La saggezza della follia

…perché la vita è un brivido che vola via, è tutto un equilibrio sopra la follia, sopra la follia…”, Sally - Vasco Rossi.

Ho partecipato alla presentazione di una mostra di quadri del pittore e scultore Mario Pavesi intitolata Las Mariposas (le farfalle).

L’autore ha commentato che i colori dello sfondo su cui si appoggia l’insetto ritratto, l’azzurro e il giallo, simboleggiano rispettivamente la Libertà e la Follia.

I colori intensi, la pennellata energica e la spiegazione hanno trasmesso sensazioni forti che sono arrivate all’animo come una poesia.

La mente ha riassaporato le emozioni prodotte dal tratto vigoroso e dall’espressività quasi urlata delle tonalità di Vincent Van Gogh o dai cromatismi carichi di sofferenza del naif Antonio Ligabue.

Van Gogh si trasferì in Provenza, nel sud della Francia, attratto dalla luce così differente da quella nordica che gli consentiva di utilizzare una tavolozza di accesi colori mediterranei di cui il giallo trasmette una potenza straordinaria.

Giallo colore della pazzia…

Van Gogh soffrì di frequenti disturbi mentali e nell’ultimo anno dell’esistenza si fece ricoverare volontariamente in una casa di cura.

Antonio Ligabue aveva fin da piccolo un carattere difficile e problemi di apprendimento: subì diversi trattamenti in ospedali psichiatrici, il primo a vent’anni, l’ultimo durante la seconda guerra mondiale in cui rimase internato tre anni, a seguito di un accesso d’ira che lo portò a colpire un militare tedesco.

Il suo soprannome era Al Matt, il matto.

È quasi come se le persone particolarmente sensibili incontrino difficoltà ad approcciarsi alle convenzioni del mondo, estraniandosi da esso per avvicinarsi a quello più vero della Natura, da cui sono attratti in maniera irresistibile e con cui comunicano attraverso il canale dell'Arte.

Una diversità che li etichetta come “stravaganti” che si allontanano da una realtà da cui vengono spesso emarginati.

Lo scrittore russo Cechov, laureato in medicina, affrontò il tema nell'opera “La corsia n. 6” per dimostrare come la pazzia possa rappresentare il modo per alcuni di loro di fuggire dal mondo ma talvolta diventi un mezzo per eliminare dalla società chi non segue e non accetta regole e schemi.

Il protagonista, uno psichiatra che si occupa dei malati ricoverati nel manicomio, finirà internato per aver cercato di riconoscere dignità ai pazienti.

In precedenza, nel 1511, un teologo e filosofo olandese, Erasmo da Rotterdam, affronta l'argomento in maniera del tutto differente scrivendo l'“Elogio della follia”.

La follia costituirebbe uno stimolo positivo per l'uomo e l'intera umanità.

La stessa vita avrebbe origine dall'ebbrezza gioiosa della pazzia che permette al piacere di far capolino nell'esistenza umana i cui legami, dall'amicizia al matrimonio, resistono grazie agli scherzi, alle adulazioni, agli errori, al naturale richiamo e a quel “pizzico di follia” che dà gusto alla vita.

Per Erasmo l'individuo saggio è quello che si fa guidare dalle passioni e non dalla fredda razionalità che lo porta invece a chiudersi in un presuntuoso sé, sordo all’amore e alla pietà.

La pazzia costituirebbe l'unica guida per accedere alla sapienza spronando a raggiungere il bene: un’ispirazione che permette di guardare alla vita in maniera originale poiché svincola dall’uniformità della consuetudine e dal controllo di chi impone comportamenti standard.

La follia ha un ruolo sorprendente nella vita di un grande scrittore: Paulo Coehlo.

Da giovane mostra una sensibilità fuori del comune e una vocazione artistica che la famiglia cerca di soffocare iscrivendolo alla locale scuola gesuita.

L’avversione per le regole e il bisogno di affermare la propria creatività lo portano a vivere grandi contrasti con i genitori che lo ricoverano per tre volte in un ospedale psichiatrico, convinti che le ribellioni siano da imputare a una malattia mentale.

L’ultimo internamento avviene per allontanarlo dal teatro, reputato dalla borghesia dell’epoca un ricettacolo di perversione e immoralità: viene addirittura sottoposto a elettroshock.

Si stacca dalla famiglia per vivere diverse esperienze in maniera estrema, tra cui anche quella politica, ma è arrestato dalla dittatura militare e torturato. Riuscirà a farsi liberare quando li convince di essere pazzo.

Il cammino di Coehlo lo condurrà a pubblicare il primo libro a quarant’anni; l’anno successivo scrive l’Alchimista, tradotto in cinquantasei lingue, che venderà circa sessantacinque milioni di copie.

Rileggendo un testo molto profondo di Osho dal titolo “Il canto della meditazione” m’imbatto in una pagina che recita: «L’uomo veramente saggio ha sempre abbastanza coraggio per scherzare un po’, per fare il buffone. La vera saggezza ha sempre il coraggio di essere un po’ folle. Così come il vero folle è un po’ saggio. Poiché il vero uomo è sempre un incontro di opposti. L’incontro di terra e cielo, l’incontro di estate e inverno, l’incontro di giorno e notte, l’incontro di saggezza e follia.

E anche la follia non è completamente sbagliata, ha qualcosa di bello in sé: è giocosa, non è seria, non è ambiziosa, è innocente.

Quindi il vero saggio ha in sé qualcosa di folle, la follia dà alla sua vita più sapore».

Una personalità incredibile, Albert Einstein, ha espresso in poche parole un pensiero sorprendente:

Solo quelli che sono così folli da pensare di cambiare il mondo lo cambiano davvero.

Nel 1952 Carl Jaspers, filosofo e psichiatra tedesco esponente dell'esistenzialismo, studiò i casi di famosi artisti schizofrenici come Strindberg, Holdering e Van Gogh, sostenendo che la follia costituisca il presupposto per esprimere l'autenticità che viene altrimenti soffocata da innumerevoli travestimenti.

Ecco quello che scriveva: «Viviamo in un'epoca di imitazioni e di artifizi, in cui ogni spiritualità si converte in affarismo e ufficialità, in cui tutto viene fatto in vista di un rendimento, in cui la vita è una mascherata, un tempo in cui l’uomo non perde mai di vista ciò che è, in cui la semplicità stessa è voluta e l’ebbrezza dionisiaca fittizia come l’arte che la esprime, arte di cui l’artista è troppo consapevole, e compiaciuto d’esserlo. In una simile epoca è forse la follia la condizione di ogni autenticità...?».

La conferma potrebbe venire dallo stesso Van Gogh: «Non spegnere la tua ispirazione e la tua immaginazione: non diventare schiavo degli schemi».

Talvolta, per comprendere ed esprimere l'autentico sé, occorre uscire dai binari della convenzione per procedere controcorrente e sintonizzarsi con un'energia che va al di là di quanto viene considerato normale...

Articolo Paola Iotti La saggezza della follia