Il cotogno e il pomo della discordia
Ricordate la storia di Paride, che doveva assegnare la mela alla più bella fra le dee dell’Olimpo e che con il suo giudizio fu la causa di tutte le disgrazie di Troia? E se il proverbiale pomo della discordia non fosse stato una mela?
Dato che ne beneficiò Afrodite, è più facile che si trattasse di una cotogna, che per gli antichi era il simbolo dell’amore e che gli innamorati si scambiavano come un pegno.
Cotogno (Cydonia oblonga Miller), simbolo dell’amore
Tra gli affreschi conservati a Pompei, ad esempio, ce n’è uno in cui Venere viene ritratta con una cotogna nella mano destra e questo frutto torna spesso nell'iconografia che la riguarda.
Anche le Mele delle Esperidi, nella mitologia greca, non erano arance (non ancora introdotte nel bacino del Mediterraneo), ma erano dorate cotogne, dette all'epoca “pomi d’oro” (al singolare, krusomelon).
Eracle riceve dalle mani di Atlante le cotogne
E in una delle metope del fregio del tempio di Zeus a Olimpia, che risale al V secolo a. C., Eracle riceve dalle mani di Atlante inconfondibili cotogne. Sempre Eracle, in una statua scolpita da Lisippo nel IV secolo a.C., ne regge sul palmo addirittura tre!
Plutarco riporta un decreto di Solone che obbligava ogni sposa a mangiare una cotogna prima di distendersi sul talamo nuziale, affinché la sua bocca emanasse il soave profumo della felicità.
Queste povere fanciulle greche dovevano certo avere un bel fegato a sgranocchiarsi una cotogna cruda, che è dura e coriacea da masticare e che ha un sapore asperrimo!
Curiosamente la stessa usanza rispunta in Irlanda, documentata a partire dal XVIII secolo. Come mai?
Forse non ci dovremmo stupire più di tanto, dato che nell'epoca buia delle invasioni barbariche furono proprio i monaci irlandesi a ricopiare i manoscritti latini e greci per tramandarli alla posterità, mentre il resto dell’Europa veniva messa a ferro e fuoco.
Il cotogno (Cydonia oblonga Miller), crann cainche (in Irlanda), famiglia botanica delle Rosacee
Un religioso d’allora l’avrà suggerita a una giovane coppia di sposi, che si presentava davanti al suo altare per celebrare il sacro rito del matrimonio.
In realtà, nell'Isola di Smeraldo la tradizione della cotogna varia un poco:
qui non è solo la moglie a mangiarla ma, per par condicio, anche il marito.
La tradizione vuole che agli sposi novelli venga offerta dal nonno di lui un piccolo paniere di cotogne e che i due debbano allegramente cibarsene la sera, prima della cena di nozze, per garantirsi una lunga e felice vita insieme.
Beneaugurale è senz'altro il profumo intenso di questo frutto, mentre il sapore sgradevole può anticipare per alcuni le difficoltà della vita coniugale.
In lingua irlandese, il cotogno è detto crann cainche ma il suo nome latino è Cydonia oblonga Miller, della famiglia botanica delle Rosacee.
Cydonia deriva da Kudones, con cui erano designati gli antichi abitanti di Creta, poiché si pensava che la pianta avesse avuto origine in quest’isola del Mediterraneo.
A dire il vero, il cotogno giunse in Europa in epoca remota dall'Asia Minore, dall'Armenia e dalla Persia:
la denominazione corrente di cotogno, infatti, richiama la città di Cotonion, appunto a sud dell’Asia Minore.
È un albero particolare, che richiama caratteristiche del pero e del melo (per questo i frutti vengono spesso indicati tanto come mele cotogne quanto come pere cotogne), che può raggiungere un’altezza di 8 metri e che presenta rami flessuosi.
Il cotogno (Cydonia oblonga Miller), le foglie
Le foglie sono alterne, ovate e picciolate, con bordo lineare, lunghe dai 5 ai 10 centimetri, con la pagina inferiore grigia e tomentosa.
I fiori, che sbocciano tra maggio e giugno, sono grandi e solitari (circa 5 centimetri di diametro), molto simili a quelli del pero, di un bianco niveo che assume talvolta sfumature rosate.
