Intervista a Diane Le Dean, una produttrice ci racconta il cinema
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Diane Le Dean, produttrice, scrittrice, nutrizionista.
Vive tra l’Italia, gli Usa e soprattutto l’Australia, dove dirige assieme a Chris Brown una nota casa di produzione cinematografica, la Pictures in Paradise.
Ha lavorato con molti tra i più noti attori e registi di Hollywood, ricavandone un’esperienza preziosa.
Personalità eclettica, vivace e con uno spiccato senso dell’humor, Diana mi ha intrattenuto piacevolmente raccontandomi alcuni aspetti della sua vita.
Riporto brevemente alcune domande che le ho rivolto, dando luogo così ad una chiacchierata amichevole.
Diane Le Dean, intervista di Alessandro Barocchi
1) Secondo la tua esperienza, è possibile per una donna produrre autonomamente un film in Italia?
La risposta è sì, visto che io stessa sto iniziando a produrre film proprio qui, anche se quando si lavora ad un progetto cinematografico si deve parlare più propriamente di un team. Nelle produzioni attuali non c’è un capo uomo o donna che sia, ma piuttosto squadre che si equivalgono per importanza e competenze, composte da donne e uomini.
Io personalmente sono tornata a vivere in Italia da poco tempo e non ho una esperienza diretta con donne italiane produttrici. Mi viene in mente Elda Ferri che conosco ( “La vita è bella” , “ Pinocchio”, “ Anita B.”) che continua costantemente a produrre film qui da noi. Da quello che so in questo Paese è ancora molto difficile per una donna affermarsi in campo professionale, ma non che all’estero la cosa sia invece semplice, anzi tutt’altro.
2) In cosa noi italiani ci distinguiamo quando lavoriamo nel mondo del cinema che conta?
Sicuramente al primo posto creatività e passione. E poi sul set quando ci si trova difronte a problemi apparentemente insormontabili un italiano non si perde mai d’animo ed il più delle volte risolve ogni cosa.
Il mondo anglosassone, anche se anch'esso molto creativo, è sicuramente più dedito ed in grado di trovare fondi e curare gli aspetti finanziari, fondamentali per fare film. Ho avuto tante esperienze con italiani in produzioni internazionali. Registi, attori, sceneggiatori, produttori esecutivi e devo dire che si sono sempre distinti per la grande passione che mettevano nel loro lavoro. La passione nel cinema è tutto. Senza quella i risultati non possono che essere mediocri e noi nella passione siamo maestri.
3) Raccontaci qualche aneddoto significativo che hai vissuto durante gli anni della tua professione come produttrice.
Me ne viene in mente uno in particolare. Io nasco come psicologa e nutrizionista, un lavoro difficile ed esigente che ho sempre amato. Nel 2002 ho sposato un produttore cinematografico, Chris Brown. Quando la sera dopo il lavoro ci si rincontrava a casa, i nostri discorsi erano senz’altro intensi, proprio perché venivano da mondi così diversi.
Non sono mai stata curiosa del suo mestiere e non l’ho quasi mai seguito nella sua professione. Poi nel 2006 lui ebbe un grave incidente stradale. Proprio in quei giorni stava cominciando a lavorare sul set di un nuovo film, Daybreakers con Willem Dafoe ed Ethan Hawke. Mio marito mi aveva già da tempo nominata come suo alter ego nella Pictures in Paradise Productions.
Per farla breve mi sono trovata, da psicologa nutrizionista che ero, a produttrice cinematografica in un giorno, catapultata sul set di un’importante produzione, costretta a prendere decisioni fondamentali per il proseguimento del lavoro, firmando documenti e dando direttive senza sapere assolutamente niente.
Si parlava di milioni di dollari e del tempo prezioso di grandi professionisti che io dovevo, volente o nolente, amministrare. Uno stress ed un’ansia indescrivibile. Per fortuna mio marito, che in ospedale si stava lentamente riprendendo, saltuariamente mi dava delle direttive.
