Comunismo e hikikomori
2020- 2050 Daisetzu, la storia di un hikikomori
Nasce nel 2020, durante la pandemia, un giovane ragazzo di nome Daisetzu a Tokyo. Il Giappone come tutte le altre nazioni del mondo ha dovuto fare le sue chiusure, interrompere il normale corso delle lezioni, fare lo smarthworking.
Comunismo e hikikomori
Il Giappone non ha avuto grossi problemi con la pandemia come altri Stati. Certo loro non si stringono la mano, si inchinano. Loro erano già abituati a portare la mascherina. Ma il problema è un altro: un mondo di hikikomori che da parecchi anni sono in aumento. La pandemia porta questo problema alle stelle.
Proprio nel periodo della piena pandemia Daisetzu frequentava le elementari. Il primo anno delle elementari è il momento in cui si incominciano a fare le prime amicizie e a conoscere le prime persone. Lui, però, non ha potuto farlo, perché c’era la pandemia e doveva stare in casa e collegarsi dal computer.
Quelle poche volte che aveva incontrato delle altre persone, non era abituato a rapportarsi con loro e quindi aveva finito spesso per sentirsi in imbarazzo senza sapere bene cosa fare.
Nella prima fase aveva semplicemente poche relazioni e una vita sociale quasi inesistente. Poi però quando ha incominciato a conoscere la discriminazione e il bullismo a scuola, le cose sono cambiate.
Si sentiva continuamente giudicato. Ogni volta che usciva di casa gli sembrava di vedere persone che ridessero di lui.
Gli anni passano, fa le scuole superiori, ma nulla cambia. Si isola e trova rifugio solo nei libri, usando i libri come mezzo di fuga da un mondo che non comprende.
Si era anche innamorato un paio di volte, ma le sue relazioni con le ragazze erano del tutto inesistenti. Perché già parlava poco con gli altri, tanto meno con l’altro sesso.
Una volta aveva visto una ragazza che gli piaceva molto, dopo un po’ di tempo si era fatto avanti, l’aveva salutata e gli aveva detto qualcosa come ‘Ma occhi belli che hai!’.
Lei lo aveva guardato male, come si guarda un uomo violento e gli ha risposto che gli faceva schifo, che lo considerava un mostro e di andarsene. Si sentiva spesso giudicato dagli altri, questo è stato un altro motivo di isolamento.
Aveva visto molta ingiustizia nel suo mondo. Per esempio vedeva che i ragazzi più cattivi e forti dettavano legge nella sua classe, sottomettendo i più deboli e che le ragazze amavano proprio questi ragazzi. Questo sistema, che lui considerava fascista, lo portava a convincersi che noi viviamo in una società profondamente diseguale.
Nei suoi periodi da solo aveva incominciato a leggere libri particolari: il libro delle guardie rosse di Mao, Stato e rivoluzione di Lenin, alcuni testi di Che Guevara, alcuni libri di marxisti.
Tutti questi libri che cercava sempre di approfondire di più lo portavano a pensare che poteva esistere un altro mondo. Si era convinto che il sogno comunista fosse il più antico sogno umano di una società fatta di persone uguali, dove tutti gli uomini potessero essere effettivamente liberi e felici.
Leggeva con avidità la propaganda di Mao, quest’uomo che aveva detto ai giovani cinesi di distruggere tutto il vecchio per creare il nuovo, che un nuovo mondo doveva nascere dalle ceneri del vecchio.
Daisetzu si stava sempre di più convincendo della necessità di una trasformazione della società giapponese.
Gli hikikomori stavano subendo una grande ingiustizia, il mondo giapponese era attraversato da un meccanismo di grande concorrenza e molti uomini erano sempre più tagliati fuori.
Questo meccanismo di concorrenza del capitalismo era alla base dell’incapacità dell’hikikomori di essere competitivo con gli altri.
Il capitalismo ha le sue vittime: tutti quelli che lascia indietro e che escono sconfitti dalla grande battaglia della concorrenza sul piano economico.
Daisetzu aveva incominciato a chiudersi in casa solo dopo che, avendo tentato di entrare all'università, aveva fallito l’esame di ingresso e si sentiva un completo fallito. Prima zoppicava con i voti a scuola.
Non gli interessavano tanto le materie, lui leggeva solo i libri che più lo stimolavano. Ma non aveva troppi problemi con lo studio, semplicemente si teneva sulla sufficienza.
I genitori erano molto preoccupati di lui, non sapevano bene che fare.
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Avevano provato da tempo a parlargli, ma erano privi loro stessi degli strumenti per affrontare un mondo che loro stessi non comprendevano. Hanno portato loro figlio in uno di quei centri di recupero per hikikomori.
Non si sono sforzati nemmeno di cercare di capirlo, semplicemente hanno reagito per paura. ‘Non vogliamo tenerci un figlio fallito in casa per il futuro’ dicevano i genitori.
E così, senza preavviso, un giorno, un giapponese che a Daisetzu sembrava un nazista della Gestapo, lo ha preso con la violenza e lo ha portato in un centro di reclusione.
Soggettivamente Daisetzu vedeva quel centro come un lager, ma allo stesso tempo era troppo spaventato dal mondo esterno. Nonostante tutto, lui aveva trovato un modo per sopravvivere in quel centro, perché aveva scoperto una biblioteca e poi c’era internet.
Nel centro cercavano di rieducare gli hikikomori, facevano anche dei corsi professionali per tentare di reinserirli nel mondo lavorativo.
Il problema è che tutto funziona molto male e di fatto molti ragazzi passano lì il tempo a rimbambirsi davanti agli schermi dei computer.
Daisetzu dai 18 sino ai 30 li passa richiuso, i primi tre anni in casa e gli altri 7 in quel centro.
Molto tempo lo passava tra corsi di recupero, tentativi di reinserimento, le sue solite letture e internet, il suo unico contatto con il mondo esterno.
Un giorno, girando tra i vari siti, capita su un forum strano. Il forum si chiama: Armata rossa giapponese.
Daisetzu scopre questo forum e se ne innamora subito.
Si tratta del forum ufficiale di un gruppo di comunisti di Tokyo che hanno aperto il sito per creare una rete comunista di tutto il Giappone e permettere a tutti di conoscere le iniziative del gruppo.
Daisetzu aveva scoperto che questi avevano dei centri in diversi quartieri di Tokyo e in molte altre città come Kyoto. Aveva anche scoperto che avevano in progetto di costruire un partito comunista che si chiama ‘Alba rossa’ e che volevano portarlo alle prossime elezioni.
Daisetzu si era iscritto al forum, ma era sempre rimasto una persona in incognito sotto lo username Dai Tse Tzung.
