Malcolm III e Margherita di Scozia: La Bella e la Bestia
Dopo avervi narrato di Macbeatha, vi avevamo promesso che avremmo ripreso l’argomento e che vi avremmo parlato anche di Malcolm, il suo nemico e assassino.
Come già vi abbiamo esposto a proposito del Macbeth shakespeariano, anche il Malcolm teatrale ha poca attinenza con quello storico.
Malcolm III e Margherita di Scozia
Un giovane virtuoso, con i limpidi ideali della sua età, assorto nel dovere di vendicare la morte del padre e infiammato dal desiderio di salvare la patria;
se si accusa di dissolutezza, come avviene nella scena terza del quarto atto, è solo per provare la lealtà di Macduff e per smentirsi subito, protestando caldamente la propria probità.
Ma il vero Malcolm ebbe almeno qualcuno dei nobili tratti che gli attribuì Shakespeare?
D’accordo, gli fu dato l’epiteto di Canmore, che divenne poi il nome della sua stirpe.
Attenzione però al significato etimologico di tale termine:
esso deriva dal gaelico ceann che significa testa, capo e da mór, ossia grande.
Dato che non fu un “gran capo”, nel senso d’ardito condottiero, probabilmente aveva solo un grosso cranio tondeggiante piantato sulle spalle... Non esistono ritratti che lo confermino, dato che la prima tela raffigurante un sovrano di Scozia risale a suo nipote Malcolm IV, eppure la tradizione vuole che se Macbeatha fu un campione di bellezza, il suo antagonista lo fu in bruttezza.
Come per Macbeatha, è arduo leggere tra le righe della biografia di Malcolm.
Essa si esaurisce in un trafiletto di pochi eventi conosciuti e datati. Persino l’anno della sua nascita resta ignoto. Probabilmente essa avvenne quando era ancora in vita il Re degli Scozzesi Malcolm II, suo bisavolo, poi trucidato in un agguato nel 1034, e in suo onore fu battezzato con lo stesso nome.
Un nome pio, che trae origine dalle parole gaeliche Máel, ossia devoto, e Coilm, genitivo che si riferisce a san Colomba… Un nome che era già di per sé un progetto di rettitudine e d’integrità morale.
Quanti anni poteva dunque avere il giovane Malcolm quando, nel 1040, il cugino Macbeatha gli uccise il padre, il nevrotico re Duncan I, per prenderne il posto? Non doveva essere un bambino, dato che Duncan lo aveva già nominato suo tánaiste, cioè successore designato per il trono di Scozia, ma non doveva neppure essere un uomo fatto altrimenti, insieme con il fratello minore Donald Bane, avrebbe organizzato una resistenza armata.
Si presume che fosse un adolescente, braccato da re Macbeatha che agognava sopprimerlo per annientare con lui ogni futura rivendicazione e costretto dall'inesperienza a darsi alla macchia per un paio d’anni, prima di riparare in Cumbria e, nel 1043, in Northumbria, presso il conte Siward, suo zio in quanto fratello di sua madre Suthen. Questi aveva interesse ad ampliare i propri confini settentrionali ai danni della Scozia e non gli pareva vero d’appoggiare Malcolm contro Macbeatha.
Ritratto Malcolm da giovane
Con abile strategia, introdusse il nipote presso la Corte inglese d’Edoardo il Confessore, che prese subito in simpatia il ragazzo a causa delle sue tristi vicende familiari e politiche. Gli promise amicizia, anche perché la presenza facinorosa di Macbeatha sul trono di Scozia non gli lasciava dormire sonni tranquilli. E l’amicizia d’un re corrispondeva a un’alleanza.
Anzi, la tenera età di Malcolm sembrava a Edoardo un attributo ideale: da giovinetto qual era, si sarebbe certamente fatto guidare da chi aveva più competenza di lui e insediarlo sul trono di Scozia equivaleva a sottomettere allo scettro inglese la terra di Albain.
Malcolm accettò l’aiuto ma non nella maniera eclatante sperata da re Edoardo.
