Pipì a letto: quando e come intervenire
L’enuresi è un problema che viene spesso sottovalutato e di cui non sempre i genitori parlano con il pediatra.
“Passerà con l’età non c’è motivo di preoccuparsi” è una delle maggiori affermazioni riguardo ai bambini che fanno la pipì a letto e/o che non riescono a contenerla durante il giorno.
Effettivamente raggiungere il controllo sfinterico è qualcosa che si impara col tempo come tutte le nostre abilità e comportamenti. Tale convinzione non deve, però, portare a ritardare una richiesta di aiuto.
Cerchiamo di capire cos'è l’enuresi e quando è necessario intervenire.
I disturbi dell’evacuazione e l’enuresi
I disturbi dell’evacuazione implicano l’evacuazione inappropriata di urine (enuresi) o feci (encopresi) e sono generalmente diagnosticate nell’infanzia o nell’adolescenza.
L’enuresi, in particolare, consiste nella ripetuta emissione di urine nel letto o nei vestiti e può essere sia involontaria sia intenzionale.
Il comportamento è considerato patologico se si manifesta con una frequenza di almeno 2 episodi a settimana per un periodo non inferiore a 3 mesi consecutivi; se vi è disagio o compromissione in ambito sociale, lavorativo o scolastico e se non può essere attribuito agli effetti fisiologici di una sostanza (es.: diuretico o farmaco antipsicotico) o condizione medica (es. diabete o spina bifida).
È necessario, infine, che il bambino abbia almeno 5 anni (APA, 2014). Il controllo sfinterico non è completamente raggiunto, infatti, prima di tale età.
Il controllo che viene ottenuto per primo è quello diurno; successivamente si ottiene quello notturno.
L’enuresi può essere:
- monosintomatica: è il sottotipo più frequente ed implica l’incontinenza solo notturna;
- incontinenza urinaria: se si verifica solo di giorno;
- notturna e diurna: combinazione dei due sottotipi sopra esposti
Un ulteriore ma importante distinzione è il decorso dell’enuresi che può essere primario o secondario. Nel primo caso l’individuo non ha mai raggiunto la continenza urinaria; nel secondo caso la continenza è stata raggiunta ma successivamente si sviluppa l’enuresi. In quest’ultimo caso è probabile che il disturbo dipenda da particolari situazioni emotive e stressanti.
L’enuresi è un problema abbastanza comune: si stima che il 5-10% dei bambini di 5 anni manifesti tale difficoltà; la percentuale scende a 3-5% a 10 anni e all’1% oltre i 15. Un dato importante da tenere in considerazione è che dopo i 5 anni può verificarsi una remissione spontanea.
Le cause
Tra le possibili cause vi sono:
- Familiarità: vi è una predisposizione ereditaria all’enuresi. Quanto più grave era stata l’enuresi dei genitori tanto più essa tende a comparire anche nei figli.
- Ritardo di Maturazione: ritardo dell’acquisizione della deambulazione e del linguaggio; difficoltà nella coordinazione oculomotoria e muscolare potrebbero impedire al bambino di apprendere, nei tempi normali, l’autocontrollo delle condizioni enuretiche.
- Alterazione del Sonno: nell’85% dei casi l’enuresi si presenta solo di notte. I bambini enuretici hanno un sonno più profondo e frammentato e, come riferiscono i genitori, notevoli difficoltà di risveglio.
- Genesi Ambientale: tra gli eventi stressanti che possono causare enuresi secondaria troviamo la separazione dei genitori, l’istituzionalizzazione, tensioni interfamiliari e la nascita di un fratellino.
- Cause Organiche: cistiti croniche, malformazioni dell’uretra, infezioni del tratto urinario, capacità funzionale della vescica, allergie alimentari.
Problematiche associate
Tra i disordini maggiormente associati vi sono l’ADHD (Disturbo da deficit di attenzione/iperattività); l’ansia da separazione; le fobie; l’ansia sociale e generalizzata; la depressione; il disturbo della condotta e il disturbo oppositivo – provocatorio.
Cosa fare?
Il trattamento non è indicato prima dei 5 anni; successivamente lo si attua in seguito a richiesta del bambino e/o della famiglia poiché comporta limitazioni nella vita sociale dell’individuo e ne influenza l’autostima.
Per prima cosa è necessario escludere la presenza di cause fisiche attraverso un consulto medico.
Escluse le cause fisiche si indagano altri fattori causali per poter pianificare un intervento comportamentale o farmacologico.
L’intervento mira ad accelerare il raggiungimento del controllo della vescica e/o ridurre il volume dei liquidi che arrivano alla vescica di notte.
Il trattamento può essere comportamentale e/o farmacologico.
Tra le tecniche comportamentali vi sono:
- Strategie che mirano ad aumentare la capienza della vescica: si aumenta la capacità funzionale della vescica abituando gradualmente tale organo a trattenere quantità sempre maggiori di urina;
- Sistemi per facilitare il risveglio notturno: la tecnica si basa su un segnale acustico che si attiva immediatamente quando il bambino, nel sonno, emette le prime gocce di urina. Dopo essersi svegliato il bambino dovrà alzarsi, completare la minzione e se necessario lavarsi e cambiarsi.
Il trattamento farmacologico prevede l’utilizzo di desmopressina, ormone antidiuretico che può ridurre la produzione di urina durante il sonno.
Efficaci si rivelano anche gli anticolinergici e gli antidepressivi triciclici
Un punto fondamentale del trattamento è che è necessaria la presa in carico del bambino e della famiglia: la somministrazione del farmaco da sola non è sufficiente.
Superare la vergogna e l’imbarazzo di chiedere aiuto se la difficoltà persiste è fondamentale. Intervenire rende possibile evitare che il bambino rinunci a diverse occasioni di socializzazione importanti per la crescita (campeggi, gite ..) e preserva la sua autostima.
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