I retaggi nascosti del Medioevo
Sì, se parliamo del Medioevo ci tornano alla memoria le molte guerre, le malattie, le piaghe e le calamità meteorologiche molto complicate.
Però se quanto detto è vero altrettanto lo è che in quegli anni furono fatte molte invenzioni che aiutarono l'evoluzione dell'umanità negli anni a seguire, furono adottati dei simboli e tecniche che aprirono strade al pensiero e all’arte (i numeri indo-arabici, le note musicali) e furono gettate le basi per delle istituzioni sociali di cui ancora oggi godiamo.
Se non fossimo nell’era di internet e volessimo sapere di più su tutto quanto riguarda la storia umana del Medioevo dovremmo recarci in una biblioteca.
Bene questo gesto che, per molti anni è stato tipico di molti studenti, studiosi o curiosi non sarebbe stato facile da compiere prima del Medioevo, o meglio fino al Basso Medioevo (periodo della storia per noi europei convenzionalmente compreso tra l'anno 1000 circa e il 1492).
Sarebbe più giusto dire che fosse limitato ad ecclesiastici ed alta nobiltà visto che le biblioteche esistevano quasi sempre nei monasteri e nelle strutture della Chiesa.
La Biblioteca Malatestiana, la prima biblioteca civica (intesa sotto l’amministrazione comunale) d'Italia e d’Europa, apriva il 15 agosto 1454 e deve il suo nome e la sua stessa esistenza
al generoso mecenatismo di Domenico Malatesta, Signore di Cesena e alla custodia dei frati Francescani.
Naturalmente il libro stampato con caratteri mobili, che sarebbe stata una delle invenzioni più importanti del Medioevo sarebbe arrivato in seguito, Johannes Gutenberg avrebbe pubblicato la sua nota Bibbia a 42 linee solo il 23 febbraio 1455, ma che dire dei bellissimi manoscritti miniati che già erano presenti in molti conventi?
Bene, qui la precauzione non era mai troppa, il libro aveva un costo notevole e per questo veniva incatenato vicino a dove veniva conservato e dove comunque si poteva consultare.
Molti di quei testi avevano provenienza anche da terre molto lontane, e spesso erano tradotti con molte difficoltà e in tempi molto lunghi.
Però i secoli medievali fecero arrivare molti testi dall’oriente, forse grazie anche alla spiacevole abitudine di scambiarsi fra cristiani e arabi attacchi militari ed invasioni.
Da quei testi ebbe origine la numerazione araba la cui origine, è chiaro, non fosse araba.
In effetti gli stessi studiosi mussulmani chiamavano quei numeri arqam hindiyyah, perché li consideravano provenienti dall’India. Comunque i numeri numeri indo-arabici si diffusero prima attraverso il mondo islamico, poi al Nord Africa e infine nel Al Andalus, la Penisola Iberica.
Il nuovo sistema diventato popolare in Al-Andalus, proseguì verso nord. La Cronaca di Albelda (in latino Chronicon Albeldense, ma noto come Codex Vigilanus) è una cronaca storica redatta nel regno delle Asturie ed è il primo documento cristiano in cui compaiono numeri arabi.
La codifica araba consente di calcolare molto più velocemente perché è posizionale: la stessa cifra viene utilizzata per esprimere unità, decimi o centesimi in base alla posizione che occupa.
Inoltre c’era la presenza dello zero, un numero che per i romani, poco interessati a rappresentare il "nulla", avevano ritenuto privo di senso, ma che nel sistema decimale facilita enormemente il compito di moltiplicare, dividere e calcolare con le frazioni.
Anche l’arte ebbe i suoi sviluppi nel Medioevo.
La pittura ad olio se non fu proprio creata di certo è nel Medioevo che si diffuse e venne perfezionata.
La tecnica consiste nel mescolare i pigmenti che forniscono il colore con una base di olio (da cui il nome). Questa base di olio permette di offrire una finitura brillante che fa risaltare i colori aumentando la durata dell’opera.
Per il Vasari nel suo tomo Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1568), fu il pittore fiammingo Jan van Eyck (Maaseik, 1390 circa – Bruges, giugno 1441) l'inventore dei colori a olio, probabilmente la utilizzò “solo” magistralmente.
E, restando nell’arte ma cambiando musa, anche le note musicali ebbero in questo periodo i propri natali.
I greci usavano lettere e segni per rappresentare suoni musicali, ma, in pratica, suonavano a orecchio.
Al volgere del VI secolo al settimo, Isidoro di Siviglia dichiarava con il cuore spezzato: "A meno che i suoni non siano ricordati dall’uomo, periscono perché non possono essere scritti".
A partire dal IX secolo, i monaci cominciarono a disegnare neumas sul testo per indicare il numero di note di una sillaba, e la tendenza al rialzo o la melodia discendente.
Ma fu il benedettino Guido d'Arezzo nel XI secolo, che nominò le sette note della scala musicale.
Lo fece impiegando un inno dedicato a San Giovanni Battista, una composizione in cui la differenza tra la prima sillaba di ciascuno dei suoi sette versi era esattamente un tono: “Ut queant laxis / Resonare fibris / Mira gestorum / Famuli tuorum / Solve polluti / Labii reatum / Sancte Iohannes”.
Da lì le prime note presero il loro nome, anche se "ut" sarebbe poi diventato "do" nel sedicesimo secolo.
A Guido d'Arezzo si deve anche il Tetragramma, precursore del pentagramma.
Un’altra importante istituzione moderna iniziò nel Medioevo a prendere la forma oggi conosciamo: gli ospedali.
II Concilio di Nicea, nel 325 d.C. aveva stabilito Monasteri e luoghi ecclesiastici importanti dovesse essere in grado di ospitare i pellegrini come i poveri ed i malati.
Degli ospedali più diretti alla cura dei malati che all’accoglimento dei credenti cominciarono a nascere accanto a quelli religiosi in città come Taranto, Asti, Lucca, Bologna… ed in Europa I’Hotel Dieu di Lione (542), I’Hôtel-Dieu di Parigi (700, dove vi avrebbero lavorato medici come Andreas Vesalius Ambroise Paré ) o I’Ospedale di Cordova (800).
Alla nascita di queste strutture si devono anche tutti i futuri sviluppi della medicina, così come alle biblioteche il compito di conservarli e divulgarli, non direi che sia poca la luce che riuscì ad emergere dai secoli bui del Medioevo.
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