Non comunicava molto con gli altri membri del forum, si limitava molto spesso a leggere. In quei sette anni aveva scritto i suoi quaderni del carcere come il nostro buon compagno Gramsci, una serie di appunti in cui teorizzava la società del futuro.
Era convinto che la gente di quel posto avesse un sacco di buona volontà, ma che ci volevano idee nuove e soprattutto le sue idee.
Questi appunti nascevano anche dal fatto che era riuscito a trovare una versione della conferenza di Frank Begehren in formato video online, caricata da qualche sconosciuto.
Di Begehren gli piaceva molto la sua interpretazione del desiderio in un senso sociale.
In quegli anni aveva anche trovato una copia dell’Anti-Edipo tradotta in giapponese, un libro di cui si era innamorato a prima vista, la prima volta che ne aveva sentito parlare.
Daisetzu, dal suo canto, era convinto che lui, come hikikomori, era il depositario di un grande desiderio, il desiderio di creare una società più giusta.
Un giorno sul forum era comparso l’annuncio di un appuntamento fisico in uno dei centri di incontro dei compagni dell’armata rossa giapponese, un incontro in cui si sarebbe parlato del partito ‘Alba rossa’ e ci sarebbe stato anche il grande Nakamura, il capo supremo del gruppo dell’armata rossa giapponese.
La cosa che gli sembrava sconvolgente era che questo incontro sarebbe avvenuto anche in un posto non molto lontano dal suo centro. Era incredibile, per la prima volta aveva una voglia assurda di uscire, di scappare via. Lui doveva esserci a tutti i costi a quell'evento. E così fu!
Il gruppo si era radunato dentro una stanza di un palazzo della periferia di Tokyo.
C’era un sacco di gente che veniva all'incontro. Diversi ragazzi felici, vestiti di rosso, alcuni con delle birre in mano. La folla era esplosa quando da una macchina nera era uscito un giapponese con i capelli neri lunghi assieme ad una donna, anche lei giapponese.
Era Nakamura, non poteva crederci, lui che stava nascosto in un angolo, mentre guardava la folla. Nakamura era il capo del gruppo armata rossa giapponese.
Si tratta di un uomo sui trent'anni che da molto tempo aveva sposato la causa del comunismo in Giappone.
Era nato a Nara, la vecchia capitale storica del Giappone. Si era trasferito a Tokyo per studiare economia all'età di 20 anni e aveva creato un’impresa di lavoratori, in stile cooperativa, per la produzione di pezzi per robot.
Nakamura era proprio il contrario di un hikikomori.
Lui era un uomo molto estroverso, un grande avventuriero che non aveva paura di fronte alle sfide della sorte. Dopo la laurea in economia, siccome non voleva lavorare per il capitalismo, ma per la costruzione di un modello alternativo, decise di creare una sua impresa, nella quale avrebbe provato ad applicare i principi del socialismo.
La sua azienda di robotica ed elettronica non era propriamente sua, tutti i lavoratori ne erano azionisti e ne possedevano delle quote, nonostante la sua fosse più grande di quella degli altri.
Non c’era qualcuno che prendeva decisioni da solo, ma sempre tenendo presente la voce di tutti gli altri.
L’impresa, dunque, assomigliava ad una grande cooperativa di lavoratori, dove i mezzi di produzione erano nelle mani dei lavoratori stessi. La sua azienda aveva attratto diverse persone che volevano discutere del suo modello e di una sua possibile diffusione.
Era proprio da quel momento che era nata l’armata rossa giapponese.
Nakamura aveva conosciuto anche i membri del PCG (Partito Comunista Giapponese), però era un partito che non gli piaceva. Non gli piaceva perché considerava quel partito come fallimentare nelle sue politiche, non abbastanza radicale da volere la rivoluzione e completamente vecchio, dunque incapace di rinnovarsi.
Secondo Nakamura ci vuole qualcosa di nuovo per cambiare le cose e bisogna agire subito, creando dei centri di quartiere.
Inizialmente era nato uno di questi centri di quartiere a Nara, la sua città natale, poi ne erano nati altri tre a Tokyo e infine almeno due a Kyoto. Questi centri erano gestiti di solito da amici o da compagni di Nakamura.
Nel tempo Nakamura si era fatto una cultura comunista e marxista leggendo il capitale di Marx e interessandosi di tutte le problematiche affrontate dalla sinistra: neocolonialismo, ambientalismo e femminismo.
Il suo libro preferito era l’Anti-Edipo di Deleuze e Guattari, il libro sul desiderio.
Quel libro gli aveva aperto la mente e lo aveva portato ad interessarsi di tematiche legate ai transessuali. Aveva visto che esistevano gruppi di transessuali in Giappone che non riuscivano a trovare lavoro ed erano fortemente discriminati.
Così aveva incominciato a fare delle campagne con il suo gruppo per aiutare queste persone. Aveva avuto diverse ragazze in passato, ma tutte lo avevano lasciato per un solo motivo: era comunista e non volevano immischiarsi in certe faccende politiche.
Ma un giorno Nakamura, a 27 anni conosce una ragazza trans giapponese che si era avvicinata al gruppo e se ne era innamorato.
Da quel momento lui era fidanzato con una trans, il suo nome è Hideko. La donna che era uscita dalla macchina assieme a lui era, appunto Hideko. Nella folla c’era molta gente, ma sopratutto c’erano i compagni più stretti di Nakamura: gli economisti del gruppo.
Quando tutti incominciarono a salire la scala del palazzo per entrare nella stanza dove si sarebbe svolta la riunione, anche Daisetzu si butta nella folla cercando di non farsi troppo notare.
Quando erano tutti entranti nella grande stanza, vedeva gli uomini e le donne salutarsi con ‘compagno’ e il pugno chiuso della mano sinistra.
Questo era tutto strano e molto bello allo stesso tempo. Lui che non aveva alcun amico, incominciava ad entrare in un gruppo in cui erano tutti ‘compagni’. Il suo forte senso di solitudine gli sembrava del tutto annullato.
Nakamura si era seduto al tavolo per parlare del programma di Alba rossa, il nuovo partito comunista.
Loro non erano moderati come quegli altri del PCG (Partito Comunista Giapponese), loro volevano la trasformazione vera del paese.
Se anche avessero vinto le elezioni, poi dovevano trovare un modo per avere il maggior potere di azione e togliere di mezzo l’imperatore che, per quanto non abbia grandi poteri, certamente gli avrebbe ostacolati.
Il Giappone da molto tempo va avanti con delle politiche conservatrici del partito democratico liberale (PDL) e sono queste le politiche che loro devono attaccare.
