New Urban Body, nuove esperienze di generazione urbana
Sabato pomeriggio, Maggio, a Roma fa già molto caldo. Io e la mia famiglia non abbiamo voglia di mischiarci con la moltitudine migrante verso i litorali capitolini.
Optiamo per un giro in centro, una mostra a Trastevere in una città quasi deserta, il NUB ( New Urban Body) al Palazzo degli Esami.
Dentro solo una persona e la mostra è gratuita. Eppure, anche se gli spazi sono piccoli e tutto si svolge in pochi ambienti, si capisce subito che l’argomento è accattivante.
Si parla delle possibili esperienze di vita sociale per le nuove generazioni urbane.
Ipotesi di vita comunitaria che sfrutta la vicinanza degli ambienti, il senso di appartenenza e di partecipazione nel vivere quotidiano.
Agglomerati abitativi a misura d’uomo, dove è possibile lavorare, studiare, passare il tempo tra sport, musica, teatro, cinema, insomma cultura in generale, senza trascurare quelle che sono le esigenze delle famiglie e delle differenti fasce d’età che le compongono.
Così, accanto alle unità abitative, esistono spazi per esercitare la propria professione, per il tempo libero, per un mercato agricolo, per orti e spazi verdi da coltivare, per asili nido e terza età.
Le case possono essere affittate per lunghi, brevi o brevissimi periodi a prezzi più che vantaggiosi.
La comunità che le abita mette a disposizione per se stessa tutte le competenze professionali presenti, in cambio di bassi costi per gli spazi utilizzati.
Così il cuoco che usufruisce di uno dei locali adibiti a ristorante, o il falegname, fabbro, tappezziere o idraulico che sia, è tenuto a dare corsi gratuiti, a patto che chi li frequenta faccia parte del centro urbano, trasmettendo così la propria conoscenza e dando continuità e futuro a mestieri altrimenti destinati a scomparire e spezzando tra l’altro l’asse consolidato, soprattutto nel nostro paese, del lavoro che va solo di padre in figlio.
Lo stesso vale per ogni tipo di attività professionale presente che, oltretutto, è a disposizione di ogni abitante del nucleo, a kilometro zero e a costi molto contenuti.
Gli orti e le aree destinate alla coltivazione forniscono cibo, fiori e piante sia a chi li coltiva, sia ai mercati settimanali all’interno dello spazio urbano, anche questi a prezzi convenienti.
Le scuole e gli asili nido, ospitano i ragazzi della comunità.
La prossimità di questi esclude l’impiego di mezzi di trasporto per raggiungerli. Gli anziani fanno i turni per accompagnare la mattina i gruppi dei più piccoli e andare poi a riprenderli all’uscita.
Le palestre, piscine e i campi sportivi che lavorano durante il giorno per gare e corsi di apprendimento, sono aperti la sera gratuitamente agli abitanti del nucleo, con l’impegno di restituirli ordinati e puliti.
I teatri e cinema, oltre alla normale programmazione, ospitano recite di fine anno delle scuole, saggi, e anche iniziative culturali che sorgono all’interno delle NUB ( New Urban Body).
La piazza o il grande cortile ospita il mercato del riciclo, dove tutti possono in parte vendere a prezzi vantaggiosi e in parte regalare l’usato superfluo delle proprie case o dei luoghi di lavoro, sempre a beneficio della comunità.
Nelle biblioteche con spazi interattivi, ci si mette costantemente in contatto con le altre Urban Body (Nub, New Urban Body) limitrofe per tutte le problematiche, esigenze o informazioni che la comunità non riesce a risolvere autonomamente.
Queste strutture adibite al vivere quotidiano non sono dei ghetti, bensì restano aperte e in continua comunicazione col mondo esterno, d’altronde elemento necessario per interfacciarsi con la realtà. Anzi la ricchezza che le contraddistingue è proprio la grande differenza delle persone che le abitano.
Alcune di queste NUB ( New Urban Body) sono già una realtà:
Inghilterra, Germania, USA e, strano ma vero, anche in Italia, soprattutto al Nord, ancora poche purtroppo, ma comunque con risultati incoraggianti.
Ognuna ha sue caratteristiche peculiari e predominanti, ma tutte utilizzano in linea di massima questi principi.
Le comunità così organizzate riescono a vivere in armonia, in un ambiente dove la criminalità praticamente non esiste, e dove il senso di fiducia, appartenenza e partecipazione caratterizza ogni tipo di iniziativa, riuscendo in questo modo a proteggerle e dando buona continuità all'esperienza.
L’impressione che matura dopo aver visitato questa mostra è piacevole e soprattutto positiva.
Viene da pensare che una vita così organizzata sia effettivamente possibile, dove forse l’unità di intenti e la comunione di interessi permetta una più agevole integrazione tra persone di culture diverse, l’abbattimento di barriere economiche nell'esercitare la propria professione e l’esaltazione delle caratteristiche di ogni nucleo, in un quotidiano più semplice, sostenibile e creativo, ma soprattutto più sereno.
Potrebbe essere una risposta efficace a molte delle problematiche esistenti nelle realtà urbane, soprattutto in Occidente, dove le città, con le loro continue espansioni, sembrano offrire solo periferie sempre più paralizzate da difficoltà sociali e culturali e dove i problemi economici e lo stress di quel vivere urbano così concepito, creano disagio, depressione, disperazione, solitudine e conseguentemente criminalità ed emarginazione.
In più sembrano anche dare una risposta credibile e coerente alla necessità di fermare o almeno ridurre l’affamato bisogno di crescita continua e assillante delle nostre economie, arrivate da tempo a un capolinea di chiara insostenibilità planetaria.
L’Utopia di Tommaso Moro o La Repubblica di Platone sono gli esempi del millenario sogno di una vita in pace con gli altri e in armonia col mondo, bisogno che, per fortuna, sembra essere parte integrante della natura umana.
E le cose che si vogliono davvero, prima o poi, possono avverarsi, cancellando così l’idea di essere soltanto un’Utopia.
Foto da Pixabay