Il geranio di Robin Hood
Comincia a fiorire a maggio, nei boschi umidi a clima temperato, e i suoi fiori rosa, poco più grandi di un centimetro, occhieggiano nell’ombra e nel verde sino a ottobre.
I peli ghiandolosi conferiscono a questa pianta un aspetto rossastro e l’odore sgradevole che emana la rende poco invitante. Raramente raggiunge il mezzo metro di altezza. Le foglie sono sporgenti, bipennate, assai segmentate e pubescenti.
Avete capito di quale erba si tratta?
Appartiene alla famiglia delle Geraniacee, della quale conosciamo meglio le varietà ornamentali che impreziosiscono balconi e aiuole.
Il suo nome latino è Geranium robertianum L. e vanta una tribù di nomi volgari.
C’è chi la chiama “cimicina”, perché puzza come l’omonimo insetto, oppure “occhi d’uccello” dato che nella maggior parte dei casi i fiori sono abbinati a due a due, oppure ancora “erba roberta” e questa è senz’altro la versione più comune: si riferisce al culto di san Roberto (o san Ruperto) che, secondo la santa botanica Ildegarda di Bingen, ne aveva scoperto per primo le virtù curative.
Ma potrebbe derivare anche dal termine latino ruber, ossia rosso, per la sfumatura delle foglie.
Nel mondo anglosassone, si preferisce denominarla “poor Robin” se non addirittura “Robin Hood”.
Anche in Francia la chiamano “Robin des bois”, sempre in omaggio al personaggio leggendario di cui, fra gli altri che scrissero di lui, Alexandre Dumas tramandò le gesta in forma di romanzo.
Che cosa c’entra Robin Hood, dunque?
Si narra, infatti, che l’eroico Robin, il quale rubava ai ricchi per aiutare i poveri, tenesse in grande considerazione quest’erba e la utilizzasse per curare le ferite di spada o di lancia che i suoi arcieri si procuravano negli agguati contro i soldati dello sceriffo di Nottingham.
In Irlanda l’erba roberta è il simbolo dell’amore coniugale:
per questo i fidanzati, all’inizio di maggio, vanno per boschi cercando di comporne graziosi mazzolini non particolarmente olezzanti…
Nel linguaggio dei fiori, come tutti gli altri gerani, l’erba roberta purtroppo indica la stoltezza.
Ciò avviene per colpa di Madame de Staël, che ebbe la disavventura d’invaghirsi di un avvenente ufficiale.
Il poveretto però non era brillante e non era in grado di sostenere l’arguta conversazione della scrittrice che, indispettita, lo paragonò a un fiore senza profumo.
A un geranio, appunto!
Dal punto di vista fitoterapico, l’erba roberta contiene alcuni interessanti principi attivi:
la genaniina, che è un principio amaro, un’alta percentuale di sostanze tanniche, l’acido ellagico, resine e olio etereo in larga quantità.
Come droga medicinale, si usa la pianta essiccata, non fresca perché l’abbondante presenza di tannino la rende irritante e revulsiva.
Già nell’antichità, infatti, veniva applicata con buoni risultati sulle contusioni e ancora oggi i medici naturalisti consigliano cataplasmi di foglie fresche sulle ulcere a lento decorso, sulle dermatosi e sulle eruzioni cutanee in genere.
L’ infuso si prepara versando due cucchiai rasi di erba roberta in mezzo litro d’acqua, si porta a bollore, si spegne il fuoco e si lascia riposare per una decina di minuti, sotto coperchio, prima di filtrare e di dolcificare a piacere.
Diversi sono gli impieghi: giova come collutorio in caso di stomatiti (come il lampone) o per gargarismi nelle infiammazioni della gola. Leclerc studiò questa pianta per combattere il diabete, inducendo nei pazienti che aveva in cura un netto abbassamento del tasso glicemico. È astringente nei fenomeni di diarrea e lenitivo nei disturbi gastrointestinali in genere.
In omeopatia se ne impiega l’estratto fluido nelle affezioni del sistema linfatico (ingrossamento delle ghiandole).
E poi, se già se ne serviva Robin Hood, perché non provare questo piccolo fiore della foresta di Sherwood?