Per quanto giovane fosse, cercò di limitare l’ingerenza delle truppe inglesi nei suoi affari e s’accontentò dell’esercito che gli mise a disposizione lo zio Siward. Godeva inoltre del favore di molti capi scozzesi, come il Macduff shakespeariano, che non comprendevano la politica di Macbeatha e che gli erano ostili.
Cosa avvenne in seguito, ve lo abbiamo già riferito precedentemente. Il 27 luglio 1054, – giorno dei Sette Dormienti perché si ricordavano i sette aristocratici cristiani di Efeso che, per sfuggire alla persecuzione dell’imperatore Decio, erano stati miracolosamente addormentati in una caverna per 187 anni, – Malcolm e Siward sconfissero Macbeatha e gli scozzesi in una battaglia terribilmente cruenta.
Persino Osbern, figlio di Siward, morì trafitto al petto. Ma Macbeatha non figurò tra le ingenti perdite. Resistette ancora per tre anni, ritirandosi nel nativo e partigiano Moray.
Solo nell'agosto 1057 Malcolm riuscì a sbarazzarsi di lui, colpendolo a morte tra i monti di Lumphanan.
Dopo pochi mesi eliminò anche il suo imbelle figliastro Lulach e poté finalmente essere proclamato Re degli Scozzesi a tutti gli effetti.
Malcolm III governò per lunghissimo tempo, addirittura per trentasei anni, un record nella Scozia d’allora in cui le rivalità non permettevano ai sovrani di morire di morte naturale.
Che genere di regno fu il suo?
Egli era celtico solo a metà perché sua madre, come già anticipato, era anglosassone. L’esilio nell'adolescenza aveva dato un’impronta inglese alla sua formazione. Tuttavia non si mostrò molto corretto verso gli alleati d’allora.
Morse il freno finché re Edoardo rimase in vita. Poi scatenò ripetute offensive contro i sovrani che gli succedettero, i normanni Guglielmo il Conquistatore e Guglielmo II il Rosso, con lo scopo di spostare più a sud la frontiera di Scozia. Le ricorrenti sconfitte lo costrinsero a rinnovare dopo ogni battaglia il giuramento di fedeltà ai suoi nemici.
Le cose si complicarono quando re Malcolm s’innamorò.
Era già stato sposato, aveva già avuto nel figlio Duncan un erede maschio, aveva anche avuto qualche scappatella visto che era nato l’illegittimo Donald Bane, ma questa volta perse totalmente la testa. Ormai quarantenne, s’invaghì d’una fanciulla meravigliosa che era giunta in Scozia per condividere l’esilio del fratello Edgardo.
Si trattava di Margherita, figlia di Edward Aetheling, ossia Edoardo l’Esule che di Edoardo il Confessore era fratellastro, e nipote del re Edmondo Fianco di Ferro.
Malcolm III e Margherita e l'accoglienza in Scozia
Era nata intorno al 1046 in Ungheria, dove il padre si era rifugiato e si era sposato con una nobile magiara. Era tornata con la famiglia in Inghilterra nello stesso anno in cui Malcolm aveva cinto la corona di Scozia. Tuttavia, le pretese dinastiche del padre e dell’arrogante fratello l’avevano costretta a un nuovo esilio, dopo il tentativo di sollevazione della Northumbria da loro sobillato contro Guglielmo I nel 1066.
Malcolm III aveva accettato d’accoglierli in Scozia.
Quando vide Margherita nello splendore dei suoi vent'anni, lo assalì la smania di farla sua.
Lei era perfetta, piena di grazia e fulgida nella dolcezza del suo sorriso.
Era anche caparbia e dominatrice ma su questo il re sorvolò:
lei gli appariva come un raggio di sole nelle cupe nebbie nordiche.
Voleva sposarla. A tutti i costi.
Di diverso avviso era Margherita.
Al fatto che Malcolm fosse tutt'altro che avvenente e ormai attempato – non dimentichiamo che, a quell'epoca, un uomo di quarant'anni era considerato un vecchio, – ella non badava. Lo avrebbe anche sposato, se solo fosse stata incline al matrimonio. Al contrario, covava in seno una profonda e radicata vocazione religiosa. Aveva un ardore mistico che annientava ogni altro sentimento, che riempiva ogni suo pensiero e che indirizzava le sue azioni più insignificanti.
