Marcel Proust tra odori, sapori, colori

Tutti noi abbiamo provato la potenza evocativa di un odore o di un sapore, soprattutto se esso ci rimanda a un’esperienza della nostra infanzia, che per noi assuma una valenza particolare;

l’intera Recherche du temps perdu di Marcel Proust è pregna di echi di questo genere, si tratti del gusto della madelaine assaporata con il tè in un lontano giorno a Cambray, accanto alla nonna che ormai non è più o della salsedine dell’oceano di Balbec, che impregna le narici del protagonista durante la contemplazione delle fanciulle in fiore.

Nell’opera di Marcel Proust la memoria governa ogni cosa, da qualsiasi punto di vista;

ma è un flusso di ricordi arazionale, sensuale, rivissuto con l’intensità delle impressioni che lasciano tracce indelebili sull’anima.

Marcel Proust
Marcel Proust

Il tempo di Marcel Proust è la durée bergsoniana, il flusso della coscienza che conferisce un valore soggettivo alla misurazione degli eventi, tanto che la narrazione di una serata può corrispondere a un intero capitolo, prolungarsi per pagine e pagine, mentre una sola riga riassume giornate prive di valenza significativa.

È la memoria a conferire significato a ciò che si vive,

Perché ai turbamenti della memoria sono legate le intermittenze del cuore

(Marcel Proust, Sodoma e Gomorra).

Il tempo fugge e sfugge, lo si smarrisce nella vita per ritrovarlo solo nella scrittura, nell’arte; le esperienze vissute si trasfigurano, nulla che si possa afferrare e stringere tra le mani ha rilevanza, reca una qualche soddisfazione:

Si ama soltanto ciò in cui si persegue qualcosa d’inaccessibile, si ama ciò che non si possiede

(Marcel Proust, Albertine scomparsa)

conclude il protagonista quando ha davvero perduto Albertine, dopo aver desiderato più volte di lasciarla, di liberarsi della sua presenza dalla quale si sente limitato;

eppure quando elle scompare per sempre la nostalgia lo avvolge nelle proprie spire, inesorabile quanto inaspettata.

Il Narratore desidera sempre ciò che non ha, o meglio che non ha più.

Tuttavia in ogni ricordo, in ogni tentativo di recupero del tempo perduto, la concatenazione dei fatti non è data da una successione logica, bensì da legami stabiliti attraverso un dipanarsi di sensazioni psicologiche e fisiche, ove i cinque sensi divengono protagonisti assoluti:

“Ma basta che un rumore, un odore, già uditi o respirati un tempo, lo siano di nuovo, nel passato e insieme nel presente, reali senza essere attuali, ideali senza essere astratti, perché subito l’essenza permanente, e solitamente nascosta, delle cose sia liberata, e il nostro vero io che, talvolta da molto tempo, sembrava morto, anche se non lo si era ancora del tutto, si svegli, si animi, ricevendo il celeste nutrimento che gli è così recato (…)

Ciò spiega perché le mie inquietudini a proposito della mia morte fossero cessate nel momento in cui avevo riconosciuto inconsapevolmente il sapore della piccola madelaine, poiché in quel momento, l’essere che ero stato, era un essere extratemporale, e dunque incurante delle vicissitudini dell’avvenire”

(Marcel Proust, Il tempo ritrovato).

Nulla dunque si ritrova di un’intera vita, se non mediante la traccia mnestica che gli eventi hanno lasciato sui nostri sensi.

Marcel Proust la memoria e le riflessoni, tra odori, sapori, colori

Le riflessioni proustiane, si diceva, hanno ben poco a che vedere con la sfera razionale.

Marcel Proust, ritratto

L’atmosfera de À la recherche du temps perdu è estremamente onirica, tutto è avvolto in un alone sfumato come in un quadro impressionista, perché sono appunto le impressioni dell’Autore a narrare vicende di per sé stesse non eccezionali, ma che divengono uniche e irripetibili proprio in quanto trasfigurate dalla coscienza che le osserva e vive internamente, lasciandosi influenzare da particolari ai quali essa stessa conferisce i propri significati:

“Tutto questo modifica il carattere della mia tristezza introspettiva quanto le impressioni di luci o di profumi che le erano associati”

(Marcel Proust, Il tempo ritrovato).

La concatenazione dei fatti non è data da una successione logica, bensì da legami stabiliti attraverso un dipanarsi di sensazioni psicologiche e fisiche, ove i cinque sensi divengono protagonisti assoluti.

D’Annunzio sosteneva di voler fare della propria vita un’opera d’arte;

Marcel Proust invece vive solo all'interno della propria arte, ne è inglobato al punto che è l’Arte stessa a creare Proust, sia in quanto uomo che in quanto scrittore:

“La vera vita, la vita finalmente messa a nudo e chiarita, di conseguenza la sola vita pienamente vissuta, è la letteratura”

(Marcel Proust, Il tempo ritrovato).

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