Hawa Mahal, il Palazzo dei Venti indiano dalle 953 finestre
Se Jaipur è chiamata la città rosa, non è per un capriccio ma per il tono rossastro dell'architettura urbana.
Non è neppure qualcosa che deriva dalla tradizione, a meno che non si consideri il rosa il colore dell’ospitalità.
Fu per questo che nel 1876 in occasione della visita del Principe di Galles Alberto, marito della regina Vittoria si dipinsero di questo colore tutte le case e da allora è tutelato dalla legge e reso obbligatorio per le strade del centro storico.
E se si deve dare l'esempio di cui sopra gli altri sicuramente l'Hawa Mahal o Palazzo dei venti è quello più spettacolare.
Jaipur è la capitale del Rajasthan, dove si svolge il festival dei colori, Holi e l’Elephant Festival e dove putroppo gli elefanti vengono maltrattati, lo stato settentrionale dell'India il cui nome significa Terra dei Rajas.
È una regione piuttosto arida, che però è costellata di imponenti palazzi e fortezze.
Il Hawa Mahal è nel cuore di una città il cui sviluppo fu fatto in modo razionale, reticolare, sin dalla sua fondazione nel XVIII secolo.
La facciata del Hawa Mahal è inconfondibile, una vera cartolina, mentre il retro dell’edificio è decisamente più semplice.
Costruita con pietra arenaria nel 1799 da Lal Chand Ustad per Maharajah Sawai Pratap Singh, il Palazzo dei Venti era in pratica una zenana (appartenente alle donne) o gineceo (nell'Antica Grecia era la parte interna della casa, riservata alle donne).
Era nel Palazzo dei Venti che le signore della corte potevano vedere le processioni e quanto accadeva in città al sicuro dagli occhi della gente comune. Da qui il numero straordinario di finestre, novecento cinquanta tre, attraverso le quali soffiava il vento, da cui il nome dell'edificio.
Le finestre seguivano le norme del purdah (la pratica che vieta alle donne di farsi vedere) con la realizzazione in esse di decorazioni colorate e disegni.
Tutti questi vani sono divisi da cinque piani che diminuiscono di dimensioni verso l'alto, per alcuni ispirati alla corona di Krishna e che in altri ricordano la coda di un pavone.
È interessante notare che ciascuno di questi piani ha solo una stanza e si sale tramite rampe invece che con scale.
Lo spessore delle pareti è scarso, appena venti centimetri, che, insieme alle correnti d’aria di cui abbiamo già fatto cenno sopra (che scorreva attraverso le finestre), danno freschezza all'interno.
Elementi architettonici in stile Rajput e quello di origine Mughal sono miscelati ma riconoscibili anche nella profusione di archi polilobati (cioè formato da più lobi come può esserlo una finestra).
Il vento che oggi come ieri si incanala nei reticoli di grate e finestre rinfrescando i turisti che hanno sostituito le donne del palazzo produce ancora la melodia che ha dato il nome al palazzo.
Foto Wikipedia, Rosbach