Quando un premio non è tutto: le rinunce al Nobel di Jean-Paul Sartre e Boris Pasternak
Nell’arco della storia del premio le rinunce al Nobel, per quanto rare, si sono verificate e a volte è stato ritirato solo in seguito (vedi Bob Dylan) dopo vari tentennamenti.
Altre volte non è stato consegnato e rinviato per motivi storici (guerre).
Quest’anno, invece, non verrà assegnato (quello per la Letteratura) per lo scandalo delle molestie sessuali che ha coinvolto Jean-Claude Arnault, marito di una giurata e, di conseguenza, la stessa Accademia svedese.
Le rinunce al Nobel di Jean-Paul Sartre e Boris Pasternak
Certo in un’ epoca in cui uno scrittore (soprattutto, ma non solo) farebbe di tutto per un riconoscimento autorevole per la fama e il denaro che spesso porta con sé, le rinunce al Nobel di Jean-Paul Sartre e Boris Pasternak ebbero un significato molto più forte.
Quando Jean-Paul Sartre rifiutò il premio Nobel
Il 14 ottobre 1964, Jean-Paul Sartre, a quel tempo già un rinomato filosofo e scrittore vicino ai 60 anni, inviò una lettera all'Accademia svedese (che, a parte il premio Nobel, si occupa di difendere la purezza della lingua svedese, tra l'altro) chiedendo non gli fosse assegnato il premio.
Nella missiva scriveva:
"Le ragioni per cui ho rinunciato al premio non riguardano l’Accademia svedese, né il premio Nobel in sé, come ho spiegato nella mia lettera all’Accademia dove ho richiamato due tipi di motivazioni: personali e obiettive".
E fra quelle personali sosteneva che
"...Lo scrittore deve rifiutare di lasciarsi trasformare in un’istituzione, anche se questo avviene nelle forme più onorevoli, come in questo caso...".
Mentre fra quelle obiettive faceva riferimento alla sua idea politica:
“...la sola lotta possibile sul fronte della cultura, in questo momento, è quella per la coesistenza pacifica di due culture, quella dell’est e quella dell’ovest...”.
Anche in questo caso non credeva nell'azione formale:
“...ma che la coesistenza deve avvenire tra gli uomini e tra le culture, senza l’intervento delle Istituzioni...”.
I membri dell'Accademia non prestarono attenzione e qualche giorno dopo annunciarono l'autore francese come vincitore del premio Nobel per la letteratura di quell'anno.
L’autore di La nausea e Il muro riaffermò la sua decisione, deplorando "profondamente" che l'evento fosse diventato uno scandalo.
Erano stati proposti anche altri scrittori, compreso quello di Borges, che era sempre fra i candidati all'epoca, ma l'Accademia svedese prese la sua ferma decisione, nonostante la lettera inviata dall'intellettuale francese.
Il premio Nobel gli fu attribuito motivato "con la sua opera ricca di idee e piena di spirito di libertà e ricerca della verità", il 22 ottobre, riconoscendo la forte influenza che i suoi testi avevano avuto nel corso dei decenni passati.
L'istituzione non mancò di sottolineare che il rifiuto del Premio Nobel non lo invalidava…
Il rifiuto di Boris Pasternak a ritirare il premio Nobel
Al poeta e scrittore sovietico era stato assegnato il premio Nobel per la letteratura per il suo contributo alla poesia, ma principalmente per il suo lavoro, Il dottor Zhivago, un romanzo in cui il protagonista ha un comportamento e una mentalità talvolta contraria al regime socialista, mostrando, fra gli uomini del regime, meschinità e corruzione.
In Italia il romanzo venne pubblicato, fra molte difficoltà e pressioni fatte dal KGB tramite il partito comunista, dalla casa editrice Feltrinelli il 23 Novembre 1957 e già la prima edizione raggiunse le 12.000 copie vendute.
Il romanzo tradotto in inglese, francese e tedesco ebbe successo internazionale e nel 1958 Albert Camus propose Pasternak per il Premio Nobel.
Il romanzo nelle mani della CIA
Però il romanzo poteva ricevere il premio solo se pubblicato in lingua originale, di questo si sarebbe occupata addirittura la CIA.
L’agenzia americana, nella sua continua lotta propagandistica contro la Russia, arrivò a far deviare un aereo su Malta e a farlo sostare senza i passeggeri a bordo per fotografare il manoscritto originale e farlo pubblicare a sue spese.
L'Unione degli scrittori sovietici vietò le opere di Boris Pasternak mentre gruppi radicali comunisti lo accusarono di essere un traditore.
Ma le pressioni si trasformarono in minacce di esilio, se Paternak fosse andato a ritirare il premio, e di prigionia verso la sua compagna Olga Ivinskaja.
Dopo le pressioni politiche in Unione Sovietica, lo scrittore declinò il premio.
Le sue opere furono bandite fino al 1988.
Anche altri autori mostrarono un rifiuto iniziale a ritirare il premio Nobel.
Bernard Shaw ebbe il Nobel nel 1925 ma da prima lo rifiutò dicendo:
“Posso perdonare Nobel per aver inventato la dinamite, ma solo un demone con sembianze umane può aver inventato il Premio Nobel”.
In seguito lo accettò, devolvendo il denaro per la traduzione delle opere di Johan August Strindberg.
Ma se pensiamo che di recente sia stato solo Bob Dylan a fare qualcosa di simile abbiamo dimenticato Elfriede Jelinek che nel 2004 prima si mostrò restia, in linea con il suo “un ruolo d'artista attivo, scomodo” e poi accettò.
Ma alla fine si pone una domanda, il premio Nobel è “istituzione e conformismo” o un premio che un intellettuale può accettare perché onora il suo impegno?