Il Giappone è un mondo che ha perso completamente la sua strada, si è venduto al capitalismo, alla mercificazione più totale.
Gli anime giapponesi sono l’immagine di un finto paradiso del Giappone venduto agli occidentali per conquistarli, ma sotto le apparenze, anche in questi grandiosi prodotti si nasconde una critica alla società giapponese stessa.
Death Note e le brame di potere di Light, Code Geass e la società dell’esaltazione dell’inuguaglianza, Naruto il ninja ribelle, ecc. Alba rossa non avrebbe usato le armi in senso stretto, non è nello stile dei giapponesi, i quali si sono rifiutati di avere un esercito.
Bisognava usare un’altra arma: la lotta di classe.
In un mondo dove un uomo si suicida perché è arrivato in ritardo al lavoro, la pressione del capitalismo è troppo alta.
Se solo si potesse far sorgere quel sentimento di ingiustizia nelle persone, quel sentimento di indignazione, quella sarebbe la miccia per scatenare la vera lotta di classe. Bisognerebbe far capire alle persone che un cambiamento nella società è davvero possibile.
Durante tutto l’incontro Nakamura aveva parlato di queste cose e poi avevano parlato i vari economisti del gruppo di un piano per cambiare l’economia e trasformarla in pianificata.
L’idea era quello di un largo impiego delle nuove tecnologie, quali l’intelligenza artificiale, per costruire un’economia pianificata basata su algoritmi.
Al termine del discorso, dal momento che Nakamura conosceva tutte le persone presenti, non ci aveva messo molto a capire che c’era un giapponese là in mezzo, di circa trentanni che era nuovo.
Non aveva detto nulla durante la conferenza, ma proprio alla fine, ecco che pronuncia queste parole: Compagni! Abbiamo un nuovo visitatore o mi sbaglio?
Tutti si erano voltati verso Daisetzu. Daisetzu era spaventato, voleva scappare, ma non poteva farlo.
Dietro di lui c’erano altri uomini che gli impedivano di passare e quando Nakamura aveva chiesto di portargli il ragazzo, loro lo avevano preso e messo a sedere davanti a Nakamura.
Nakamura e Hideko lo guardano per un attimo, poi Nakamura gli chiede: da dove vieni compagno?
L’hikikomori non rispondeva, ma dopo un po’ disse che veniva da un centro li vicino. Dopo un po’ di tempo era venuto fuori che li vicino c’era un centro per hikikomori e che lui era uno di quelli.
Nakamura non si era mai interessato veramente di hikikomori, lui era troppo diverso da loro.
Ma questo hikikomori aveva iniziato a piacergli.
Forse era diverso dagli altri, era venuto sino a qui! Come aveva fatto? Cosa lo aveva spinto?
Aveva capito che il ragazzo non voleva tornare in quel centro e che forse sarebbe stato più giusto per lui non tornarci più. Forse lui poteva salvare anche uno di quegli hikikomori.
Così al termine della seduta aveva deciso che sarebbe venuto con lui. Questa cosa venne vista come una sorta di rapimento da parte dei genitori del ragazzo. La polizia ne cercava le tracce, ma sembrava che il ragazzo fosse del tutto scomparso.
2050- 2055 La propaganda comunista
Daisetzu ora era diventato un membro effettivo dell’armata rossa giapponese e aveva anche incominciato a lavorare per l’azienda di Nakamura, ma come semplice dipendente.
Nel frattempo Nakamura aveva incominciato a leggere i quaderni che Daisetzu aveva in borsa.
Era rimasto colpito dalla sua capacità di analisi e si stava convincendo che la vera miccia che avrebbe fatto scattare la lotta di classe poteva essere proprio il tema degli hikikomori come le principali vittime del capitalismo e della società delle disuguaglianze.
In un momento di illuminazione, gli venne in mente questo: dato che lui voleva costruire anche una casa editrice, Daisetzu avrebbe potuto scrivere un grande libro per lui.
Si trattava di scrivere una versione giapponese dell’Anti-Edipo, ma questa volta diversa.
Il libro sarebbe partito da presupposti simili, avrebbe avuto al centro il tema del desiderio. Tuttavia questo libro come vittima, prodotto e rifiuto del capitalismo non doveva mettere al centro lo schizofrenico, ma l’hikikomori.
A Daisetzu piacque molto questa idea e da quel momento, ogni sera per almeno due anni, si era messo a scrivere questo testo.
Si intitolava “Il comunismo del desiderio”, era un libro che descrive perfettamente una società basata su una disuguaglianza derivata dalla differente possibilità di realizzazione del proprio desiderio.
Il capitalismo è una macchina che sfrutta il desiderio umano per creare merci, generare denaro e profitto.
La macchina capitalistica è una trappola che impedisce al desiderio di realizzarsi veramente nel mondo sociale e nelle relazioni con gli altri. Al contrario la macchina capitalista intrappola il desiderio nel labirinto delle pulsioni e del consumismo.
All'uomo per essere felice servono solo due cose: l’amore degli altri e il rispetto sociale.
Costruendo una società in cui il desiderio è finalmente liberato dalle false immagini del capitalismo e del consumismo, per tornare al suo vero oggetto, un mondo senza uomini soli e uomini single, un mondo basato sul valore della vita e del rispetto reciproco, si sarebbe realizzato il comunismo del desiderio.
La maggior parte del libro parla di hikikomori come una classe sociale di individui oppressa e descrive una società divisa a livelli sulla base del successo, la vita sociale, le opportunità sessuali, ecc.
Gli hikikomori nel libro erano il proletariato che doveva abbattere questo sistema di classi.
Lo scopo è la realizzazione sociale del desiderio. Il desiderio si scinde, nella teoria di Lacan, in desiderio di rispetto (domanda di riconoscimento) e desiderio d’amore (domanda d’amore). Una società comunista del desiderio deve il più possibile orientarsi al soddisfacimento di queste due grandi domande sociali dell’uomo e del suo desiderio.
La lotta di classe degli hikikomori e per gli hikikomori doveva significare la fine complessiva delle disuguaglianze sociali.
Il testo era uscito nel 2052 in Giappone dalla casa editrice ‘Mura edizioni’ con il nome di Daisetzu e senza un cognome.
I genitori di Daisetzu avevano perso le speranze di ritrovare il loro figlio, ma quando era uscito libro, quello era un segno che forse da qualche parte era ancora vivo e che forse quella era la prova che finalmente aveva trovato una sua realizzazione.
Il libro aveva suscitato molta polemica, ma allo stesso tempo era riuscito a vendere diverse copie, anche fuori dal Giappone.