Perché alla fine cedette? Fu il fratello Edgardo a convincerla. La sacrificò senza tanti scrupoli alla ragion di Stato. Stimandosi, infatti, defraudato del titolo di re da Guglielmo il Conquistatore, egli faceva assegnamento sull'appoggio del sovrano di Scozia per rientrare in Inghilterra e per riconquistare il trono. E aveva capito che l’unica moneta con cui comprare il favore di Malcolm era proprio sua sorella!
Il matrimonio fra Malcolm III e Margherita di Scozia
Così Margherita cedette. Sposò Malcolm sul finire del 1069, a Dunfermline.
Il ricordo di quel giorno non dovette esserle sgradito, anzi, dovette conservarne lieta memoria perché fece costruire una chiesa laddove erano state celebrate le sue nozze e la colmò di tesori, d’opere d’arte e d’innumerevoli mazzi di fiori.
La giovane regina si persuase che proprio attraverso il matrimonio Iddio l’avesse chiamata a un’alta missione. Intuì il bene che poteva fare con l’autorità connessa alla carica che ricopriva. E non rimpianse più il velo di monaca. Del resto, non poté rimanere insensibile alle attenzioni di cui la circondava Malcolm.
Il Re degli Scozzesi viveva in estasi, nel contemplarla. Preveniva i suoi desideri, le dimostrava una tenerezza sconfinata e, nella sua goffaggine fedele, si sottometteva a lei. Forse non provò la passione impetuosa che le dimostrava incessantemente il marito, eppure la nascita di otto figli, sei maschi e due femmine, testimonia che Malcolm e Margherita erano legati da reciproco affetto.
Lei ricambiava con tutta la dolcezza di cui era capace l’umile devozione di lui. Con delicatezza carezzevole, cercava di dirozzarlo. A poco a poco gli fece perdere quella stolta abitudine di bere birra o idromele ai banchetti di Corte, sostituendola con l’uso ben più fine di servire solo vino francese… Gli consigliò d’evitare il gaelico: perché un re doveva esprimersi in una lingua tanto strana, primitiva, quando c’era l’inglese, così raffinato, così musicale, atto a elevare di per sé i ragionamenti e la politica?
C’era poi da riformare in toto la spiritualità scozzese, ancora troppo imbevuta d’usanze barbare, troppo “folcloristica”, in cui l’elemento cristiano e quello pagano s’armonizzavano senza fratture.
Malcolm III e Margherita e il regno di Scozia
E Margherita ottenne dal compiacente Malcolm di riavvicinare la Chiesa scozzese a quella romana, purificandola da qualche aberrazione, d’accordo, ma privandola anche della sua identità e del suo ruolo storico.
Margherita agì sempre in perfetta buona fede, da autentica cristiana. Nondimeno, nel suo santo fervore apostolico, fu lei a smantellare la cultura celtica.
Era inglese, orgogliosa di esserlo. Come tale, reputava la propria civiltà al di sopra d’ogni altra. Si riteneva vessillifera di valori che era necessario diffondere perché indispensabili al progresso umano. Era inevitabile dal suo punto di vista che il resto, ossia ciò che le era estraneo, fosse arretrato, selvaggio.
Se non comprese i celti di Scozia, – e non si può pretendere da una donna medioevale d’uniformarsi alla mentalità aperta del XXI secolo e di ragionare come noi faremmo, – è indubbio che li amò con tutta sé stessa.
Sicura d’essere nel giusto, impose agli altri le sue convinzioni e li ripagò con una carità sconvolgente. Malcolm, per dimostrarle il suo amore, le prendeva di nascosto i libri di preghiera e ne riempiva le pagine di gioielli. Ebbene, erano pochissimi quelli che la regina indossava perché ne donava la maggior parte ai poveri.
Malcolm III e Margherita e il popolo scozzese
Sapeva ascoltare il suo popolo e alleviarne le sofferenze materiali. Trattava la gente comune con compassione e simpatia. Non sedeva a desco se prima non aveva servito personalmente il pranzo ad almeno ventiquattro indigenti (che diventavano più di trecento in quaresima e in avvento).
