Vivere con il dolore cronico
Il dolore cronico è un disturbo piuttosto diffuso e allo stesso tempo uno dei meno conosciuti ed affrontati. Secondo l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) è uno dei maggiori problemi mondiali di salute pubblica.
Le cause comprendono malattie croniche (esempio: neoplasie, artrosi, artrite..), lesioni (esempio ernia del disco) e disturbi con dolore primario (fibromialgia, emicrania, mal di schiena, endometriosi, nevralgie...).
È necessario un trattamento multifattoriale e non solo farmacologico.
Cos'è il dolore cronico?
Il dolore cronico è un dolore che si protrae oltre i tempi normali di guarigione di una lesione o di un'infiammazione e che perdura per anni.
È riconosciuto come una vera e propria patologia a causa delle sue conseguenze invalidanti non solo nei gesti e movimenti quotidiani (autonomie personali), ma anche a livello sociale, emozionale e lavorativo (sono frequenti le assenze dal posto di lavoro).
Esso è spesso associato a depressione, disturbi del sonno e ansia.
Il dolore cronico colpisce maggiormente le donne.
È importante che venga riconosciuto e diagnosticato in tempi brevi così da poter essere trattato precocemente. Purtroppo è spesso sotto diagnosticato e ciò comporta evidenti conseguenze cliniche.
Terapia farmacologica
Generalmente nella cura del dolore cronico si ricorre ad analgesici, antidolorifici, antinfiammatori non stereoidei (FANS) e miorilassanti.
Chi ne soffre probabilmente potrebbe aver provato diversi farmaci e altri trattamenti per alleviare i sintomi ma il dolore non ha smesso di tormentarli debilitandoli e incidendo in maniera significativa sulla loro vita (assenze da lavoro, rinunce ad attività importanti, serate con famigliari e amici..).
Questo accade perché essendo il dolore un sintomo multidimensionale complesso la terapia non può esser limitata solo all'uso di farmaci ma è necessario un trattamento che consideri la persona nella sua totalità.
Il punto fondamentale della terapia del dolore cronico è quello di garantire una migliore qualità di vita.
Come detto precedentemente, il dolore cronico può essere associato ad ansia, disturbi del sonno e dell’umore, solitudine e senso di incapacità di poter controllare la situazione.
Tutto ciò può condurre a diverse paure, come: paura che il dolore diventi incontrollabile, di giungere al punto in cui si possa perdere la propria autonomia e/o il proprio ruolo sociale.
Alla luce di ciò è comprensibile l’importanza di un sostegno psicologico.
Lo psicologo è di aiuto non solo al paziente con dolore cronico ma anche ai suoi familiari.
A riguardo particolarmente efficace risulta essere la terapia cognitivo – comportamentale.
L’Acceptance and Commitment Therapy (ACT) nel dolore cronico
L’ACT è un approccio cognitivo – comportamentale mindfulness-based (se non sai cosa sia la mindfulness leggi l’articolo “Migliora il tuo benessere con la mindfulness”).
Secondo tale approccio un primo fondamentale passo è l’accettazione del dolore al fine di migliorare la qualità di vita della persona.
Il dolore ha lo scopo di dirci che qualcosa non va nel nostro corpo e che è necessario far qualcosa per porre rimedio.
Il problema del dolore cronico, però, è che tale dolore non cessa mai.
Ciò induce a pensare che bisogna fare qualcosa per evitarlo o ridurlo. Ma.. evitare il dolore non fa altro che amplificarlo.
Cosa significa ciò? Significa che se non si accetta il dolore oltre ad esso nella propria vita si genererà sofferenza. Come se il dolore non fosse già abbastanza…
Questo accade quando si mettono in atto i comportamenti di evitamento che, se nel breve termine sembrano essere la soluzione più adatta, a lungo termine non fanno altro che alimentare un circolo vizioso che conduce ad una battaglia che non potrà essere vinta.
I comportamenti di evitamento comprendono:
- L’uso di farmaci al fine di evitare completamente il dolore piuttosto che ridurlo;
- Non impegnarsi in determinate attività perché causeranno o potrebbero causare dolore;
- Accontentarsi di avere meno di quanto si vorrebbe poiché si crede fermamente che il dolore escluda tali possibilità…
Adottare tali comportamenti potrebbe sembrare un'ottima strategia per controllare l’esperienza del dolore.
In realtà in questo modo non si fa altro che aggiungere sofferenza aumentando sempre più la distanza dalla vita che si vorrebbe vivere e da ciò che è ritenuto importante.
Facciamo un esempio:
un’amica ti invita ad uscire per una passeggiata.
Scegli di non accettare la proposta così da evitare il dolore che potrebbe scaturire dalla passeggiata o che potrebbe aumentare in seguito ad essa.
Il dolore, però, è presente e continua ad esserlo nonostante la scelta/rinuncia effettuata.
Se si reitera tale comportamento nel tempo la realtà sarà che il dolore continuerà ad essere presente, mentre la tua vita andrà sempre più a impoverirsi.
Il dolore è, secondo l’ACT, simile a ciò che accade se ci trovassimo intrappolati nelle sabbie mobili:
più tentiamo di lottare, più verremo risucchiati all'interno.
Alla luce di quanto esposto è chiaro perché tale approccio ritenga importante entrare in contatto col dolore e dargli spazio per imparare a vivere con esso piuttosto che lottarci.
L’ACT si occupa quindi non del dolore di per sé ma della sofferenza che aumenta il malessere causato dal dolore stesso.
Partendo dalla sua accettazione e aiutando a impegnarsi in un’esistenza significativa (cioè che persegue i valori che per ognuno di noi rendono la vita degna di essere vissuta) l’ACT aiuta a smettere di attendere mettendo tutto in stand-by e aiuta a vivere nonostante il dolore, insegnando un modo più funzionale di gestire non solo il dolore ma anche i pensieri ad esso associati.
L’accettazione e l’impegno a condurre una vita piena e significativa permette, inoltre, una riduzione dello stress, dell’ansia e della depressione che favoriscono l’insorgenza e il mantenimento del dolore cronico.
Foto da Pixabay, elaborazione Roberto Roverselli per CaffèBook