Esami, voti e professori
Lina Pietravalle è stata una scrittrice e giornalista vissuta nella prima metà del Novecento. La donna racconta con ironia l'esame di quinta elementare svolto a Torino nel 1897, in cui doveva esporre "Ciò che vedo dalla mia finestra: pensieri, riflessioni e propositi per l'anno nuovo".
Lina è sincera: si domanda cosa c'entri una finestra con le intenzioni per l'anno nuovo ma scrive la verità. Lei studia in un piccolo sgabuzzino e da quella stanza vede solo la finestra dell'appartamento di fronte in cui vive una signora in compagnia di Toni, un gatto nero e grasso.
Inventa un dialogo con il felino, spietato cacciatore di topi: la bambina invidia l'animale perché non deve eseguire compiti scolastici seccanti e ascoltare lezioni in cui non si capisce nulla.
Toni può vivere una vita felice facendo quello per cui è nato, ossia l'assassino di topi: se ne sta sdraiato a leccarsi i baffi, tranquillo e beato dopo i suoi omicidi, ricevendo carezze dalla padrona. Lina conclude: «Vorrei essere te, gatto nero, e sono sicura che, col tuo zampino, a questo tema prendi un bel dieci e un topo fresco».
All'inizio la commissione d'esame ride a ogni riga che legge, divertita da dialoghi e pensieri fuori dalle regole: subito assegna un sei che, però, si trasforma in un cinque e, alla fine, in un irrecuperabile quattro.
La commissione ha premiato le alunne che, dalla loro finestra, erano riuscite a osservare scene eclatanti: cestini con colazioni regalate a vecchietti smunti, bambini che piangevano la morte di infiniti parenti, addirittura lo svolgimento delle guerre d'indipendenza o il percorso del fiume Po con tutti i suoi affluenti.
Il compito che meritò il massimo, un tondo dieci, parlava della Mole Antonelliana e dell'Ospedale Cottolengo.
Alla fine venne preferita la finzione alla divertente originalità di chi aveva letto la realtà, trasformando un ordinario gatto in un personaggio accattivante.
Per fortuna, intervenne il presidente che tramutò il quattro in un sette, incoraggiando la piccola Lina a scrivere sempre quel che vedeva.
Si trattava di Dino Mantovani, noto scrittore e critico letterario. Se non fosse stato a capo della commissione e non avesse modificato il giudizio dando fiducia alla ragazzina, Lina sarebbe diventata una scrittrice?
Daniel Pennac è stato uno studente svogliato, che aveva paura della scuola e, trovandosi in grande difficoltà con le lezioni di francese, inventava ogni volta storie per giustificare la mancanza di preparazione.
Il suo insegnante del liceo, invece di dargli un secco quattro e dire ai genitori parole negative e sprezzanti, lo stimolò, proponendogli un patto: non lo avrebbe interrogato e chiesto compiti se lui avesse scritto un romanzo, consegnandogli dieci pagine alla settimana.
«Sei dotato di molta fantasia» gli disse, «perché non la usi per creare una storia, invece di sprecarla a inventare bugie?»
Pennac, intervistato, rivelerà che quel docente gli salvò la vita, consentendogli di superare le paure e scoprendo qualità che gli permisero di diventare professore e scrittore.
Pennac era dislessico, in particolare disortografico, ma il suo insegnante fu capace di oltrepassare atteggiamento e risultati negativi dell'allievo, comprendendone potenzialità e passioni.
Se non lo avesse incontrato, Pennac sarebbe diventato quello che oggi conosciamo?
Giorgio Faletti, di cui si ricorda la scomparsa avvenuta il 4 luglio di quattro anni fa, da ragazzo sognava di fare lo scrittore. Lui si definiva pigro per affrontare un'attività come quella della scrittura che richiede metodo e impegno costante e raccontava che, dopo la laurea in Giurisprudenza, preferì fare il cabarettista dato che gli riusciva bene. Ma, a scuola, alcuni professori criticarono i suoi sogni letterari, sfottendo le sue velleità artistiche. Faletti, oltre che comico, si è distinto come autore di canzoni, cantante, attore drammatico. Ed è diventato scrittore. Il suo primo libro, "Io uccido", ha venduto oltre un milione di copie e Faletti venne definito dal maestro del thriller Jeffery Deaver, «uno che diventerà leggenda».