Se le veniva riferito di qualche malato grave, accorreva a medicargli le piaghe e lo confortava con il suo sorriso.
Un episodio resta emblematico della dedizione che Margherita aveva verso il prossimo. Ella soccorse un mendicante e, come Cristo aveva fatto con gli apostoli nel Cenacolo, s’inginocchiò a terra per lavargli i piedi.
Malcolm, che era presente, rimase turbato dal gesto della sposa e, scordando d’essere il Re degli Scozzesi, la imitò.
Margherita (Mecseknádasd, 1045/1046 – Edimburgo, 16 novembre 1093)
Mai ci fu regina altrettanto idolatrata, in Scozia. Quella donna, che parlava inglese, che era sottile e diafana perché i digiuni e le veglie di preghiera la maceravano, era così pura nella sua bontà che si faceva perdonare gli atteggiamenti stranieri, i nomi anglosassoni o biblici imposti ai figli, la parentela con Edgardo Aetheling che trascinava la nazione a continui attriti con i re normanni d’Inghilterra.
Il popolo accettava Malcolm come sovrano, lo assolveva persino riguardo alla fine di Macbeatha, forse proprio perché c’era quell'angelo a sedergli accanto sul trono. Sosteneva con fiducia i Canmore perché su di loro splendeva il chiaro astro di Margherita.
Quando ella si ammalò, nella primavera del 1093, una grande apprensione serpeggiò tra la gente. Si disse che era stato il freddo umido della grotta in cui si ritirava a pregare a minare la sua salute; non era la preoccupazione per l’incontro che sarebbe dovuto avvenire a breve tra Malcolm e Guglielmo il Rosso e che avrebbe deciso le sorti della Scozia a impensierire i sudditi… no, era la fragilità della regina a tener tutti con il fiato sospeso: se Margherita fosse sopravvissuta, ogni cosa si sarebbe accomodata.
Malcolm e Guglielmo si sarebbero dovuti incontrare a Gloucester. Il re di Scozia non voleva più riconoscersi vassallo di colui che s’era impossessato dei suoi possedimenti nel Carlise, anzi, esigeva una spiegazione. Ma il re d’Inghilterra non si presentò all'appuntamento.
Furente per l’affronto subìto, Malcolm imboccò la via del ritorno. L’esercito inglese lo aggredì a tradimento presso Alnwick, in Northumbria. Egli fu gravemente ferito: una punta di lancia gli trapassò l’occhio. Morì insieme con Edoardo, il primo dei figli che gli aveva dato Margherita.
Spettò ad Edgardo, il secondogenito, portare alla madre malata la notizia del duplice lutto che l’aveva colpita. La regina ascoltò le sue parole senza una lacrima. Infine ringraziò Dio di quel dolore che la sorprendeva e che la purificava.
Apparentemente non dimostrò il suo strazio. Quanto invece la perdita dello sposo, che aveva imparato ad amare, e del figlio, che aveva auspicato di vedere re, dovettero provarla è testimoniato dalla sua morte, avvenuta soltanto tre giorni dopo, il 16 novembre. La Bella e la Bestia s’unirono nel sonno eterno. Per sempre.
Quattro dei loro figli furono sovrani, di cui due, David I di Scozia e Matilde d’Inghilterra, furono anche elevati all'onore degli altari. A parte Alessandro I, detto il Feroce, furono sovrani giusti, capaci di maneggiare lo scettro e la spada con saggezza cristiana.
Furono re esemplari. Ma non furono re celtici.
Margherita, Patrona di Scozia
Il culto della regina santa ebbe inizio prestissimo, si può affermare all'indomani della sua morte. Margherita era stata sepolta a Dunfermline, dove si era sposata, nella chiesa della Santissima Trinità da lei fatta costruire per alloggiare i benedettini di Canterbury e per ricordare il giorno più importante della sua vita.
Devoti pellegrinaggi guidavano gli scozzesi alla sua tomba e il trascorrere degli anni non li affievoliva, anzi li moltiplicava, tanto che nel 1150 il figlio David I decise di restaurare e ampliare la chiesa stessa per accogliere la crescente folla dei fedeli. Stabilì anche che, da allora in poi, sarebbe stato quello il luogo di sepoltura di tutti i Re degli Scozzesi, al posto di Iona.
