Bob Dylan e lo “ SNOBEL”

Il Destino è quella sensazione che hai quando ti sembra di sapere qualcosa su di te che nessun altro sa. La tua immagine mentale di ciò che vuoi essere si avvera. E’ una cosa che ti devi tenere stretta, perché è una sensazione delicata e, se la comunichi, qualcuno la distruggerà. Meglio tenersi tutto quanto dentro” (Bob Dylan)

Quando ho letto dell’assegnazione del Nobel per la letteratura a Bob Dylan, oltre che rimanere sorpreso, ho cominciato a sorridere proprio perché, conoscendo il personaggio, sapevo che qualcosa d’insolito sarebbe successo.

E quindi Dylan che non risponde alle chiamate dell’Accademia, che, offesa, gli dà del maleducato e lui che di rimando prima pubblica la notizia del premio vinto sul suo sito e poco dopo la cancella.

E poi critiche all’assegnazione di questo premio da parte di alcuni, devo dire piccoli e poco significanti, letterati, critici e soprattutto scrittori che evidentemente si sono sentiti messi da parte ed ignorati.

Insomma un bel casino che ho trovato divertente ed insolito per un’onorificenza di tale prestigio.

Senza nulla togliere all’importanza di questo premio, bisogna però riconoscere che è già da qualche tempo che il Nobel ha perso un po’ di credibilità con assegnazioni piuttosto dubbie, soprattutto quelle ai fautori di pace nel mondo, il più delle volte dettate da chiari indirizzi politici e da interessi in tempo reale di congiunture e strategie del “West Word”, piuttosto che da vere e proprie motivazioni umanitarie.

Il Nobel è “LA” cerimonia del mondo “civile” come lo intendiamo qui in Occidente, che molto spesso si dimentica dei ¾ del resto del pianeta.

La poesia e l’arte letteraria di Robert Allen Zimmerman, in arte Bob Dylan, sono uno dei doni più interessanti e significativi nella storia moderna che l’umanità abbia ricevuto.

Il suo cantare e suonare diede praticamente il via a quella forte presa di coscienza delle popolazioni giovanili degli anni ’60, contribuendo a quella spinta culturale che cambiò radicalmente il mondo.

Dylan rappresenta, con pochi altri semidei, non solo un autore di canzoni eterne, non solo l’inventore di un genere a dir poco innovativo e rivoluzionario nella musica, tanto da influenzare migliaia di copie in giro per il mondo (solo in Italia De Gregori, Dalla, Bennato, Guccini e Daniele per citarne alcuni,

che senza di lui oggi forse avrebbero fatto altro) ma uno dei quei pochi eletti che ha reso possibile il miracolo di far interessare profondamente le masse e le popolazioni di tutta la terra (evento unico nella storia dell’umanità) all’arte e alla cultura, scuotendo anime e coscienze e facendo nascere rivoluzioni sociali e di costume, con il solo uso di una chitarra, un’armonica, due strofe ed un ritornello.

Per avere un’idea di cosa abbia fatto col suo apparire sulla scena, basta pensare a quello che era la musica pop e soprattutto cosa “diceva” prima di lui.

Elvis Presley ed i suoi testi, Chuck Berry e i Beach Boys, Little Richard o Jerry Lee Lewis.

Per carità, senza nulla togliere al valore artistico di questi signori, ma l’arrivo di Dylan fece invecchiare di colpo quel genere musicale frivolo e culturalmente anacronistico.

 

Bob Dylan e Joan BaezBob Dylan e Joan Baez

Si è vero, i tempi erano maturi, ma sta di fatto che solo lui e pochissimi come lui riuscirono a fare quel miracolo e tutti gli altri, a bocca aperta, sono rimasti a sentire.

Jimmy Carter nel 2015, alla premiazione del Grammy conferito a Dylan alla carriera, disse che questo poeta, scrittore, cantante e musicista, con le sue parole spese per la pace ed i diritti umani, aveva fatto infinitamente di più di tutti i presidenti degli USA messi insieme.

Artisti come Lennon, Mac Cartney, Jimy Hendrix, Joan Baez, Neil Young, Crosby Still e Nash, Mick Jagger e perfino Bob Marley riconoscevano in lui, un giovanissimo ragazzotto ebreo del Minnesota, il faro dove la luce si era accesa per prima.