Le critiche erano più o meno queste: il libro è solamente utopista; il libro è scandaloso perché incita alla libertà sessuale, in senso socialista; si tratta di un manifesto pericoloso da parte di un radicale hikikomori estremizzato.
Contro le critiche era uscita un articolo su giornale di sinistra che rovesciava il titolo del libro diventando ‘desiderio del comunismo’. In questo articolo l’autore cercava di dimostrare che quel libro dimostra che il desiderio di una società più giusta è più che mai vivo in Giappone.
Nakamura sapeva perfettamente che quel testo non era un piano pratico su come realizzare il comunismo, ma che era solo un testo utopistico, per quanto Daisetzu potesse credere nel contrario. Ma non era questo il punto.
Il punto era che quel testo serviva per la propaganda, per accendere la miccia sul tema degli hikikomori.
È ovvio che ci non sarebbe stata mai nessuna rivoluzione hikikomori, figuriamoci se qualcuno avrebbe mai convinto gente che passa il tempo chiuso in casa a scendere in piazza.
Il vero bersaglio del testo sono i genitori degli hikikomori e tutte quelle persone che vivono quelle problematiche non tanto in prima persona, ma perché hanno parenti che ne soffrono.
Queste persone non sono poche e continuamente si chiedono come sia possibile che ci sia questa piaga, dove sia l’errore o di chi sia la colpa. I veri libri, quelli seri, arriveranno più avanti e saranno quelli che scriveranno i suoi compagni economisti, pensava Nakamura.
Già, ma come vincere le elezioni se non sei nessuno? Nakamura aveva un piano.
Il primo piano era quello di creare delle pagine sui social dove costruire dei contenuti che avrebbero avuto come unico scopo da un lato quello di provocare una forte indignazione e dall'altro muovere una propaganda per far capire che un mondo diverso dal Giappone attuale è possibile.
Prendevano dei fatti che succedevano in giro, per esempio: un uomo si è ucciso perché è arrivato in ritardo al lavoro; un ragazzo diventa hikikomori dopo aver subito anni di bullismo a scuola, le insegnanti non hanno fatto nulla; il governo ha deciso di tagliare i fondi per le scuole.
Ogni messaggio negativo era contrassegnato con un messaggio “Indignati per questo”.
C’erano anche alcuni raduni nelle piazze di gente indignata per la notizia del giorno.
Non si attribuiva mai la colpa ad un singolo individuo, era sempre colpa del governo neoliberista, del sistema oppressivo o del capitalismo.
Quando passavano le notizie di propaganda, invece, si vedevano immagini positive come: questo sarebbe il mondo se non ci fosse il problema hikikomori (si vede un prato con giapponesi felici che socializzano); questa sarebbe la tua casa se tutti guadagnassero lo stesso stipendio (si vede una bella villa con giardino). In fondo c’era scritto ‘sostieni il partito alba rossa e questo diventerà realtà’ con una bandiera giapponese con la falce e il martello.
Questo era solo l’inizio. Bisognava trovare soldi, bisognava coinvolgere la gente.
Nakamura aveva incominciato a organizzare degli incontri per far conoscere alla gente i sostenitori del partito, quali erano le loro idee. Avevano incominciato una campagna anche di volontariato, per cercare in ogni modo di essere vicini alle persone.
Nel mentre Nakamura raccoglieva soldi per finanziare il partito con donazioni degli eventi o semplicemente perché riusciva a fare pubblicità della sua azienda e quindi a vendere di più.
Ma era evidente che tutto questo non sarebbe bastato. Anche se stavano comunque conquistando una certa popolarità, comunque non potevano semplicemente contare su quello, oppure usare i soldi dell’azienda, con il rischio di farla fallire.
Così un giorno gli amici più fidati di Nakamura erano andati da Nakamura per chiedergli se fosse tutto qui o se ci fosse dell’altro.
Perché se era tutto qua, molto probabilmente sarebbe tutto fallito.
Nakamura, quel giorno, gli confidò un segreto che non avrebbero dovuto dire a nessuno: lui aveva in mente di chiedere il supporto del governo cinese. I cinesi gli avrebbero dato i soldi e lo avrebbero sostenuto nella sua lotta.
Questo doveva funzionare perché i cinesi sono chiaramente orientati al comunismo e perché la Cina avrebbe guadagnato parecchio dal fatto che un paese come il Giappone, che è sempre stato con gli americani, passasse dalla loro parte.
Nakamura aveva in mente un futuro rosso e socialista per l’oriente. Il sol levante è appunto un sole rosso. L’alba rossa del Giappone sarebbe stato il suo risveglio come paese comunista.
I compagni di Nakamura gli avevano chiesto come avrebbe fatto una cosa del genere e proprio in quel momento aveva acceso il telefono per chiamare un membro del PCC (Partito Comunista Cinese) per riferirgli quello che aveva in mente. Purtroppo, anche per via del vivavoce, le risate del politico cinese si sentivano molto forte. Il primo tentativo era fallito.
Nei mesi successivi l’armata rossa giapponese si era impegnata per fare qualcosa di grosso, perché pensavano che in questo modo sarebbero stati notati dalla Cina.
In quei mesi avevano organizzato diversi grossi eventi, proteste in giro e manifestazioni. Il gruppo stava incominciando a diventare pericoloso agli occhi del governo giapponese.
Il culmine è stato quando, uscendo la notizia che c’era un centro dove si diceva che gli hikikomori erano tenuti in cattive condizioni e maltrattati, loro hanno assaltato letteralmente il centro per liberare gli hikikomori.
A quel punto ci sono stati numerosi arresti. Ma il giorno dopo c’erano un sacco di persone in piazza per chiedere la scarcerazione.
Si diceva che quelli che dovevano essere incarcerati erano quegli assistenti che hanno picchiato gli hikikomori. Gli assistenti sostenevano che lo avevano fatto perché gli hikikomori avevano incominciato a diventare violenti contro di loro. Nonostante questo incominciavano a comparire migliaia di persone in piazza.
Dopo questi eventi, è stato proprio un ministro cinese a chiamare Nakamura sostenendo che la Cina era certamente interessata al partito, che c’era stato un fraintendimento e che avrebbero rivisto la loro posizioni, ma a delle condizioni:
1) Se avessero vinto, il Giappone sarebbe diventato alleato economico della Cina e si sarebbe impegnato in una campagna contro l’asse atlantico.
2) Avrebbero tollerato la presenza di spie cinesi in incognito nel loro suolo. Queste spie sarebbero state le stesse che li avrebbero aiutati nella loro impresa.
3) Nessuno può criticare la Cina, nemmeno in Giappone.
