Jane Fonda, Donald Trump e i comportamenti virtuosi nel campo ambientale
Lo scorso ottobre, Jane Fonda, vincitrice di due premi Oscar, è stata arrestata quattro volte per aver protestato, davanti al Congresso americano, nei Fridays for future.
L'attrice 81enne ha manifestato assieme ad alcuni ecologisti e alle colleghe Rosanna Arquette e Catherine Keener per richiamare l'attenzione sull'emergenza clima.
Jane Fonda è stata un’attivista per anni, coinvolta in campagne per i diritti civili, come quelli dei Nativi Americani, o contro le guerre, come quella in Vietnam.
Ora afferma che Greta Thunberg sta dimostrando che i giovani di oggi sono più sensibili e coinvolti rispetto alla propria generazione, e rivela che essere attivi per una causa giusta come questa aiuta le persone della sua età a sentirsi coinvolte e a superare eventuali situazioni di depressione, poiché stimola ad agire per lasciare un mondo fruibile anche dalle generazioni di figli e nipoti.
«C'è una crisi collettiva che richiede un'azione collettiva:
così ho deciso di usare la mia celebrità per tentare di suscitare il senso dell'urgenza e mi sono trasferita a Washington per quattro mesi, dove sarò arrestata ogni venerdì»
sono state le parole dell'attrice all'emittente televisiva Cnn.
Jane Fonda e i comportamenti virtuosi nel campo ambientale
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Una protesta che il presidente americano Trump non ha ascoltato, avendo avviato da tempo la procedura per far uscire gli Stati Uniti dall'Accordo di Parigi sul clima.
Donald Trump, i comportamenti virtuosi nel campo ambientale e uscita degli Stati Uniti dall'Accordo di Parigi sul clima
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Una decisione annunciata durante la sua campagna elettorale e che, dopo la vittoria alle elezioni, è stata formalizzata al termine del G7 di Taormina nel novembre 2017 ma che diventerà effettiva il 4 novembre 2020. Occorrono, infatti, tre anni perché la notifica di recesso dall'accordo diventi ufficiale.
Trump reputa che l'impegno di Parigi, firmato su base volontaria da circa duecento nazioni, comporti un peso economico eccessivo a carico dei lavoratori e delle imprese americane:
gli USA hanno ridotto le emissioni di gas ma il governo intende assicurare ai cittadini un accesso all'energia a costi sostenibili.
In realtà, la diminuzione delle emissioni americane è stata minima e dovuta al fatto che, durante il primo anno in carica di Trump, molte centrali elettriche hanno sostituito il carbone con gas naturale perché avente un prezzo inferiore.
L'anno successivo, il 2018, la tendenza si è invertita a causa dell'aumento del fabbisogno energetico dell'economia in crescita.
Non tutti gli Stati americani sono, però, d'accordo con il loro presidente:
alcuni di loro, come California e Pennsylvania, nonché alcune imprese, hanno deciso di continuare ad applicare gli obiettivi fissati dall'Accordo di Parigi creando un conflitto legale,
poiché l'amministrazione di Trump contesta il diritto di uno stato di imporre regole differenti da quelle pianificate dal governo federale.
In ogni caso, gli sforzi dei singoli stati risultano meno efficaci se frammentati, perdendo la forza che acquisterebbero se condivisi con il governo federale.
I comportamenti virtuosi nel campo ambientale producono, infatti, un effetto molto profondo:
uno studio, pubblicato sulla "Review of Environmental Economics and Policy" da ricercatori dell'Università di Bologna, della Georgia State University e della Princeton University intitolato Cooperation in the Climate Commons,
rivela che i cittadini sono stimolati a compiere azioni utili per l'ambiente quando la loro visibilità è alta a livello locale.
Se i comportamenti positivi vengono incoraggiati, l'esempio li diffonde, trasformandoli in "norme sociali" intraprese in maniera spontanea.
Se lo fa il mio vicino e le persone che incrocio tutti i giorni, è più facile che nasca una catena positiva che ne incentiva la propagazione.
Un meccanismo che può dare origine a una mobilitazione la quale, partendo dal basso, a volte produce trasformazioni su larga scala arrivando a influenzare le scelte politiche dello stato. Scelte che, allo stesso modo, ispirano le nazioni limitrofe a intraprendere le medesime azioni.
I ricercatori dello studio Cooperation in the Climate Commons ritengono che il processo che ha portato alla firma dell'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici si basi proprio su tali ragioni.
Ne consegue che il ritiro dall'Accordo di Parigi di una nazione come quella statunitense produce grandi criticità:
gli altri paesi aderenti sono, infatti, costretti a sforzi aggiuntivi per compensare l'abbandono
e, soprattutto, può spingere nazioni come Cina e India a non rispettare le intese concordate.
Intese volontarie che, di per sé, non sarebbero comunque sufficienti a realizzare l'obiettivo prefissato di limitare l'aumento della temperatura globale a 1,5 gradi rispetto ai livelli preindustriali.
Al momento, l'annuncio del ritiro degli Stati Uniti non ha provocato altre defezioni bensì una maggiore spinta alla coesione da parte dei firmatari incentivando nuove proposte, come quella dell'Unione europea di collegare gli accordi commerciali alle politiche di riduzione delle emissioni che potrebbero comportare dazi sulle merci importate da paesi come gli USA che non si impegnano per affrontare il problema dei cambiamenti climatici.
Lo studio Cooperation in the Climate Commons sostiene che vedere la disponibilità degli altri ad agire a favore dell'ambiente rassicura i singoli a non sentirsi "soli":
la frustrazione nasce nel momento in cui si è consapevoli che l'effetto positivo delle proprie azioni green viene goduto anche da chi non le ha adottate.
Il 4 novembre 2020, l'uscita degli Stati Uniti dall'Accordo di Parigi diventerà effettiva ma l'ultima parola spetterà ai cittadini americani.
La ragione sta nella circonstanza che il giorno prima si terranno le elezioni del nuovo presidente che,
se non sarà Trump, potrebbe anche decidere di rifirmare gli accordi sul clima.
I comportamenti virtuosi nel campo ambientale e il cambio climatico
È, infatti, sufficiente presentare alle Nazioni Unite una domanda di riammissione per rientrare nell'Accordo entro trenta giorni.
Una possibilità importante alla luce di quanto sta succedendo:
gli scienziati del clima avvertono delle conseguenze sempre più disastrose quali condizioni meteorologiche estreme,
siccità, nubifragi e innalzamento del livello del mare.
Le calamità accadute in questi giorni a Venezia, a Matera e in molte regioni come Liguria, Piemonte, Toscana e Lazio dimostrano quanto possano costare, alle singole nazioni, gli effetti dei cambiamenti climatici.
Fonte: Stefano Carattini (Georgia State University), Simon Levin (Princeton University), Alessandro Tavoni (Università di Bologna)