Ma alla fine, con mia grande sorpresa, ci sono riuscita, ricevendo i complimenti da tutti coloro che mi hanno accompagnato nella follia di quei giorni. Soprattutto per ciò che riguardava le negoziazioni. Fatto sta che Chris, dopo quell'esperienza, mi ha voluto accanto a sé nelle successive produzioni, facendomi entrare in questo mondo.
Ma averlo come marito non è stata affatto una semplificazione, anzi. Da quel momento lui, produttore vecchio stampo con l’orgoglio della sua professione, mi ha sempre reso le cose davvero difficili, attuando per me un’aspra terapia d’urto in un settore già di per sé molto complesso, cinico e duro da affrontare.
Col senno di poi però, è stata una scuola preziosa che mi ha permesso di muovermi a mio agio non solo accanto a lui, ma anche autonomamente nel risolvere problemi di budget o misurarmi in trattative estenuanti, e a volte anche nella cura degli aspetti creativi di sceneggiature e girato.
Dopo più di dieci anni di lavoro nel mondo delle produzioni cinematografiche, riconosco di essermene innamorata proprio a causa di quello sfortunato evento che mi ha permesso così di entrarci.
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Gli USA differiscono da noi soprattutto per cultura e mentalità. A 18 anni già parlano di carriera, a 30 devono aver già ottenuto dei risultati ragguardevoli e a quaranta cominciano già con i primi bilanci. Hanno dei paletti che creano un’ansia terribile! Qui una ragazza a vent’anni è ancora una bambina a confronto. La famiglia gioca un ruolo fondamentale nello “ svezzamento” professionale dei giovani.
Io ho avuto un padre diverso, che mi spingeva a 18 anni a visitare l’Europa con un sacco a pelo per fare le mie esperienze, ma anche una nonna che la sera mi faceva le minestrine e mi impediva di andare a scuola quando nevicava.
È vero che oggi esistono anche in Italia dei genitori che incoraggiano i figli a tentare la fortuna nel mondo dello spettacolo, ma credo che siano ancora delle eccezioni.
Un giovane americano per inseguire i suoi sogni è disposto a fare tante rinunce, umili lavori e ad affrontare grossi sacrifici che gli consentano di avvicinarsi a ciò che desiderano, ed io credo questo sia l’unico modo per riuscire ad affermarsi. In Italia mamma e papà sono ancora quelli che aprono il portafoglio per esaudire le richieste dei propri figli, d in questo ovviamente siamo ancora indietro.
5) In Italia il cinema è da un bel po’ che vive momenti di forte appannamento. Cosa consiglieresti ad una giovane produttrice cinematografica che decidesse oggi di seguire il tuo percorso qui da noi?
Prima cosa farsi crescere un bel po’ di pelo sullo stomaco. Poi di imparare l’inglese.
Produrre oggi in Italia significa avere contatti con l’estero.
Ormai non esistono più produzioni che non prendano in considerazione fondi che vengano da fuori. E la lingua ovviamente è tutto. Chi produce film deve prima o poi confrontarsi con Cannes, Berlino e nei casi più fortunati anche con gli USA ed inevitabilmente con le distribuzioni estere che , in un mondo sempre più globalizzato, prevede la diffusione su differenti mercati e piattaforme. Insomma un network dove, per farne parte, devi necessariamente parlare la sua lingua.
Una volta acquisita la padronanza linguistica bisogna mettere il muso fuori di casa ed andare a contattare quel mondo, trovando il modo di farsi notare, ad esempio attraverso una sceneggiatura originale di cui si possiedono i diritti, o una storia interessante da raccontare per ottenerne un film.
Contattare le case di produzione tramite email, magari fornendosi proprio in questi festival internazionali dei giusti contatti. Ultimamente poi anche l’Italia può godere di queste nuove iniziative governative di “tax rebate”, che hanno permesso al nostro mercato del cinema di tornare ad essere attraente per gli investitori internazionali. In più l’Italia tutta è un magnifico set cinematografico e noi italiani su questo partiamo sempre molto avvantaggiati.