Ecco che nel giro di poco tempo il partito Alba rossa aveva tutti i soldi per la sua campagna. Diverse spie cinesi erano state piazzate in punti strategici, all’interno del sistema giapponese, aiutati da alcuni membri di Alba rossa. Inoltre la Cina punta anche a possibili attacchi informatici al governo giapponese.
2056 Alba rossa e la rivoluzione
2056, dopo anni di lotta, quello era l’anno della rivoluzione, del grande cambiamento.
Alba rossa negli anni era diventato un grande partito che poteva rivaleggiare contro gli altri. Anzi, alle elezioni si pensava che avrebbero vinto di sicuro. Proprio per questo, alcune persone nel Giappone avevano pensato che Nakamura dovesse essere eliminato.
In mezzo a questa questione c’erano di mezzo diverse figure: l’imperatore stesso, vari partiti di destra come il PDL e la yakuza (mafia giapponese). La Yakuza doveva essere l’esecutore dell’operazione, del resto non avrebbe potuto esistere con un governo di estrema sinistra, era intollerabile.
Tuttavia Nakamura era già stato avvisato dai cinesi che certamente lo avrebbero fatto fuori. Così in giro avevano messo un suo sosia.
Nakamura stava al sicuro altrove, aspettando che qualcuno avrebbe fatto una mossa per attaccarlo.
Avevano capito che si trattava di usare questa cospirazione a loro vantaggio e così è stato. Nakamura vince le elezioni. Il giorno delle elezioni fa il suo discorso davanti alla folla. Ma non è lui, è il suo sosia.
Al sosia hanno detto che non correva pericoli, che comunque era ben protetto se qualcuno gli avesse sparato perché aveva il giumbotto antiproiettili e poi perché era circondato da bodyguard.
In realtà era una cavolata, perché l’esecutore della yakuza aveva mirato alla testa e i bodyguard non hanno potuto fare niente. Ma quando venne ucciso, ecco che si mise in moto tutta la macchina del PDL per riprendere il potere.
Stavano facendo delle manovre per cercare di ritornare alle urne, visto che la gente aveva votato un uomo che ora è morto e il Giappone non può essere governato da un morto.
Nel frattempo erano successe un sacco di cose. Un sacco di morti misteriose, alcune da parte della yakuza e altre da parte dei cinesi.
L’intera famiglia dell’imperatore era stata avvelenata, per esempio. Proprio quando il PDL era sicuro di aver preso lui stesso di nuovo le redini del paese, ecco che compare sugli schermi dei televisori un Nakamura vivo e vegeto che racconta la verità.
Nakamura smaschera tutto il piano del PDL e riesce ad attribuire a quel piano un sacco di morti che con quel piano non centravano nulla, come ad esempio la misteriosa morte della famiglia imperiale, la morte di alcuni ministri di destra e alcuni giudici scomodi.
Al termine del grande discorso i cinesi sapevano già dove si nascondeva il criminale della yakuza. Doveva essere arrestato, ma la polizia quando è entrata nella villa degli yakuza aveva trovato un sacco di morti. Un segno che aveva lasciato la Cina per far capire chi realmente comanda.
Il bello è stato che, con l’abile mossa Nakamura poteva sempre dire che tutto questo era l’esito del piano della destra, anche se c’erano diverse cose che non tornavano.
Dopo tutto questo è stato molto più facile per il partito comunista portare avanti le sue politiche.
Il piano del partito comunista con la sua squadra di economisti era quello di portare il paese giapponese verso un regime dirigista con un’economia pianificata. Il piano consisteva nella costruzione di quello che veniva chiamato ‘intelletto generale’.
L’intelletto generale era la grande macchina, un grande computer che avrebbe fatto tutti i calcoli necessari per capire in quale direzione il paese dovesse andare sul piano economico. Questo intelletto generale inizialmente aveva una sede fisica in un grande palazzo di Tokyo nel centro, edificato per lo scopo. Per la realizzazione di questo sistema dovevano essere impiegate le migliori tecnologie: data center, reti neurali, intelligenza artificiale, supercomputer, ecc. Ecco che si erano creati un sacco di posti di lavoro legati a questa grande macchina che doveva essere costantemente mantenuta e riempita di dati.
La pianificazione economica giapponese funziona in questo modo:
1) Ogni imprenditore può aprire la propria impresa, ma non lavorerà mai solo per se stesso, ma sempre per lo Stato. Lo Stato tratta con l’imprenditore, lo finanzia con dei soldi per aiutarlo nella costruzione del suo progetto e allo stesso tempo prende una percentuale sui ricavi.
2) È lo Stato stesso che stanzia dei soldi, a seconda delle esigenze relative al piano economico, per la creazione di imprese di un certo tipo.
3) Essere imprenditori non significa essere i proprietari dell’impresa, significa essere le guide scelte dallo Stato per la sua amministrazione. L’impresa è nelle mani di tutti i suoi lavoratori perché i lavoratori non sono più dei semplici salariati, ma degli azionisti che possiedono quote di impresa e che prendono una parte dei ricavi. Ogni impresa deve cedere tutti i suoi dati all’intelletto generale.
4) La decisione del piano dipende principalmente da due elementi: una votazione da parte del popolo relativamente alla direzione che il piano deve prendere; un’analisi tecnica da parte di economisti, ingegneri e membri del partito, su ciò che è fattibile, più auspicabile e meglio realizzabile.
5) La pianificazione economica non contraddice la democrazia, si basa su di essa. La pianificazione economica non impedisce la libera iniziativa di impresa, purché essa si basi su un accordo tra l’imprenditore e lo Stato stesso.
6) Tutti i calcoli e i dati sono elaborati dall’intelletto generale. L’intelletto generale non decide cosa si deve fare, ma è un ottimo strumento per capire come si può realizzare quello che il popolo giapponese stesso chiede e desidera.
7) Lo Stato è la banca generale del Giappone. Investe soldi in accordo alla pianificazione economica in determinati settori ed è azionista di ogni impresa, prendendo una quota dei ricavi da ogni impresa. In questo modo lo Stato può fare minore affidamento al sistema delle tasse, visto che ha già un grande numero di entrate.
In pratica, per liberare il lavoratore dalla condizione di subordinazione lavorativa e dallo sfruttamento, si è fatto del lavoratore un azionista, una persona che possiede una quota dell’impresa, che lavora per l’impresa, ma non gli viene pagato un salario, gli viene piuttosto corrisposta una quota dei profitti stessi dell’azienda.
Bisogna anche combattere completamente la povertà.
Lo Stato giapponese, come ogni vero Stato comunista, si era posto la piena occupazione come primo fine.
Lo Stato doveva stanziare delle risorse per creare impresa, le persone si sarebbero associate per lavorare nell'impresa come liberi lavoratori possessori delle loro quote d’impresa sotto la guida di un imprenditore che coordinava il tutto.
