Indonesia sconosciuta, Sonda: le isole al confine del tempo.
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Ho affrontato questo viaggio nell’agosto del 2013 senza sapere bene cosa aspettarmi. Le notizie riguardanti questi luoghi sono piuttosto scarse. Si è rivelato in realtà una delle esperienze più emozionanti che io abbia mai vissuto.
Leggere lo stupore sul viso di uomini e donne nel vedere la mia pelle bianca e il mio abbigliamento per loro stravagante, vedere le loro mani allungarsi timorose per toccarmi e verificare se fossi reale, sorridere di fronte a bimbi che fuggono spaventati al mio cospetto quasi fossi un fantasma sono sensazioni che non pensavo di poter vivere e che mi hanno profondamente commosso.
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L'Indonesia, il più grande arcipelago del mondo, disteso tra gli oceani Indiano e Pacifico, comprende migliaia di isole, per la gran parte, di origine vulcanica, ognuna delle quali ha ambienti naturali, gruppi etnici, culture, tradizioni, architetture e costumi suoi propri, che la differenziano da tutte le altre.
In una tale variegata, variopinta e naturale umanità non deve stupire che, nonostante il crescente interesse del turismo internazionale,
molte regioni siano rimaste ancora al di fuori da qualsiasi flusso turistico e possano tuttora apparire pressoché vergini agli occhi del visitatore.
Ho visitato le estreme isole orientali della Piccola Sonda
(Nusa Tenggara Timur), da Lembata, ad Alor, a Timor, con tutti i possibili mezzi reperibili sul posto, barche, pullmini, camion e anche a piedi, per raggiungere i villaggi più isolati ed autentici.
Dall'Italia volo a Denpasar (Bali) e da qui ancora volo per Kupang, nella parte indonesiana dell'isola di Timor, base di partenza per l'esplorazione delle montuose aree centrali di Soe e Kefamenanu, ricche di villaggi.
Raggiungo None, ultimo villaggio di cacciatori di teste, e Temkessi, entrambi dell'etnia Dawan, con le caratteristiche capanne ad alveare, e poi Manulea, dell'etnia Balunese, fino al remoto villaggio di Fatumasi, alto sulle montagne.
In alcuni di questi villaggi risiedono ancora i re o le regine degli antichi regni di Timor, che godono tuttora di grande influenza sulla popolazione.
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Con la barca, dal porto di Atapupu, parto per la remota isola di Alor, poverissima ancor più ricca di culture tradizionali, con ben otto diversi gruppi etnici e linguistici.
A Kalabahi, dopo la visita ai villaggi più facilmente accessibili, Bompalola, Mombang, Takpala, mi addentro verso le incontaminate regioni dell'interno, ancora praticamente sconosciute al turismo (villaggi di Kobra, Padam-Panjang, Kaipera).
Un trekking di due/ tre giorni mi permette di arrivare ai villaggi più isolati, non raggiunti dalle strade, prima di spingermi nelle regioni più orientali, verso Lantoka e Maritain, per entrare in contatto con altri gruppi etnici.
Per la notte chiedo ospitalità al "kepala desa" (capovillaggio) e dormo nelle tradizionali capanne aloresi (rumah gudang), in modo da conoscere più da vicino la vita di queste popolazioni, sicuramente incuriosite quanto me dal mio arrivo.
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Una volta rientrata a Kalabahi, con una improbabile barca a noleggio navigo 3/ 4 giorni tra le isole di Ternate, Pura, Trewen e Pantar, con fondali giudicati tra i più belli dell'intera Indonesia, ricchi di ogni genere di coralli e pesci tropicali.
Da Alimaka, sull'isola di Pantar, mi spingo all'interno, verso Kakamauta, per salire al cratere del vulcano Gunung Sirung (600 m, 2 ore), occupato da un bel lago sulfureo circondato da fumarole ma il capo villaggio non si trova e senza il suo permesso non si può effettuare il trekking.
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Mi aspetta ancora l'isola di Lembata, che raggiungo sbarcando a Lewoleba, dove con un precario pulmino attraverso le montagne e raggiungo il villaggio di balenieri di Lamalera, con grandi tranci di carne di balena stesi a seccare su tutte le case.
Uno dei posti più incredibili che io abbia mai visto. L’unico luogo al mondo dove ancora oggi è permessa la caccia al grande cetaceo che viene fatta con antichi e pesantissimi barconi di legno da pescatori che usano semplicemente un arpione a mano.
Assisto alla pesca di razze, squali, tonni e pesci mai visti.
La quantità di pesce pescato deve servire semplicemente per sfamare la gente del villaggio che non possiede frigoriferi per la conservazione.
Tutto viene diviso dal capotribù, utilizzato e conservato attraverso l’essicazione o l’affumicatura, senza sprecare nulla. Anche le ossa delle balene servono per fare gli steccati intorno alle capanne.
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Un'ultima escursione a Jontona ed al vicino villaggio tradizionale di Kampung Lama, base di partenza per il cratere del fumante Ili Api (1450 m, 3-4 ore), prima di prendere la barca pubblica per Larantuka, sull'isola di Flores, e proseguire tra mare e vulcani per Maumere, dove mi attende il volo per Denpasar e la successiva coincidenza per l'Italia.
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(foto e video del reportage di Barbara Taglioni)
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