6) E ad una giovane attrice?
Vedi sopra. Pelo sullo stomaco, inglese, ed in più passione, quello che ci contraddistingue sempre. Abbiamo una grande tradizione di attrici italiane (Anna Magnani ad esempio) che hanno sfondato anche a livello internazionale.
E poi ricordiamoci che Marylin Monroe, Madonna, Lady Gaga hanno origini italiane e che sono state anche per questo così tanto considerate. Le italiane in più sono delle donne bellissime ed affascinanti. Magari devono crescere di mentalità, accettando ad esempio l’ipotesi di fare tante rinunce ed affrontare con più coraggio quello che c’è là fuori.
7) Come sta cambiando il cinema, e cosa guarderemo tra dieci anni?
Una domanda enorme! Che meriterebbe una lunga risposta. Posso dirti che il cinema sta radicalmente cambiando. Niente sarà più come prima, dalle produzioni alle sale cinematografiche. Oggi la domanda del pubblico è cresciuta enormemente, tra piattaforme streaming, on demand e canali TV. In casa gli apparecchi televisivi saranno sempre più sofisticati, per permettere a tutta la famiglia di usufruire di un’offerta costante e ad un prezzo più che accettabile tra film e serie televisive. Ovviamente stiamo parlando di produzioni a basso costo e di veloce realizzazione. Tutti conosciamo Netflix ed Amazon e ti garantisco che molte altre stanno arrivando.
Il medio budget nelle produzioni sta scomparendo. Potrebbe far paura, ma l’esperienza ci insegna a non averne. Ogni cambiamento è necessariamente un passo in avanti anche nella storia e nell’arte del cinema. E poi oggi chiunque può avere un’idea e pubblicarla tramite internet, aprendo nuove frontiere. Un esempio? “ The inteview” di Seth Rogen. Il film, che parla di una fantastica intervista a Kim Jong-Un, il dittatore nordcoreano “ strapazzato” nella trama, con risvolti comici ed ironici, ha avuto enormi difficoltà ad uscire nelle sale cinematografiche, visto il pericoloso argomento trattato. Poi come al solito è subentrata la rete, ed a seguire le piattaforme come Sky che lo hanno subito pubblicato, avendo così un successo planetario. Oggi i grandi attori di Hollywood cercano più produzioni di questo tipo, che possano entrare facilmente nelle case della gente.
Nelle sale si andrà solo per assistere a grandi avvenimenti cinematografici, che richiederanno schermi e proiezioni ancora più moderni ed altamente tecnologici.
Degli spettacoli e degli eventi eccezionali, con dei prezzi molto più alti, anche per giustificare produzioni ultra-plurimilionarie.[/vc_column_text][/vc_column][vc_column width="1/3"][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column width="2/3"][vc_column_text]
8) L’Australia è la prossima frontiera del cinema del futuro?
Senza dubbio. L’Australia è stata una delle prime nazioni a considerare l’ipotesi di lanciare piattaforme per il cinema e le serie TV. Oltre ad una grande facilitazione riguardante le imposte fiscali ( il tax rebate in questo Paese può’ raggiungere anche un 40%) lo Stato australiano mette a disposizione per le produzioni cinematografiche dei soldi “veri”.
Nel senso che vengono stanziate, a seconda dei progetti ritenuti interessanti e fattibili, delle somme reali depositate in banca e quindi non soltanto nominali. E poi ci sono delle “crew” molto professionali ed efficienti, forse le migliori al mondo, in grado di realizzare prodotti di altissima qualità ad un prezzo molto competitivo.