La biografia della regina, scritta dal vescovo di Durham Turgot, si rivelò ricca di episodi edificanti e straordinari e spronò papa Innocenzo IV a canonizzare Margherita il 19 giugno 1250. Dopo altri quattro secoli, nel 1673 papa Clemente X ricevette per mano del barone Paul Menzies una petizione dei cattolici scozzesi con la quale essi chiedevano che fosse proprio la regina Margherita la loro patrona.
Il papa accettò e fissò la festa per il 19 giugno, poi spostata da Innocenzo XII al giorno 10 pare per un errore di trascrizione o piuttosto per compiacere il futuro re Giacomo VIII che celebrava in quella data il suo compleanno.
In Scozia, tuttavia, si preferiva ricordare la santa patrona nell'anniversario della morte, il 16 novembre, sebbene il clima più mite consigliasse d’effettuare in una domenica di giugno, stabilita di anno in anno dai vescovi, il grande pellegrinaggio a Dunfermline che, da testimonianze del secolo scorso, radunava addirittura ventimila persone per la messa all'aperto.
Oggi la Chiesa universale ricorda Margherita, patrona di Scozia, il 16 novembre, così come piace agli scozzesi, e quale modello sempre attuale di santità la addita alle spose cristiane di tutto il mondo.
La Dispersione delle Reliquie
Con le guerre di religione, le spoglie della regina Margherita cessarono di riposare in pace. Il campione della cristianità Filippo II, re di Spagna, per far dispetto alla nemica Elisabetta I, si mise a far collezione di reliquie di santi inglesi e ne riempì l’Escorial.
Comprò anche quelle della patrona di Scozia ma non ottenne mai il prezioso reliquiario che conteneva la testa di Margherita, perfettamente conservata a distanza di così tanti secoli. Esso fu messo in salvo da Maria Stuarda, che lo custodì per anni nel suo castello di Edimburgo.
Più tardi, i benedettini di Dunfermline lo traslarono nella Croigluscar House di Fife. Infine, siccome in Scozia non c’era più sicurezza per i cattolici e per i loro altari, il capo di Margherita fu segretamente traghettato di là dalla Manica. Nel 1597 fu portato nelle Fiandre, a Douai, nel Collegio Scozzese che divenne meta di pellegrinaggio per i cattolici e per gli esuli di Scozia.
Per quasi due secoli la reliquia di Margherita fu circondata dalla devozione del suo popolo. Poi venne la Rivoluzione Francese. Nel 1793, i giacobini assaltarono il Collegio Scozzese e lo saccheggiarono. La reliquia fu distrutta.
Quando, nel 1835, il vescovo James Gillis fondò a Edimburgo il Convento delle Orsoline di santa Margherita, il primo a essere riaperto dopo la Riforma protestante, intessé contemporaneamente trattative con la Corte spagnola per riavere almeno alcune delle reliquie presenti all’Escorial.
Finalmente, nel 1862, gli fu concessa quella che è oggi la più importante in terra di Scozia e che fa del Convento delle Orsoline la meta prediletta dei fedeli di santa Margherita.
Il Vangelo di Oxford
La tradizione vuole che Malcolm III avesse regalato all'amatissima sposa Margherita un libro dei Vangeli d’inestimabile valore. Dopo averle offerto infiniti gioielli, sperava con quel dono d’incontrare maggiormente i gusti della consorte.
In effetti, Margherita lo apprezzò moltissimo, tanto che lo portava sempre con sé, leggendolo e meditandolo nei momenti di solitudine. Sebbene ne avesse la massima cura, accadde che, un giorno, mentre ella riposava in riva a un torrente, il libro le scivolò e finì tra i flutti. La regina lo recuperò allarmata e si meravigliò assai che le pagine fossero completamente asciutte. Per miracolo, infatti, non una sola goccia d’acqua le aveva solcate.
Esiste ancora questo Vangelo?
Tutti gli studiosi sono concordi nell'identificarlo con il libro che dal 1887 è conservato nella Biblioteca Bodleiana di Oxford e che risale appunto all'XI secolo.