Luigi Pirandello: mille maschere, nessun volto

Uno, nessuno, centomila: in questo labirinto si è smarrito Vitangelo Moscarda, il protagonista del succitato romanzo di Luigi Pirandello.

Luigi Pirandello foto
Luigi Pirandello

Tutto ha preso le mosse da una banale osservazione di sua moglie, che gli ha fatto notare come il suo naso penda leggermente verso destra; egli non si riconosce nella descrizione che ella fa del suo viso, che gli appare difforme dalla propria immagine di sé che ha sempre avuto nella mente.

Da questo momento in poi Vitangelo comincia a domandarsi come appaia il suo aspetto a ciascun altra persona che lo conosca, che lo incontri, che lo contempli:

inizia così un vero e proprio processo di frantumazione dell’io, che conduce il personaggio pirandelliano alla follia:

egli non sa più chi sia, visto che quell'uno che credeva di essere gli si è dissolto tra le mani, quindi poco importa se è nessuno o se è costretto ad assumere le centomila identità che gli attribuiscono gli altri, che fanno di lui ciò che vogliono appena si pongono ad osservarlo.

Come nel pensiero filosofico di Jean-Paul Sartre, lo sguardo puntato su un soggetto lo fa decadere a mero oggetto, a una cosa da giudicare secondo il proprio punto di vista: gli altri sono l’inferno, per il filosofo francese; per Pirandello aprono le porte del baratro della follia, e ci fanno piombare nei suoi abissi.

In realtà per Pirandello nella nostra vita sociale ognuno di noi indossa una numero spaventoso di maschere, da utilizzarsi nelle diverse circostanze che ci vengono imposte dalle convenzioni e dalle norme di comportamento; ebbene, queste maschere ci si appiccicano addosso al punto da cancellare il nostro io autentico, che si perde con la nostra identità, creando intorno a noi una prigione di falsità da cui si esce solo in due modi: con la follia o tramite la morte.

La raccolta Novelle per un anno trabocca di storie che si concludono nel primo o nel secondo modo: come scrisse in una lettera alla sorella, il giovane Pirandello si era precocemente reso conto che la vita non era nient’altro che “un’enorme pupazzata”, uno spettacolo all'interno del quale ognuno di noi è ridotto a marionetta, costretto a compiere atti e gesti che non gli appartengono, impossibilitato a fare scelte e a realizzare i propri desideri e le proprie aspirazioni.

La teoria sociologica di Erving Goffman, che non a caso viene definita del “modello drammaturgico”, sostiene appunto che nella vita quotidiana ognuno di noi è chiamato a recitare una serie di “ruoli”, all'interno dei quali deve assumere determinati comportamenti: insomma, come veri e propri attori, recitiamo una parte per ottenere dagli altri un certo riconoscimento, ci costruiamo una “facciata” da presentare al pubblico che assiste alle nostre performance, che possono aver successo oppure no, a seconda delle nostre capacità di risultare convincenti.

Tuttavia in tutto questo, secondo Goffman, non c’è proprio nulla di tragico: si tratta di strategie dell’interazione sociale, che, se agite in modo appropriato e funzionale, conducono al successo, in caso contrario al fallimento; quindi costituiscono una modalità positiva di interazione, che conferisce un senso e una direzione alle relazioni interpersonali.

Pirandello la pensa in un modo diametralmente opposto: dover indossare queste maschere e interpretare mille ruoli diversi è la peggior condanna che possa gravare sugli esseri umani; anche il suo teatro esprime questa sofferenza, questo processo di depersonalizzazione che giunge al proprio apice in drammi come Sei personaggi in cerca d’autore, in cui i personaggi, ripudiati dal loro Autore, quando finalmente otterranno di essere posti sulla scena da un gruppo di attori, non sapranno riconoscersi in quel che questi ultimi reciteranno, perché nessun attore risulterà in grado di cogliere la loro essenza, così come essi stessi la percepiscono.

Luigi Pirandello teatro 1923 sei personaggi in cerca d'autore
Luigi Pirandello teatro 1923 sei personaggi in cerca d'autore

L’uomo pirandelliano vorrebbe essere, realizzarsi in quanto individuo, raggiungere la felicità; ma nulla di tutto ciò è realizzabile, gli obblighi e le convenzioni sociali lo stritolano e lo mandano in mille pezzi, lo confondono e frustrano ogni sua aspirazione; la tragicità dell’esistenza balza in primo piano, facendo di Luigi Pirandello l’interprete più pregnante del “secolo breve” della nostra letteratura.