Un personaggio che, fuori dagli schemi, ha imprevedibilmente smarcato il sistema, prendendolo di sorpresa e contribuendo a rimescolare le carte ed i piani del potere.

Quindi un uomo scomodo, indomito e per questo pericoloso.
Se fosse morto come Lennon, sarebbero nate dottrine a lui ispirate, o movimenti religiosi al seguito dei suoi testi, che lui ovviamente avrebbe ripudiato.

Pertanto questa sorta di rifiuto al Nobel non è che il logico seguito storico del suo essere, della sua arte, del suo messaggio, un’altra strofa delle sue canzoni cantate con quel ghigno irriverente che lo ha reso un’icona moderna.

Una parola va spesa per i suoi detrattori, che tanto hanno avuto da dire su questa assegnazione, definendola incoerente sul piano strettamente letterario.

Per loro Dylan non è un poeta, o uno scrittore o più semplicemente un letterato, perché è “solo un cantante”.

A tutti loro vorrei ricordare che Bob Dylan nel 2008 ha vinto un Pulitzer, uno dei premi più importanti, se non il più importante negli Stati Uniti, che viene assegnato con rigorosa attenzione a quegli scrittori o giornalisti che con il loro operare hanno contribuito a far crescere culturalmente il paese.

Un premio molto ambito in USA, forse anche più del Nobel alla letteratura, e pure in quell’occasione ci fu qualche riluttanza da parte di Dylan nell’accettare tale onorificenza.

All’epoca le motivazioni di quel Pulitzer sono state molto vicine a quelle di questo Nobel appena conferitogli, ad ulteriore conferma dell’importanza che il suo scrivere ha avuto nel tessuto socioculturale dell’America di quegli anni e nel resto del mondo.

E’ vero che il rifiuto in questi casi ha sempre l’aria di una presa di posizione snob e polemicamente irriverente, ma è anche vero che crea un intrigante fascino intorno all’immagine di chi lo mette in atto, contribuendo ad accrescerne ancora di più il profilo ed il credito nel pubblico.

Insomma rifiutare un Nobel non è da tutti, ed anche se Robert Zimmerman un po’ ci si è pure divertito, è innegabile che solo uno come lui poteva permetterselo, ed anzi forse è proprio il suo ruolo che alla fine lo sta quasi obbligando a farlo.

Sul considerare un cantautore un po’ al di sotto di un poeta o di uno scrittore, vorrei invece ricordare che scrivere una poesia o un racconto o un libro non ha limite di spazio temporale,

mentre le parole di una canzone devono per forza di cose dare tutto nell’arco di un paio di strofe e un ritornello, sublimandone così il significato col ritmo e la sintesi, ed in questo Dylan è stato il Maestro di tutti.

Queste mie parole su di lui sono un doveroso atto di riconoscenza che ogni uomo dovrebbe fare come restituzione personale al bene ricevuto dall’opera così significativa di un artista così grande.

Dylan rappresenta l’incredibile potenza che un cantautore può sviluppare nell’animo di tutti, e la sua vita è la perfetta testimonianza di come un piccolo grande uomo possa cambiare il mondo e la sua Storia, rendendolo un luogo migliore.

Di come sia possibile con la forza delle idee spingere ognuno di noi verso cose che mai ci saremmo immaginati di fare, col semplice ascoltare le parole di una canzone di 3 minuti.

La speranza che diventa realtà, l’immaginario collettivo che si traduce nella vita di tutti i giorni, per te e per le generazioni che ti seguiranno.

Sapere che il tuo vivere e quello delle persone che ti hanno seguito afferma un principio sacrosanto di solidarietà, umanità e soprattutto libertà, allontanando almeno un po’ la “sera”, riparando l’uomo da quel “raggio di sole che lo trafigge” e rendendolo meno “solo sul cuore della Terra”.

 (foto di Alessandro Barocchi) (scopri Bob Dylan anche su Moon Magazine)

Articolo Bob Dylan e lo “ SNOBEL” CaffèBook (caffebook .it)