Scrittori francesi e il caffè nelle pagine dei capolavori
Entrare in una caffetteria come uno scrittore francese di altri tempi, sedersi e prendere un caffè con calma è un gesto che ha un effetto propedeutico quando ho bisogno di riflettere.
Non solo mi aiuta a concentrarmi il bla-bla di fondo, ma contribuisce anche l’aroma che sale dalla tazzina di caffè.
Lo prendo in brevi sorsi, molto lentamente.
E in breve tempo, la caffeina fa il suo miracolo e lavora come induttrice di idee e stimolazione della creatività rendendomi simile ad Honoré de Balzac... Non sto riferendomi alla prosa, ma al fatto che, come me, lo scrittore francese è stato un grande consumatore di caffè.
Lo suggerisce anche uno studio condotto da Holly Taylor e dai suoi colleghi dell'università di Tufts, che bere una tazza di caffè migliora la nostra capacità di elaborare le informazioni.
Lo studio, seppure condotto su un numero abbastanza basso di partecipanti, era incentrato sulla la capacità del cervello di identificare gli errori grammaticali.
Dall’analisi sono emerse due indicazioni interessanti:
la prima è che ai grandi consumatori di caffè occorre un surplus maggiore di caffeina per migliorare la propria efficienza;
la seconda è che per tutti gli altri basta davvero poco, duecento milligrammi, per diventare molto più abili ad identificare errori grammaticali in una lettura rapida nella propria lingua.
E naturalmente questo ci riporta ad Honoré de Balzac e alla sua opera “La Commedia umana” (La Comédie humaine).
Il caffè nei capolavori dello scrittore francese Honoré de Balzac
Si dice che durante la creazione della sua pantagruelica raccolta sulla natura umana, ispirata nel nome dalla Commedia di Dante, lo scrittore francese consumò circa cinquantamila tazzine di caffè.
Se visitate Maison Balzac a Parigi, dove ha abitato dal 1840 al 1847, vedrete la caffettiera bianca di Limoges con le sue iniziali con la quale preparava litri di caffè che si mescolavano con il sistema nervoso centrale dello scrittore per creare i quasi novanta romanzi che compongono La commedia umana e le altre opere dell’autore come "La Rabouilleuse", "Une Ténébreuse Affaire" e "La Cousine Bette".
La preparazione del caffè per Balzac era un vero rito:
"Quando la cena era archiviata, era impegnato con la seria questione del caffè...”
rigorosamente forte, nero (senza latte) e senza zucchero!
Dubito che, anche bevendo centomila tazze di caffè, qualcun altro avrebbe potuto scrivere cosi tante pagine di capolavori della letteratura.
Il Café Procope e gli scrittori francesi che amano il caffè
Però fra gli scrittori francesi il caffè era molto apprezzato e se monsieur Balzac era un grande consumatore Voltaire, forse, lo era ancora di più.
Beveva il caffè dalle 50 alle 72 volte al giorno e tenendo conto che durante la sua vita anche il filosofo ha prodotto un’opera particolarmente vasta... rischiamo di diventare ripetitivi.
Voltaire però oltre ad apprezzare la bevanda frequentava, più di Balzac, le caffetterie parigine, come il Café Procope uno dei caffè storici europei ancora aperti tutt’oggi.
L'origine del Procope risale al 1686 quando il siciliano Francesco Procopio dei Coltelli, stanco di vedersi circondato da taverne e cabaret francesi, decise di aprire un luogo elegante per gli uomini raffinati della corte di Luigi XIV.
Il luogo originale era in via Tournon ma presto lo trasferì nel suo attuale indirizzo: al numero 13 di rue de l'Ancienne Comédie dove divenne il primo locale a Parigi in cui non veniva servito vino ma caffè;
un prodotto che allora era appena arrivato dallo Yemen alle grandi città del vecchio continente europeo.
La storia del Café Procope, come quella di altre caffetterie in tutto il mondo, si intreccia con quella di molti personaggi, ma volendo restare principalmente agli scrittori francesi oltre a Voltaire da qui passarono:
Destouches, Piron, Rousseau, Danchet, Lachaussée, Diderot… Era per il delizioso veleno nero che questi uomini di lettere e di genio frequentavano le caffetterie parigine?
Sì, per quanto riguarda alcuni; no, per gli altri, naturalmente.
La Comedie-Francaise era lì vicino, ed era naturale che coloro che la frequentavano restassero il più a lungo possibile nello stesso quartiere e, di conseguenza, erano in molti che trascorrevano le proprie giornate al Cafe Procope.
Ah, dunque, il caffè inteso come locale e come un centro di notizie e di pettegolezzi di ogni genere, magari anche di quelli che fanno la storia con la “S” maiuscola, anche di questo sarebbe interessante parlare… ma tornando ai caffè dei letterati francesi, naturalmente niente cambiò anche dopo le varie rivoluzioni, si sa, le abitudini, anche quelle buone, sono difficili da perdere.
E se facessimo un salto nel tempo e cercassimo fra gli scrittori francesi altri amanti del caffè?
Altri autori cui il caffè ha ispirato capolavori letterali?
Per esempio: Marcel Proust.
Per scrivere non sembra amasse i luoghi pubblici visto che leggenda vuole scrivesse in una stanza resa totalmente isolata dai rumori con il sughero. Ma se questo oggi sembra meno eccentrico che all’epoca, visto i tempi rumorosi nei quali viviamo, le sue abitudini alimentari non hanno perso la capacità di lasciare un po’ basiti.
Per periodi anche abbastanza lunghi, magari mentre scriveva Alla ricerca del tempo perduto (À la recherche du temps perdu), consumava solo due tazze di caffè-latte accompagnati da due croissant, che poi repentinamente alternava con pranzi abbondanti.
Come da tali abitudini alimentari sia scaturita un’epifania come les Petites Madeleines mi appare incomprensibile, anche perché in quel frangente è il tè, maggior rivale del caffè fra le bevande stimolanti, protagonista assieme alla maddalena dello stimolo rivelatore.
Da tutti è conosciuta la predilezione di artisti e intellettuali per le sostanze che portato ad allucinazioni o alterano lo stato di coscienza, le usano, per raggiungere Capo Finisterre in modo chiaro e rapido quando altrimenti gli risulterebbe distante e nebbioso.
Charles Baudelaire, ispiratore dei poeti maledetti, assumeva hashish per scrivere di paradisi artificiali, Jean Paul Sartre, l’autore de “La nausea” sperimentò con la mescalina e William S. Burroughs scrisse Junkie ben conoscendo gli effetti dell'eroina.
La differenza è che tali sostanze sono spesso state marginali ed illegali, ma non la caffeina, che, non solo è legale, ma è anche la sostanza psicoattiva più diffusa al mondo, e per fortuna aggiungo, in una bevanda, il caffè, decisamente piacevole da assumere.
Articolo per Caffè e Cultura Scrittori francesi e il caffè nelle pagine dei capolavori di Roberto Roverselli
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