L’intero sistema politico sarebbe cambiato. Da un lato ci si stava dirigendo sempre di più verso un modello monopartitico, dove i cittadini avrebbero potuto eleggerne i rappresentanti, ma non c’erano altri partiti oltre a quello di ‘Alba rossa’. Tuttavia la democrazia, in questo caso, non si limitava semplicemente alla votazione dei candidati di partito.
A livello locale c’erano un sacco di organizzazioni di quartiere e in ogni singola organizzazione si votavano dei rappresentanti per le politiche locali. Anche per ogni decisione relativamente al piano economico i cittadini erano chiamati al voto. Si votava online su una piattaforma governativa, di modo che non ci fosse nemmeno bisogno di spostarsi e il voto era un’operazione semplice come un like di Facebook. Questo non significa che il voto non fosse pensato.
C’erano almeno diversi canali che parlavano dell’argomento del voto del giorno cercando di sottolineare i pro e i contro, per spiegare bene quali sarebbero state le conseguenze del votare in un modo o nell'altro.
La grande organizzazione locale aveva anche un sacco di altri scopi.
Principalmente doveva cercare di realizzare le condizioni di soddisfazione sociale del desiderio.
Per superare il problema del desiderio, come sta scritto nel ‘comunismo del desiderio’ di Daisetzsu, bisogna fare due cose:
minare alle basi della violenza del desiderio, riducendo la proprietà privata e le disuguaglianze;
creare le condizioni per la realizzazione sociale del desiderio, in quanto il desiderio è sempre dell’Altro.
Riguardo alla proprietà privata non è stata eliminata del tutto, ma lo Stato era dietro ogni cosa.
Era nata una nuova edilizia urbana per cambiare la società. Si voleva costruire un mondo in cui non sarebbero mai più esistiti hikikomori e perciò vennero costruite delle case che non fossero fatte per dividere la gente, ma per fare in modo che la gente potesse incontrarsi.
Molti spazi nelle case erano messi in comune, sopratutto spazi come la cucina. Abbattere le mura e le barriere perché nessuno potesse chiudersi mai più in una stanza.
Bisognava cambiare tutto, bisognava cambiare la scuola. Il mondo doveva essere più accogliente per l’uomo. Bisognava combattere il bullismo nelle scuole e tutti i fattori che avrebbero portato alla discriminazione sociale.
Daisetzsu era cambiato parecchio. Nella fabbrica in cui aveva lavorato aveva imparato l’elettronica e la programmazione.
Dopo la pubblicazione del libro la sua fama si era estesa di molto e si era anche recentemente sposato con una giapponese del gruppo dell’armata rossa.
Ora era diventato il ministro delle politiche sugli hikikomori.
Lui aveva redatto un piano con cui pensava di risolvere il problema degli hikikomori.
Il piano prevedeva un completo rinnovamento del sistema scolastico, il quale non doveva essere più un sistema di concorrenza e non doveva essere un sistema di disuguaglianze, dove i meno bravi rimangono indietro.
Bisogna minare al sistema dei voti e cambiare completamente il modello di educazione.
Era necessario cambiare l’intero sistema sociale. Erano nati diversi club come centri di socializzazione.
I club nascevano su richiesta delle stesse persone. Alcuni gruppi di persone si radunavano per condividere passioni o semplicemente passare del tempo assieme.
Tra tutti questi club ve ne erano alcuni che erano voluti dallo Stato stesso.
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C’erano dei club per lo sport, ma in particolare c’erano i club di incontri che erano dei dating club.
In pratica, lo Stato giapponese per risolvere il problema dei single, del calo delle nascite e dei matrimoni, aveva deciso di investire nella costruzione di un sacco di dating club di quartiere dove le persone avrebbero cercato il/la loro compagno/compagna.
Dove molti avevano immaginato in questa società o un ritorno ad una società retrograda con i matrimoni combinati, o un socialismo sessuale con l’amore libero da parte di tutti e la conseguente abolizione della proprietà privata del corpo, il comunista Nakamura aveva cercato di risolvere il problema in una maniera molto diversa: aumentare le opportunità sessuali dei single, grazie al dating club.
Ogni persona si sarebbe iscritta al club, sarebbe stato schedato e lo Stato avrebbe avuto i suoi dati. Esiste un’intera sezione dell’intelletto generale che era dedicata a capire, con l’intelligenza artificiale, quali persone sarebbero state meglio assieme.
Le persone si sarebbero incontrate fisicamente e avrebbero potuto conoscersi sul posto per capire se c’era reale interesse l’uno per l’altro.
Su questo temi dei club era uscito un articolo sul Times che si intitolava ‘Tutto il potere ai club’ (titolo che riprende l’espressione di Lenin ‘Tutto il potere ai soviet’), che cercava di ironizzare su un comunismo giapponese che tenta di risolvere il problema della socializzazione con dei club di incontri.
Questo non significa che tutti erano felici o che tutti i problemi erano risolti. Ma con chi aveva ancora dei problemi psicologici lo Stato aveva una strategia.
Lo psicologo non veniva più pagato dal privato, ma svolgeva un lavoro gratuito e veniva pagato direttamente dallo Stato.
Gli psicologi di riferimento erano diventati i dottori del desiderio, che inizialmente, venuti dalla Russia, avevano creato una scuola a Kyoto.
Non tutti, infatti, riuscivano a realizzarsi nel mondo in cui intendeva Daisetzu, ne potevano completamente considerarsi soddisfatti nel loro desiderio. Ciononostante, anche in quel caso, avevano la possibilità di essere seguiti e supportati da dei dottori del desiderio.
Non si spendeva nulla e tutti avevano diritto al dottore del desiderio.
La mossa dei giapponesi ha avuto delle conseguenze positive e negative.
Il primo problema era come gestire i dissidenti, ossia chi non era d’accordo con il comunismo. In un primo momento erano persone rispettate, ma che ovviamente soffrivano di un grande vuoto di rappresentanza e questo li aveva portati a diventare ostili contro lo Stato.
Per questo motivo e per via del futuro scontro contro la destra russa, ad un certo punto si era deciso di mandarli via. O meglio, si erano mandati via quelli che non volevano in nessun modo adeguarsi alla nuova società.
Chi era più violento era stato arrestato, altri erano scappati per l’America, sperando di trovare un mondo diverso.
La seconda cosa negativa era la presenza cinese in Giappone. Esisteva una sede dei servizi segreti cinesi proprio in Giapponese e diverse spie che controllavano che non fossero presenti sentimenti anticinesi in Giappone.
