La fisiognomica, il grande “scivolone” del positivismo
Nel corso del XIX secolo, esauritasi la grande stagione romantica, si fece strada una nuova visione filosofico-culturale, che coinvolse l’intero mondo del sapere:
il Positivismo, caratterizzato da una grande, anzi smisurata fiducia nelle capacità della scienza e della tecnologia di migliorare non solo la conoscenza, ma anche la dimensione etica, politica e sociale dell’umanità. Ne derivò un ottimismo circa il futuro che fu purtroppo smentito dagli eventi storici successivi.
Questo periodo produsse innegabili conquiste in svariate branche scientifiche:
si citino ad esempio gli studi nei campi della fisica, della chimica, della medicina, che condussero a scoperte, invenzioni e applicazioni pratiche che consentirono un enorme balzo in avanti sulla via del progresso.
Nacquero le scienze sociali, anche la storia si avviò a un approccio metodologico più oggettivo; eppure, poiché mai nulla riesce ad essere perfetto, anche il Positivismo ebbe le sue pecche: innanzitutto l’illusione che il sapere rendesse l’uomo più pronto al rispetto degli altri e a ricercare la pace tra i popoli e la serena convivenza civile; tale velleitaria speranza si infranse nientemeno che contro l’insorgere di regimi politici sempre più sciovinisti e aggressivi, fino allo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
Auguste Comte, il padre del Positivismo, è considerato anche il fondatore della sociologia, che egli elesse “regina delle scienze”; l’uomo, nella sua interezza, venne sottoposto ad analisi “positive”, ovvero che tenevano conto esclusivamente dei dati oggettivi, “posti” (il termine deriva infatti dal latino positum) innanzi agli occhi dello studioso, che doveva osservarli con sguardo disincantato.
Qualcuno esagerò, portando il determinismo delle leggi causa-effetto oltre i limiti del buon senso:
è il caso di Cesare Lombroso, il creatore della pseudoscientifica fisiognomica.
Cesare Lombroso, nato a Verona nel 1836, si colloca nella corrente del materialismo evoluzionistico; egli fondò la Scuola positiva di diritto penale, sostenendo che i criminali non divengono tali per una propria deliberata decisione, bensì a causa di una predisposizione genetica che conferisce loro tendenze malvage; si tratterebbe insomma di possedere un’organizzazione psichica e fisica deviante rispetto a quella degli individui “normali”.
La pseudoscienza che nacque da queste convinzioni fu detta fisiognomica;
essa consisteva nello studiare caratteristiche psicofisiche del soggetto, come la conformazione del cranio o alcuni dati somatici, per stabilirne la tendenza innata all’azione criminale.
Analizzare i cranio di briganti giustiziati o alcuni tratti somatici ritenuti indice di una determinata inclinazione criminale condusse alla convinzione che ci fosse un legame biunivoco tra un certo aspetto fisico e il diventare un malvivente;
in tal modo le condizioni ambientali nelle quali un bambino cresce o un giovane si ritrova a vivere venivano a perdere ogni rilevanza, contraddicendo quindi ogni necessità di indagine sociale o del contesto economico.
Quindi, a che scopo i suoi contemporanei si sarebbero dati tutta quella pena a dare i natali alla sociologia, all’etnologia e a tante altre scienze umane?
Lombroso trasse dalle sue teorie la conseguenza che il diritto della società a punire i delinquenti si giustifica sulla base della loro pericolosità sociale;
su questo niente da dire, ma considerare un soggetto necessariamente delinquenziale sulla base della scarsa avvenenza causata da fronte bassa, sopracciglia sporgenti, un fisico tarchiato o altre caratteristiche fisiche non sembra un segnavia perfetto per le indagini di polizia.
Sfogliando l’album fotografico del più sanguinari serial killer americani, si trovano anche visi tutt’altro che ripugnanti o comunque con tratti regolari.
Con i criteri di Lombroso, il bel Renato Vallanzasca l’avrebbe tranquillamente fatta franca.
Oggi basterebbe un bravo chirurgo plastico, pagato con i proventi dei propri loschi traffici, per procurarsi una faccia da bravo ragazzo che allontani ogni sospetto.
La fisiognomica costituì un vero e proprio scivolone per una corrente di pensiero che si considerava razionale e oggettiva e basava ogni validità scientifica sul metodo sperimentale;
come mai accadde?
Forse perché quando si giunge ad assolutizzare qualsivoglia principio si perde lucidità, arrivando persino a contraddirlo.
Come ci ha insegnato Karl Popper, una teoria à valida solo se resiste a ogni tentativo di falsificarla. La Fisiognomica finì, suo malgrado, per falsificare il Positivismo da cui era nata.