I successivi romanzi balzarono tutti in testa alle classifiche: nel 2006, prima che uscisse "Fuori da un evidente destino", ambientato in Arizona e dedicato agli indiani Navajos, il regista Dino De Laurentiis ne acquistò i diritti per farne un film.
Giorgio Faletti era un artista poliedrico estremamente sensibile: chi lo ha giudicato a scuola, forse, non era altrettanto sensibile per percepirne le indubbie doti.
Samuele Gamba è un giovane artista che ha sempre desiderato studiare pittura ma i cui insegnanti avevano sempre sconsigliato di frequentare il liceo artistico. Si convinse di essere incapace e frequentò una scuola professionale: per fortuna, diede ascolto anche alla sua anima che lo spinse a seguire la passione per l'arte, studiando per conto proprio. Una volontà che lo ha portato a creare bellissimi quadri in cui descrive il mondo visto attraverso gli occhi della dislessia.
L'arte è il canale attraverso cui la sua personalità si esprime al meglio. Ma i suoi insegnanti non lo avevano capito.
Samuele è la dimostrazione che la determinazione può superare molti limiti, ma non tutti riescono a usarla e, in ogni caso, l'atteggiamento dei docenti lo ha fatto soffrire molto durante il percorso scolastico.
Esami, voti e professori:l'insegnante un mestiere o una missione?
Fare l'insegnante o il medico non è solo un mestiere ma una missione. Se si vuole svolgere un'attività più tranquilla, è meglio fare altro.
É facile insegnare a uno studente capace e deciso a imparare, meno semplice vincere ostruzionismi e difficoltà.
È molto più comodo catalogare gli allievi meno dotati con una secca insufficienza e un acido giudizio: «suo figlio ha imparato poco e male la mia materia in questi anni!»
Non tutti gli studenti possiedono l'attitudine dello scrittore, del giornalista o del pittore, ma troppi insegnanti dimenticano che il loro compito è soprattutto quello di educare e far crescere le personalità dei ragazzi e non solo dare voti: certi atteggiamenti di sfiducia possono tarpare le ali di brillanti carriere in altri settori, impedendo ai caratteri di maturare.
In una intervista Pennac afferma che "un docente deve essere per prima cosa professore di tutti gli alunni e poi insegnare la sua materia. La difficoltà per un insegnante di matematica è far comprendere perchè due più due fa quattro senza darlo per scontato.
Il docente deve far finta di non sapere la risposta e la soddisfazione maggiore è trasformare un alunno incapace di fare addizioni in un matematico".
Pennac racconta di aver avuto tra i suoi allievi un ragazzo che, a quindici anni, faceva errori incomprensibili nei dettati. Ne parlò per giorni con un collega per capire la ragione; alla fine scoprì che l'alunno era sordo a determinate frequenze.
Nemmeno la madre se ne era accorta, pensando che il ragazzo fosse solo distratto, come i precedenti docenti.
Insegnare è una delle arti più impegnative. Freud sosteneva che i mestieri più difficili fossero, nell'ordine, quello del genitore, dell'insegnante e dello psicologo.
L'atteggiamento dell'insegnante è fondamentale e molti psicologi hanno spiegato che l'apprendimento è influenzato dalla considerazione degli altri e dal loro modo di porsi.
Se il maestro ha fiducia nelle capacità dello studente, trasmetterà a livello conscio e inconscio messaggi che lo stimoleranno a "realizzare" l'opinione incoraggiandolo e spronandolo. Allo stesso modo avviene quando il giudizio è negativo: la sfiducia degli altri farà sì che l'apprendista si convinca di non essere dotato, portandolo a risultati mediocri.
Muhammad Ali, al secolo il campione di pugilato Cassius Clay, raccontava che "i campioni non si creano in palestra. Si costruiscono dall'interno, partendo da qualcosa che hanno nel profondo: un desiderio, un sogno o una visione. Devono avere l'abilità e la volontà. Ma la volontà deve essere più forte dell'abilità".
L'allenatore ha il compito di intravedere il sogno e il desiderio, accompagnando l'allievo e mostrando gli strumenti per realizzarli.
Articolo di Paola Iotti Esami, voti e professori su CaffèBook (Caffebook .it)