Per finire, dopo quello che era successo in Giappone, la Corea del Sud era del tutto indifesa. Era ovvio che sarebbe finita nelle mani comuniste, ma la cosa divertente era il modo.
No, la Corea del Nord non ha invaso la Corea del Sud. C’è stato come un movimento che sembrava venire dal basso, ma che era comunque fortemente supportato militarmente dalla Cina, fatto di gente che voleva una Corea più simile al Giappone comunista, con meno disuguaglianze.
Il movimento era Stato guidato dalla giovane Kwan.
Il fatto che fosse una donna, faceva ancora meno pensare che dietro ci fossero i cinesi e perciò per molti questa idea era perfetta.
Tuttavia anche la Cina ha dovuto pagare il suo prezzo. Proprio in quel paese molta gente, reclamando maggiore democrazia, in un paese dove non esiste nemmeno la libertà di parola, sempre facendo riferimento al nuovo comunismo giapponese, ha incominciato a mobilitarsi.
Così erano nate sommosse popolari dentro la stessa Cina, sommosse che videro emergere la figura di Meng come guida della sommossa.
Il movimento non fu soppresso dai cinesi. I cinesi furono molto intelligenti, avevano promesso a Meng che ci sarebbe stata una transizione e che la Cina sicuramente avrebbe aperto sempre di più le braccia al Giappone, per abbracciarlo meglio, ma la cosa sarebbe avvenuta solo sul lungo periodo.
Con questo erano riusciti a portare Meng dalla loro parte.
2058 L'attentato
La setta del lupo oscuro aveva osservato a distanza tutti gli eventi in oriente e non potevano ammettere il sorgere di una potenza rossa.
Per loro il comunismo era molto più pericoloso di qualsiasi altra cosa, essendo loro di estrema destra.
Pensavano che i giapponesi fossero soli ed indifesi. Sapevano che il Giappone non ha un vero e proprio esercito e certamente non avevano alcuna idea di cosa c’era dietro il Giappone.
Sicuramente, almeno fino a quel momento, il Giappone non era particolarmente difeso.
Tutti sanno che la setta del lupo è la Russia, ma la Russia ha sempre negato di avere a che fare con dei simili criminali. Così questi criminali hanno un esercito loro e delle vere e proprie milizie che non sono l’esercito russo, ma un’armata a parte con lo stemma del lupo bianco sullo sfondo nero.
Nel 2058 la setta del lupo oscuro ha inviato un centinaio tra aerei e droni verso il Giappone per attaccare direttamente l’intelletto generale con l’obbiettivo di distruggere la grande macchina economica, causando così una grande crisi economica.
Tutto è avvenuto con estrema facilità. Nel cielo, nel giro di poco tempo, un grande stormo di aerei, per lo più droni comandati a distanza, era comparso sul cielo di Tokyo.
Tokyo non aveva al momento alcuno strumento per difendersi. Avendo il Giappone scelto per una strada pacifista, non aveva strumenti per affrontare uno scontro armato.
Sino a quel momento i comunisti giapponesi non avevano mai messo in discussione questa scelta precedente del Giappone, ma da quel giorno le cose dovevano cambiare.
I droni, che erano arrivati per primi, per spianare la strada agli aerei che sono arrivati successivamente, hanno colpito con dei missili l’edificio dell’intelletto generale distruggendo diversi data center. Avevano aperto il cuore dell’edificio. Successivamente gli aerei sarebbero atterrati sull'edificio per fare scendere dei soldati che avrebbero rapito alcune delle persone del posto.
Gli aerei successivamente sono scomparsi del tutto portando via almeno 100 giapponesi. I droni sono rimasti per sparare selvaggiamente su tutte le persone che trovavano sulle strade di Tokyo. Sembrava letteralmente come se qualcuno dalla Russia si stesse divertendo con le vite dei giapponesi, come se si trattasse di un gioco della play.
Ovviamente la cosa non poteva durare così a lungo, perché proprio vicino all’intelletto generale c’era la sede dei servizi segreti cinesi in Giappone e i cinesi non potevano stare a guardare.
Qualcuno là dentro aveva già chiamato in Cina ordinando che i droni fossero abbattuti il più presto possibile.
I giapponesi non sapevano quasi nulla dell’accordo tra Giappone e Cina, ma di colpo si sono trovati con un cielo pieno di aerei cinesi che abbattevano i droni neri del lupo oscuro.
A quel punto Nakamura doveva delle spiegazioni e soprattutto doveva prendere dei provvedimenti rispetto a tutto quello che era successo. Soprattutto doveva impedire che con la distruzione della maggior parte dei dati dell’intelletto generale questo potesse creare dei disastri economici al modello pianificato giapponese.
Un giorno nero fu quando Nakamura dovette spiegare al Giappone dei cinesi e di quello che si sarebbe dovuto fare nel futuro.
Nakamura in parte sfruttò la paura, alcuni sentimenti nazionali e la difesa delle persone rapite, che sicuramente sarebbero state vendute come schiavi da quelli della setta.
Nakamura disse che loro avevano bisogno di alleati e che la Cina, la Corea erano tutti dei buoni alleati.
Il Giappone ha subito un grande colpo e questo dimostra che bisogna cambiare rotta su alcune cose: il Giappone deve avere un esercito, altrimenti degli attentati del genere sarebbero successi nuovamente. Si fece un referendum per l’introduzione dell’esercito in Giappone, ma è chiaro che, siccome la gente era ancora sotto shock dall'attacco, il sì ha vinto con un bel 90%. E così è stato.
Ma Nakamura non si è limitato a questo, in realtà ha incominciato a militarizzare il paese, introducendo un anno di leva militare per uomini e donne. Non solo: erano nati i gruppi di difesa del quartiere e le ronde locali. Tutto questo rappresentava una grande svolta per il Giappone che si stava preparando nell'eventualità che un giorno potesse andare contro un paese come la Russia.
Ma cosa è stato fatto per l’economia? L’economia ha messo diverso tempo per riprendersi.
Il piano di Nakamura era di ricostruire l’intelletto generale come infrastruttura sotto terra. Tutti i datacenter dovevano essere nascosti in un posto del tutto inaccessibile. Il cuore dell’economia del Giappone ora ha sede nelle profondità di Tokyo.
2059 – 2080 Il futuro del Giappone
Il Giappone avrebbe guidato il suo futuro pianificandolo. Il piano per i prossimi venti anni consisteva in un massiccio investimento nella tecnologia.
Il primo obbiettivo che si era posto Nakamura era quello di aumentare l’automazione per liberare la classe lavoratrice dai lavori più pesanti e quelli più umilianti.
