Il rododendro, che sbaragliò l’esercito di Ciro
S’illuminano di rosa e di rosso le valli d’Irlanda quando, tra i cespugli, fiorisce il sempreverde rododendro.
Il paesaggio muta e si veste di colori che appartengono anche alla nostra flora alpina. Tinte delicate, appena dorate e trafitte da uno strale di sole… Impossibili da conservare e riprodurre.
Il rododendro, erba tinctoria
Perché, se il rododendro viene considerato nelle isole britanniche una delle principali erbe tinctorie, se le sue sfumature compaiono nel tartan delle famiglie scozzesi o nei tweed irlandesi, non sono tuttavia i fiori tubolari a dieci stami, dalla forma a campana o a imbuto, troppo delicati e fragili, a pigmentare la lana, bensì le sue cupe, lucide foglie.
Vanno raccolte in primavera, quando il profumo aromatico delle gemme tardive si mescola con l’odore della terra e del muschio, oppure sul finire dell’estate, al cadere delle ultime corolle. E vanno trasportare a casa prima che appassiscano, perdendo consistenza.
Una volta tritate, pestate e sminuzzate, le fronde di rododendro devono stare a mollo nell'acqua per tre interi giorni (se abitate in una zona in cui l’acqua è dura, potete risolvere il problema versando in essa un po’ d’aceto).
Vi ricordiamo, inoltre, che le foglie usate dovranno eguagliare in peso la quantità di lana che desiderate tingere. È meglio non ricorrere a fibre sintetiche: su di esse i coloranti naturali non hanno presa.
Trascorsi i tre giorni, si procederà alla bollitura del colorante, che andrà fatta a fuoco vivace e che può durare un’ora o anche più, secondo l’intensità alla quale si vuole portare la tinta. Si lascia quindi raffreddare e si filtra, ricorrendo a un colino con i fori assai fitti per eliminare del tutto i residui delle foglie.
L’operazione successiva consiste nel diluire il liquido concentrato: si aggiungerà acqua in dose sufficiente a ricavare 4 litri di colorante per ogni etto di lana.
Il rododendro, Rhododendrum ferrugineum L.
Occorre poi aggiungere il mordente, dato che il rododendro lo richiede. Vi consigliamo il solfato di ferro, che conferisce una brillantezza particolare e una tinta verde con una punta di blu che sarebbe piaciuta a Paolo Veronese.
Ecco le dosi: un cucchiaino da tè di solfato di ferro, da sciogliersi in mezza tazza d’acqua, per ogni 400 grammi di colore.
Attenzione, però, perché i mordenti sono nocivi:
bisogna dunque avere strumenti, quali pentole d’acciaio inox, colini, guanti, recipienti e cucchiai vari, adibiti esclusivamente a quest’uso, e non a quello alimentare, ed è anche necessario lavorare in un locale ben aerato.
La lana, precedentemente bagnata, verrà tuffata a freddo nel colorante. Si alzerà poi gradatamente la temperatura, facendo sobbollire per almeno mezz'ora. Occorre togliere il filato dalla tintura e lavarlo in successivi bagni d’acqua, da calda, a tiepida, a fredda, sino a quando non spurghi più e l’acqua stessa risulti limpida.
Infine, si appenderanno le matasse affinché, asciugate all’ombra, siano pronte per trasformarsi in un maglione realizzato con i più bei punti d’Irlanda.
Ma il rododendro, che è originario dell’Asia, che appartiene alla famiglia delle Ericacee e che quale specie più diffusa in Europa allo stato selvatico risponde al nome latino di Rhododendrum ferrugineum L., ha anche proprietà medicinali?
Quanto a principi attivi, nelle foglie contiene flavonoidi, saponine e polifenoli, che lo rendono volendo interessante come droga protettiva del fegato, come antiinfiammatorio e antiossidante.
Le radici regolerebbero persino le funzioni renali.
Purtroppo però il rododendro è pianta tossica:
non si tratta di un veleno mortale, eppure provoca, se ingerito, nausea e vomito.
Forse per questo motivo, nel linguaggio dei fiori, assume il significato di… cautela!
Alcune varietà, come quella a fiori gialli, rendono addirittura sospetto il miele che le api producono con il suo polline, che è tuttavia di ottimo sapore e che vi consigliamo di acquistare solo da un produttore di fiducia.
Lo storico greco Senofonte, nel IV secolo a. C., nella sua celeberrima opera “Anabasi” narra un episodio che, a questo proposito, risulta curioso.
Si tratta dei diecimila soldati di Ciro il Giovane che, lasciata Babilonia, giunsero poi sulle colline intorno a Trebisonda, stanchi e soprattutto affamati.
Notarono che sui rami dei cespugli di rododendro abbondavano i favi, che stillavano miele denso e dorato. Se ne cibarono sino a sazietà, al punto che la maggior parte di essi perse i sensi per un giorno intero…
Meglio, quindi, ammirare il rododendro per la meraviglia porporina dei fiori e utilizzarlo solo per tingere la stoffa.
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