La carlina e la freccia dell’imperatore
Questa pianta dall'aspetto così nobile – la più bella fra tutte le Composite, affermò Pierre Lieutaghi, facendo riferimento alla famiglia botanica d’appartenenza – deve il suo nome addirittura a Carlo Magno!
La carlina o Carlina vulgaris L famiglia delle Composite
Conoscete la leggenda?
Il futuro fondatore del Sacro Romano Impero era in guerra contro i mori ma il suo esercito venne colpito da una terribile pestilenza. Preoccupato di doversi ritirare, il re Carlo trascorse tutta la notte in preghiera, implorando Dio di salvare i suoi uomini.
La mattina seguente, gli apparve un angelo avvolto di luce: gli offrì un arco e una faretra piena di frecce e lo invitò a scoccarne in aria una.
L’erba che la freccia, cadendo al suolo, avrebbe indicato, sarebbe stata in grado di curare gli ammalati. Egli obbedì e la pianta trafitta dalla saetta, dall'aspetto spinoso e dal fiore così grande che pareva un occhio rivolto al Cielo, guarì in effetti tutti i soldati.
Da quel giorno si cominciò a chiamarla carlina, perché era stata donata dall'angelo di Dio a Carlo Magno.
Un’altra leggenda sulla carlina, ricorrente in Irlanda, è squisitamente natalizia.
Maria e Giuseppe erano in viaggio verso Betlemme, per il censimento. Maria era molto affaticata, perché mancavano pochi giorni alla nascita di Gesù. Aveva sete. A un tratto, videro una mucca sul ciglio della strada. Si lasciò mungere e, per raccogliere il latte, fu usato un grande fiore di carlina dal quale la Madonna bevve come da una tazza.
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Ma se in Irlanda la carlina è il fiore della Madonna – al punto che veniva inchiodato sulle porte delle stalle per proteggere in bestiame – nella vicina Gran Bretagna gode di più sinistra fama.
In Essex, la contea dei maghi per eccellenza, è soprannominata Devil’s thistle: fattucchiere e stregoni, che pare qui pullulassero, ne infilavano un fiore in cima ai loro bastoni da viandante.
In Suffolk, invece, in memoria delle guerre giacobite, al momento del raccolto era abitudine gridare: “Look out, Jacobites!” se nel covone lanciato dal campo al carro c’erano piante di carlina o di cardo, affinché chi lo riceveva tra le braccia non si ferisse.
Non solo nelle Isole Britanniche ma in buona parte d’Europa, i contadini avevano l’abitudine di piantare la carlina presso la porta di casa, per la sua virtù di rinserrare le corolle quando sta per piovere o c’è molta umidità nell'aria:
la usavano, in pratica come una sorta di barometro naturale.
Abbiamo già anticipato che appartiene alla famiglia delle Composite e di carlina individuiamo tre specie simili:
la Carlina vulgaris L., dai bei fusti eretti, alti sino a 80 centimetri, che sorreggono da due a cinque capolini dal diametro massimo di 4-5 centimetri, riuniti in racemi,
la Carlina acaulis L., che ha il fusto breve e un capolino di 10-12 centimetri di diametro e che predilige l’habitat montano e, infine,
la meravigliosa Carlina acanthifolia Allioni, senza fusto, con il fiore largo fino a 15 centimetri che sboccia a livello del suolo e che è circondato da una corona di brattee argentate o di pallido oro, che si irradiano a raggiera intorno al capolino stesso.
Tutte tre le specie prediligono un ambiente asciutto, i loro fiori spuntano come una costellazione di stelle tra le rocce calcaree, tra boschi e pascoli.
Carlina vulgaris: capolini, fiori, foglie e seme
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I capolini, tipici delle Composite, sbocciano tra luglio e settembre e hanno due anelli di brattee: quelle interne sono più strette, di color giallo paglia, mentre quelle esterne sono morbide e lanceolate.
Le foglie, disposte a rosetta, sono lobate e amplessicauli, e sui margini presentano aculei numerosi ma fragili.
Il seme è rappresentato da un achenio munito di pappo con setole tinta ruggine, piuttosto ramificate. Quando questi acheni, a maturazione, vengono dispersi dal vento, la parte restante del fiore resta sulla pianta anche per mesi e, se raccolta, si presta a decorare composizioni floreali di erbe secche.
Quanto ai principi attivi, la carlina sarebbe una pianta da riscoprire:
molto usata nella medicina popolare in passato, oggi è stranamente dimenticata.
La radice fusiforme e legnosa, che costituisce la droga medicinale, contiene un olio essenziale ricco di ossido di carlina, dalla spiccata azione antibatterica – la freccia di Carlo Magno fu dunque ben guidata dall'angelo! – inulina, tannini e resine.
Il suo decotto si prepara mettendo a bollire, per una decina di minuti, in mezzo litro d’acqua, due cucchiai rasi di radice essiccata.
Si lascia in infusione per una decina di minuti, si filtra e, se si vuole bere lungo la giornata, si dolcifica.
In uso interno, giova come ottimo diuretico e sudorifero (in questo caso, anche per abbassare la febbre:
la freccia di Carlo Magno continua a non essere smentita!), giova a chi soffre di idropisia, di atonia gastrica e intestinale e di disturbi epatici.
In uso esterno, è un buon cicatrizzante, sia applicato come lozione sulle dermatosi sia per le ferite del cavo orale, per lenire le quali sono consigliati gli sciacqui due o tre volte al giorno.
Siccome la carlina è anche una parente prossima del carciofo, i suoi capolini dal ricettacolo carnoso, se raccolti prima della fioritura, possono essere mangiati nello stesso modo, in insalata o lessati in acqua salata.
In Bretagna usava persino condirli con il miele o con lo zucchero di canna.
Avvertiamo però di non raccoglierli in modo selvaggio, per farne una scorpacciata.
In molte Nazioni d’Europa, la carlina è specie protetta e occorre preservarla come dono prezioso, proprio come lo fu per Carlo Magno e per il suo esercito.
Foto della carlina
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