Per fare questo si stavano creando un sacco di macchinari con lo scopo di svolgere lavori come le pulizie, diversi lavori pericolosi nelle fabbriche e così via.
Il secondo obbiettivo era investire nell'intelligenza artificiale.
Questa non serviva soltanto per migliorare la macchina statale economica che sarebbe sempre di più dipesa dagli algoritmi. C’era un piano più grosso.
La grande azienda storica di Nakamura avrebbe costruito in massa un sacco di robot che avevano lo scopo di costituire il gruppo delle guardie rosse giapponesi, un’armata di robot programmati per servire il Giappone e difendere il Giappone dai nemici esterni.
I robot usano il sistema di riconoscimento facciale per capire se hanno di fronte un giapponese, un cinese o un coreano, dopo di che assumono determinati comportamenti di conseguenza.
I robot hanno funzionato per lungo tempo come una polizia locale, ma la prossima ambizione era certamente quella di adoperarli anche nell'esercito con l’obbiettivo di aumentare l’automazione militare. In progetto c’erano serie di robot molto grandi da combattimento.
Tutto questo faceva pensare a possibili scontri armati in un futuro con nazioni nemiche come la Russia e o l’America.
L’ultimo punto affrontato nel futuro del Giappone era la questione dei club.
I club erano stati pensati come la soluzione collettivista al problema sociale della solitudine, dell’aggregazione tra persone, del perseguimento di interessi comuni e della ricerca del partner sessuale.
Questa idea non è mai stata abbandonata, perché i club sono cresciuti parecchio, visto che erano molto più liberi dallo Stato (salvo quelli decisamente statali) e non era così difficile aprirli.
Il problema era trovare degli spazi per tutti i club che venivano aperti e per questo erano diversi edifici dove i giapponesi con dei contributi per l’uso delle sale, potevano fare quello che volevano nel tempo libero.
Questa mossa dei club non è assolutamente secondaria, si tratta anche di un attacco al mondo digitale che un po’ alla volta aveva sottratto alla vita reale le persone per potare a passare le serate sui social networks.
Non che non ci siano dei social network giapponesi, come anche delle dating app, il fatto è che questi non sono usati come sostituti della vita reale, sono usati piuttosto per darsi degli appuntamenti nei club.
Ovviamente ogni club deve essere registrato, le persone nei club sono registrate. Non possono esistere club non registrati e tutti i dati vanno nell'intelletto generale. I club sotto certi aspetti sono veramente il segno di un Giappone che vuole rinascere dal basso, che costruisce un’esistenza collettiva e abbatte il muro psicologico che la società dell’occidente ha creato.
04/04/2081 Amore ai tempi del comunismo
Una mattina alle verso le 5, un ragazzo e una ragazza giapponesi camminavano su una strada di un giardino pieno di ciliegi in fiore, quando il sole di lì a poco sarebbe sorto. Così la ragazza incomincia a parlare al suo ragazzo:
Ci siamo conosciuti nel club del quartiere di Ota a Tokyo, tu eri molto timido la prima volta che ci siamo visti. Eri vestito con quella camicia rossa degli studenti di economia di Tokyo, con la spilletta a cinque punte.
Non sapevi da dove incominciare e così ho incominciato io. Ma anche io ero impacciata perché non sapevo come fare queste cose. Ti ho chiesto come ti chiami e dove vivessi in questo quartiere. Da qui avevamo incominciato a parlare.
Sì, io non sapendo bene cosa dire, avevo incominciato a raccontare di me stesso.
Già, e poi tu avevi detto che stavi in un posto e io non ero tanto lontano da lì. Perciò questa cosa mi ha incuriosito parecchio. Mi sono chiesta se ci fossimo mai visti. Ma tu mi dicevi di no.
Infatti, non ricordo di averti vista prima. Però mi sei sempre piaciuta. Solamente non avrei mai incominciato un discorso di questo tipo con una sconosciuta. Sinceramente mi sono sempre sentito impacciato nel provare con una ragazza in mezzo al nulla.
Io ero iscritta al club di dating dai diciotto anni e a 23 ci siamo conosciuti. Mi avevano schedata, dicendo che avrebbero usato i miei dati per aiutarmi a trovare la persona più adatta a me. Mi avevano detto che c’era anche una app, ma che tutto comunque sarebbe passato da quel centro e che avrei incontrato fisicamente le persone.
Siamo usciti insieme la prima volta giorni dopo che ci siamo conosciuti nel posto. Io non avevo quella forza per chiamarti subito, ma quando mi sono deciso ti avevo chiamato perché volevo che noi due uscissimo insieme in un ristorante qui vicino. Non mi ero reso conto che erano le 23:00 di sera e avevo passato tanto tempo a pensarci sopra.
Io, a dire la verità ci avevo pensato un po’, poi avevo deciso di accettare. Sapevo che non mi interessava il ristorante, mi interessavi tu. Avevo capito che a te piaceva camminare e sapevo che nelle cose tu ami, io avrei trovato me stessa.
E quel giorno eravamo uno di fronte all’altro. Tu eri davanti a me con il tuo piatto di sushi. Ci siamo guardati negli occhi, pensavamo entrambi che quel momento era magico, che non serviva nient’altro.
Ci siamo detti delle cose veramente piatte a pensarci. Stavamo discutendo dei piatti, ci siamo detti qualcosa sulle giornate precedenti, ma poi tu mi hai sorpreso perché hai detto che ascolti molta musica.
Così un giorno ci siamo incontrati in casa mia per ascoltare musica tutta la giornata. Una follia che non avevo mai fatto con nessuno ed è per questo che io ti trovo così tanto speciale.
Penso che quello è successo tra noi due significa semplicemente che tutto questo funziona. Per me è molto diverso. In altre società ci sono persone che sanno vedere degli altri solamente il loro aspetto fisico. Noi eravamo già oltre. Io ho ammirato in te lo spirito ancora prima del tuo corpo e ancora adesso penso di avere di fianco a me una delle anime più belle della terra.
Ecco, vedi. Proprio questo che stai dicendo mi fai capire che noi due staremo insieme molto tempo.
I due erano oramai giunti su una panchina di fronte. Si erano seduti entrambi sulla panchina. Lui aveva estratto una piccola scatola dal cappotto e le aveva detto: con questo dono spero di darti la migliore parte della mia anima, perché non credo che amerò mai una donna più di te.
Lei apre la scatola e vede un anello d’oro coperto di diamanti. Lei lo bacia senza dire nulla mentre il sole in quel momento sorgeva sullo sfondo. Un nuovo sole è sorto ad oriente, un’alba rossa piena di speranza per il futuro, per un mondo nuovo, meno diseguale e più giusto, un mondo rosso.