Hanno 5 petali (come tutti i fiori della famiglia delle Rosacee), ben separati.
Il cotogno, i frutti: cotogna
I frutti sono tardivi, maturano a ottobre, e hanno la forma di un pomo oblungo, piuttosto grosso, assai profumato e dalla buccia cotonosa, che si mantiene verde a lungo per poi assumere una tinta giallo chiaro.
Il frutto verde (Cydonia oblonga Miller)
Apprezzato da sempre per le sue proprietà medicinali, il cotogno era consigliato da Ippocrate per i disturbi intestinali e da Dioscoride a chi soffriva di emorroidi e alle donne con problemi mestruali.
I medici medioevali ritenevano i suoi frutti tra i più salutari, con la rara virtù di combattere gli avvelenamenti.
In Oriente si raccomandava alla donna incinta di mangiare tante cotogne, per partorire un figlio saggio, e gli arabi avevano individuato nei suoi semi mucillaggini emollienti.
Il cotogno dal punto di vista fitoterapico
Dal punto di vista fitoterapico, il cotogno ha in effetti numerosi principi attivi tanto nei semi quanto nel frutto, ma anche nei fiori e nelle foglie.
Ci sono le già citate mucillaggini (soprattutto nei semi), il pentosano e un glicoside dell’acido cianidrico, l’amigdalina, l’emulsina, i tannini, diversi oligoelementi (calcio, ferro, fosforo, magnesio, potassio, rame e zolfo) e specifiche del pomo sono la pectina, l’acido malico e le vitamine A, B, C e PP.
Ricette per infuso, decotto e apozema con le cotogne
L’infuso delle foglie o dei fiori – parti che contengono acido cianidrico – è un calmante delle tossi stizzose e favorisce il sonno anche in soggetti nevrotici.
In decotto concentrato si usa per lavare piaghe e ferite.
Si prepara ponendo due cucchiai rasi di droga essiccata in mezzo litro d’acqua fredda. Si porta a bollore, si spegne subito, si copre con il coperchio il recipiente e si lascia riposare una decina di minuti prima di filtrare e dolcificare a piacere. Si può bere caldo o freddo lungo la giornata.
Dai semi si ottiene un’emulsione mucillaginosa assai utile in applicazione esterna
su geloni, emorroidi, ragadi al seno,
scottature, occhi infiammati,
pelle screpolata e stati irritativi dell’epidermide.
Un tempo quest’emulsione veniva addirittura spalmata sui capelli, al posto della brillantina!
La ricetta è piuttosto semplice:
basta pestare un pugno di semi di cotogna e metterli a macerare per un paio d’ore in mezzo bicchiere d’acqua tiepida.
Le cotogne sono gli ingredienti ideali di composte, di confetture e di una squisita gelatina che veniva prescritta ai bambini un po’ gracili, magari sofferenti per affezioni polmonari o enteriti.
Per gli adulti si consiglia l’apozema,
preparazione che giova in caso di insufficienza epatica, inappetenza, diarree e disturbi digestivi in genere
e convalescenza dopo periodi di malattia.
L’apozema si ricava dal pomo intero, che viene tagliato a fettine sottili senza essere sbucciato e fatto bollire in un litro d’acqua sino a quando il volume non si sia ridotto di circa la metà.
Si passa al setaccio, spremendo bene, e volendo si aggiungono al liquido filtrato 50 grammi di zucchero di canna.
L’apozema, naturalmente senza aggiunta di zucchero, è impiegato anche per iniezioni vaginali, se si soffre di prolasso uterino, o per clisteri, quando c’è un prolasso rettale.
Persino le bucce della cotogna hanno un loro utilizzo:
messe a macerare per un paio di settimane in poca acquavite, danno origine a una lozione che, diluita in pari quantità d’acqua,
si friziona sul viso come rimedio antirughe.
Un piccolo trucco di bellezza per mantenersi giovani e graziose proprio come la dea Afrodite.
Foto articolo Erboristeria da Wikipedia e Pixabay. Elaborazioni CaffèBook.