Gli Orsi della Luna e le fattorie della bile

Gli orsi tibetani, conosciuti anche col nome di Orsi della Luna, subiscono un brutale trattamento in numerosi allevamenti del sud-est asiatico dove vivono rinchiusi in gabbie strettissime per estrarne la bile, ingrediente usato nella medicina tradizionale cinese.

 

In precedenza la sostanza era ricavata dagli animali uccisi ma, durante gli anni Settanta, l’orso tibetano divenne specie protetta e se ne proibì la caccia.

Quindi si ritenne più economico catturare gli orsi e sfruttarli per tutta la vita, che dura sui vent’anni, in queste fattorie-lager.

Gli animali sono sottoposti a prelievi quotidiani attraverso cateteri di metallo inseriti nella cistifellea in condizioni igieniche pessime che causano spesso infezioni e tumori.

Inoltre, per stimolare la produzione di succo, vengono alimentati con pastoni privi di numerosi nutrienti e vitamine portando spesso a fenomeni di denutrizione.

Infine, a causa delle dimensioni estremamente ridotte delle gabbie di detenzione che misurano circa due m³ per bestie che raggiungono l'altezza di due metri, sono comuni piaghe e deformazioni ossee che portano alla paralisi.

Gli orsi che sopravvivono a tali torture spesso impazziscono, arrivando a compiere pratiche autolesioniste che possono condurre a morte prematura.

Per evitarlo è prassi comune tra gli allevatori estirpare denti e artigli.

Si raccontano episodi aberranti riferiti da operai che lavorano nelle strutture.

A un’orsa era stato preso il cucciolo che piangeva mentre gli inserivano la cannula: la madre riuscì a liberarsi dalla gabbia, correre dal piccolo e tentare di liberarlo dalla catena.

Non riuscendovi l’orsa strinse il figlio in un abbraccio disperato fino a soffocarlo per evitargli una vita d’inferno. Dopodiché si scagliò a testa bassa contro un muro uccidendosi a sua volta.

Non so se la storia è vera ma l’incubo quotidiano di questi animali esiste: la loro sofferenza difficile da descrivere, martellante come il battito angosciato dei loro cuori.

La prima persona a interessarsi attivamente a loro fu l’inglese Jill Robinson che nel 1993 visitò uno degli allevamenti.

Nel 1998 fondò l’Animal Asia Foundation e l’anno successivo il Centro di Recupero degli orsi salvati.

Orsi della luna salvati dalla fattoria della bile   Una donna che, aiutata da pochi amici, affrontò una sfida più grande di lei per cambiare una mentalità millenaria.

Dapprima si recava dai contadini per riscattare le sfortunate bestie, poi intraprese trattative col governo cinese e vietnamita per la chiusura e la conversione delle fattorie in altre attività e offrire agli agricoltori nuove opportunità di lavoro.

Gandhi sosteneva che ognuno di noi dovesse essere il cambiamento che voleva vedere nel mondo e Jill ne ha messo in pratica le parole. 

Oggi Animal Asia, che si occupa anche dei cani e gatti brutalmente usati come cibo e pelliccia, è diventata una realtà con distaccamenti nei diversi paesi: in Italia con l’Animal Asia Foundation Italia Onlus.

Oggi Animal Asia, che si occupa anche dei cani e gatti brutalmente usati come cibo e pelliccia, è diventata una realtà con distaccamenti nei diversi paesi: in Italia con l’Animal Asia Foundation Italia Onlus

Le donazioni consentono di adottare un orso di cui viene inviata una foto ogni anno e si è informati di quanto realizzato e costruito.

Contribuire all’attività dell'associazione permette di regalare una speranza di vita agli orsi prigionieri sottraendoli a una vita indegna e terribile. Allo stesso tempo i contadini delle zone hanno l’opportunità di riconvertire l’attività e svolgerne altre di maggiore utilità.

Gli animali hanno propri diritti e dignità come te stesso. E’ un ammonimento che suona quasi sovversivo. Facciamoci allora sovversivi: contro ignoranza, indifferenza, crudeltà. (Marguerite Yourcenar)

(foto orso della luna Paola Iotti)