E Tu di che Mito sei?
Tutti abbiamo bisogno di miti, in ogni età della nostra vita.
In modo particolare ne hanno bisogno i giovani perché vivono in un periodo di crescita e di grande sviluppo sul piano intellettivo ed emozionale.
I miti ci soddisfano perché possiedono contenuti che avremmo sempre voluto avere, sapere e conoscere, ma anche perché nascondono e rivelano alcune verità che l’animo umano percepisce, ma non riesce a cogliere in modo chiaro ed immediato.
I miti riflettono le nostre aspirazioni, i desideri, specialmente quelli più nascosti e quindi inconsci.
Oggi mito e mitico sono utilizzati con grande disinvoltura:
un concerto, un personaggio, un gesto sportivo, un libro, una canzone, vengono etichettati con queste due parole per enfatizzarne la dimensione.
L’idea è che con queste espressioni eventi o prodotti diventino in qualche modo eccezionali, destinati a rimanere nel tempo, da ricordare per sempre.
“Sei un mito, sei un mito per me, sono anni che ti vedo così irraggiungibile”, quando Max Pezzali con gli 883 qualche anno fa incise queste canzone, forse non pensava che avrebbe contribuito a diffondere definitivamente un modo di dire già popolare.
Certo, Max Pezzali, in quel caso si riferiva a una ragazza bellissima ai suoi occhi ed inarrivabile, e per questo mitica.
L’aggettivo mitico si stava diffondendo nel linguaggio corrente e lui se ne appropriava costruendoci una canzone di successo già anni fa.
Il medesimo obiettivo che si sono prefissati i narratori dell’antichità, coloro che hanno costruito il complesso e affascinante mondo della mitologia.
Per i Greci, il mito serviva a raccontare le avventure degli dèi e degli eroi e venivano immaginati per rispondere alle domande più importanti dell’esistenza:
l’origine dell’uomo, la natura del male, il mistero della morte, le ragioni della bellezza o della forza, e così via.
Nella nostra società, a recitare questi ruoli, sono i campioni dello sport, i cantanti, gli attori, i divi della televisione ma anche gli youtuber e i muser.
Alcuni, morti prematuramente, sono per questo diventati miti.
E penso a Marylin Monroe, James Dean, Ernesto Che Guevara, John Lennon, Ayrton Senna o Kurt Cobain.
Altri sono sopravvissuti con dignità alla popolarità, qualcuno è crollato sotto i riflettori della scena, altri ancora sono passati sulla ribalta con la velocità di una meteora.
Questi ultimi hanno fatto la fortuna di una trasmissione televisiva di successo di qualche anno fa.
Ancora oggi il mito principale dei giovani di tutto il mondo è però quello dell’eroe invincibile.
In ogni adolescente c’è, nella fantasia, nei pensieri e nelle zone più oscure dell’animo, l’esigenza di fare qualcosa di eroico, di grande, di particolare, che sia al di fuori della quotidianità.
Dove c’è talento, impegno e forti motivazioni non esistono barriere, si può raggiungere ciò che si vuole.
È questo il pensiero che appartiene a molti giovani.
Nelson Mandela, Ghandi, Rita Levi Montalcini e Steve Jobs sono i miti dei ragazzi tra i 16 e 20 anni, è quanto è emerso da una ricerca di una Università italiana.
Tra i film preferiti invece La vita è bella di Roberto Benigni e L’attimo fuggente con Robin Williams.
Tra i libri scrittori, contemporanei come Housseini con il Cacciatore di Aquiloni, George Orwell con 1984 e Saint Expury con Il piccolo principe.
I loro valori?
Solidarietà, giustizia e apertura verso la diversità.
Sono da sempre convinto che moltissimi giovani posseggano gli strumenti per costruire il loro futuro.
I modelli di riferimento sono politici ma in senso ampio del termine, e legati alle istanze di giustizia, di uguaglianza e di solidarietà sociale che emergono con forza.
Ed ecco allora che accanto a Steve Jobs e Nelson Mandela, compaiono anche Giovanni Falcone, Albert Einstein e Sigmud Freud.
Nei loro modelli cercano persone che hanno avuto le qualità necessarie per emergere nella vita, quali motivazione, talento personale e carattere.
Sono inoltre convinto che i giovani sentano forte il desiderio di viaggiare, di imparare nuove cose, ma anche di assumere responsabilità ed essere autonomi, di essere utili e di crescere come persone.
Ho pensato - da diversamente giovane quale sono - ai miei miti nei favolosi anni Ottanta.
Sull'onda della nostalgia per i miti fasulli dell’edonismo reaganiano e dello yuppismo made in Italy, ma anche delle infinite saghe televisive tipo Dallas, mi è subito tornata in mente la caduta del muro di Berlino del 1989.
E poi la visita di Giorgio Almirante, ancora segretario del Msi-Dn, alla camera ardente del segretario del Pci, Enrico Berlinguer, deceduto l’11 giugno 1984.
Poi certamente oggetti di culto come il Commodore 64 e il walkman, gli orologi Swatch e i primi videoclip musicali.
E ancora le mie serie televisive preferite, Magnum PI e Mork & Mindy.
Ricordo poi di aver gridato con Paolo Rossi campione del mondo nel 1982, di aver amato le note dei Bee Gees, senza però scatenarmi in pista, e di aver comprese che il Cacao non può essere che Meravigliao.
Ricordo John Travolta, ma anche il mio vero mito di quegli anni, Papa Wojtyla.
Ma cosa mi è rimasto addosso di quegli anni e di quei miti?
Senza dubbio la voglia di socializzare, di uscire, il sapere che la vita è una ed è meglio viverla.
E tu, quali sono invece i Tuoi miti?
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