeniti dell'Università di Al-Azhar.

I luoghi dove si consumava la bevanda erano molto numerosi, ma in questi locali si finì anche per cantare e ballare fatto che rese sospetta l’assunzione agli occhi dell’Islam ortodosso.

La storia del caffè e la difficile strada del "vino dell'Islam"

Nel 1511 Kha’ir Beg era ispettore dei mercati, inviato del Sultano da La Mecca, e mussulmano ortodosso.

Al Cairo vide che molti fedeli assumevano la bevanda e, negli effetti dovuti alla caffeina che produceva trovò qualcosa di sospetto.

La bevanda era venduta pubblicamente anche a La Mecca e spesso usata per protrarre le preghiere, ma nei locali al Cairo l’eccitazione che produceva portava a comportamenti riprovevoli secondo l’inviato del sultano.

Kha’ir Beg convocò un’assemblea di giuristi e fece esaminare le conseguenze che provocava l’assunzione della bevanda e, pur con l’opposizione di alcuni saggi, emanò un editto per fermare la distribuzione del caffè e ne inviò la comunicazione al sultano.

I saggi sostenevano che gli scandali che si verificavano nei locali in cui il prodotto stesso era stato venduto non giustificavano la proibizione perché il frutto dell'albero Bunn (caffè) era anche usato dai sufi per pregare.

Kha’ir Beg finì per vietare il suo utilizzo in pubblico e in privato nel 1511 e, con tale azione, in questa data abbiamo così:

 il primo documento ufficiale che si riferisce chiaramente al caffè.

Il sultano non rimase contento della scelta del proprio inviato e revocò l’editto.

Si deve considerare che ormai il caffè era diventato un importante prodotto di scambio e la sua proibizione avrebbe pregiudicato diversi interessi ed, inoltre la proibizione aveva suscitato diverse proteste popolari.

Il pericolo nel Caffè

L'atteggiamento dei consumatori della bevanda era ancora troppo sospetto agli occhi dei puritani che ne contrastarono la diffusione in pubblico.

Il numero delle taverne tuttavia continuava a crescere e così anche il numero dei comportamenti notturni riprovevoli.

Alcuni “poliziotti”, troppo zelanti pare, procedettero all'arresto di alcuni consumatori giungendo persino alle case private per il sequestro del caffè.

Questo provocò, per reazione, molti disordini che terminarono solo con un maggiore tolleranza verso il consumo della bevanda.

Verso la seconda metà del XVI secolo il consumo della bevanda al Cairo si era ormai stabilizzato.

Alla fine il suo uso divenne vietato quando associato a comportamenti condannati dalla legge islamica, ben apprezzato per i benefici che donava nella preghiera e, sostanzialmente, tollerato all'interno delle taverne.

I luoghi di consumo si allargarono per tutto l’oriente e nel 1554 raggiunsero le città di Damasco e Aleppo estendendosi a tutta la Siria.

Nel 1555 le prime sale di consumo giunsero a Costantinoli (o Istambul) dove già nel 1570 ve ne erano più di seicento.

Le prime caffetterie ad Istambul, chiamate qahveh o khaveh, potevano essere piccoli spacci con posti all’aperto per il consumo anche sul posto o grandi locali con giardini frequentati dalle più alte personalità della città dove la preparazione della bevanda cominciò a diventare un'arte.

     

Storia del caffè: i primi locali

Dopo che ad Istanbul, intorno al 1555, erano sorte le prime caffetterie con il nome di qahveh o khaveh, agli inizi del XVII secolo “il vino d’Arabia” (anche conosciuto come vino dell'Islam) giunse infine in Europa.

Nacquero le “botteghe del caffè”: a Parigi e Londra erano oltre 300, nel 1720, in piazza San Marco nasceva il caffè Florian.

In Inghilterra i primi luoghi di consumo di caffè, i coffeehouse, nacquero a partire dal 1650.

Ma un po' in tutta Europa questi caffè, (alcuni di questi locali storici esistono ancora oggi) stavano già nascendo e diventando spesso luoghi di diffusione delle idee liberali.

Erano frequentati da letterati e filosofi che diffusero, con il loro prestigio, l'uso di questa bevanda nel vecchio e anche nel nuovo continente.

Alcuni mercanti marsigliesi già nel 1644 avevano introdotto in Francia il caffè. Il successo fu tale che a Marsiglia, nel 1671, alcuni privati inaugurarono la prima bottega pubblica per il consumo della bevanda.

In Germania la prima caffetteria nasce nel 1679 ad Amburgo, altri locali apriranno in seguito a Francoforte, Lipsia, Norimberga, Berlino.

Nel 1684 Franciszek Jerzy Kulczycki, ex soldato polacco a Vienna per combattere l'assedio dei Turchi, dopo la vittora degli austriaci, aprì la prima bottega del caffè, fra le prime in Europa, utilizzando i sacchi che contenevano i frutti abbandonati dall'esercito ottomano in fuga.

Vicino al teatro della “Commedie Francaise”,nel 1686, nasceva la più antica bottega ancora esistente d'Europa: il “Cafè Procope”.

Questo locale sarà luogo d'incontro prediletto di filosofi, artisti, sociologi;

qui hanno discusso personalità come Diderot, Fontanelle, Voltaire facendone il locale letterario per eccellenza.

Nel 1689 venne inaugurato, a Boston, la prima caffetteria degli Stati Uniti, il London Coffee House.  

     

Storia del caffè: La divulgazione della coltivazione del caffè

Il caffè, sempre più richiesto, iniziò ad essere coltivato nelle colonie britanniche e olandesi.

Gli olandesi portarono la pianta nella la Guiana Olandese (attuale Suriname) da dove penetrò infine in Brasile.

Nel paese più esteso dell’America Latina vennero create le prime piantagioni nel 1727.

Nel 1720 Gabriel de Clieu, ufficiale della marina francese, riuscì a portare una piantina di caffè nella colonia francese della Martinica e da lì, nei decenni seguenti, le piante si diffusero rapidamente in tutto il Centro America.

Oggi il caffè e la sua componente principale, la caffeina, sono largamente utilizzati e venduti in tutto il mondo.

L'importanza della pianta risiede anche nella molteplicità di impieghi e non solo nell'uso come bevanda, che ne ha facilitato la diffusione commerciale.