9) Il Time ha dichiarato donne dell’anno le protagoniste del Me Too, le cosiddette “silence breaker”. Non voglio farti entrare in una scomoda polemica, ma cosa pensi di tutte quelle attrici che hanno aspettato così tanto prima di denunciare le molestie subite durante il loro percorso professionale? Qui in Italia Asia Argento, la figlia del noto regista, con la sua denuncia tardiva nei confronti di Weinstein ha fatto scoppiare un caso.
È un argomento molto delicato e spinoso che richiede un approccio attento ed equilibrato. Fino a qualche anno fa denunciare una molestia ricevuta da un personaggio come Weinstein significava non mettere più piede su un set di Hollywood e non solo.
Se eri un’attrice alle prime armi poteva addirittura significare rinunciare alla propria carriera. Weinstein è un uomo malato, malato ma estremamente potente e quindi intoccabile. Trovo che le denunce di queste donne hanno finalmente fatto venir fuori una realtà squallida e riprovevole che persisteva da ormai troppi anni.
L’idea che molti produttori maschi si mettevano in mente difronte ad una attrice donna bella e sensuale era molto spesso quella di approfittarne in qualche modo, utilizzando la loro posizione e relegando il ruolo di quelle malcapitate a prostituta.
Credo che quasi ogni donna in questo mondo, se considerata attraente o sensuale, abbia avuto prima o poi una simile esperienza. Quindi giudicarle per le loro tardive denunce mi sembra sbagliato. Anzi, tramite loro ora tutto è cambiato, e finalmente si può sperare che da oggi le donne possano essere finalmente considerate per quello che fanno su un set cinematografico e non su un divano o dentro una camera di albergo. E magari pure valutate alla pari dei loro colleghi maschi anche da un punto di vista di cachet.
Come è possibile che Meryl Streep possa ancora oggi essere pagata meno di De Niro o Pacino?
Poi è anche vero che ci sono e ci saranno sempre delle donne che, non potendo contare su una buona qualità professionale, proveranno ad offrirsi per ottenere dei favori. Ma sappiamo anche che quelle carriere non avranno mai una lunga vita e non toccheranno mai i vertici del successo.
Io non sono un’attrice , ma da produttrice donna che lavora nel cinema mi sono trovata spesso in situazioni diciamo non facili. Ed è una realtà con cui ti devi confrontare abitualmente, nel senso che avere degli appuntamenti professionali in camere di albergo, come ad esempio a Cannes durante il festival del cinema, non era un’esclusiva di Weinstein, ma una prassi consolidata.
Quello che è successo con la prima denuncia di Lysette Anthony ha aperto il vaso di Pandora, da dove è e sta uscendo di tutto, sicuramente molto di più di quello che ci si aspettasse. Ed è per questo che chi ha avuto il coraggio di denunciare, anche se tardivamente, è da considerarsi un’eroina dei nostri giorni.
Se da oggi in tutto il mondo, compresa l’Italia, dei produttori si guarderanno bene dal molestare una donna durante un provino od un incontro professionale, molto sarà per quello che le “silence breakers“ hanno fatto ed io, che tra l’altro ho una figlia femmina, non posso che approvare ed esserne contenta. Il termine è perfetto, la rottura del silenzio.
Chissà quante ragazze anche nel nostro Paese sono tornate a casa, dopo un’esperienza di molestie durante un provino, non hanno parlato per vergogna, per paura o soltanto perché pensavano di non essere credute. Oggi di sicuro non sarà più così. Un consiglio a tutte le donne che vanno a un appuntamento, e non necessariamente di lavoro: registrate tutto con i vostri telefonini, anche soltanto l’audio. E, nel caso di un approccio oltre i limiti consentiti da parte di chi avete di fronte, non abbiate paura a denunciare l’accaduto, utilizzando così in vostra difesa le prove di quello che è realmente successo.
10) Lasceresti una frase regalo ai nostri lettori?
Beh, se avrete il coraggio di pubblicare questa intervista, allora consiglio tutti di continuare a leggervi perché ne sentirete delle belle![/vc_column_text][/vc_column][vc_column width="1/3"][/vc_column][/vc_row]