Il Blu egiziano, il più antico pigmento artificiale nella storia umana

Oggi una tonalità è chiamata blu egiziano perché il blu, che ha attraversato buona parte della storia dell'umanità: divenne particolarmente desiderato, ricercato e spesso identificato con la regalità e la divinità proprio in epoca egizia, ma non solo per questo.Blu egiziano, dipintoSeppure altri pigmenti, come il rosso (il porpora di Tiro è meno antico), il nero, il marrone o l'ocra, entrarono nell’uso comune precedentemente, anche il blu compare nelle rappresentazioni artistiche e rituali fin dall'antichità.

In Europa il blu era ottenuto dal Isatis tinctoria L. (conosciuta anche come guado o gualdo o blu pastello), il colorante che si estrae dalle foglie, dopo la lavorazione, produce una soluzione, la indigotina, oggi utilizzata anche per uso alimentare identificata con il numero E132.

Ma il pigmento blu più richiesto proveniva da minerali come il lapislazzuli, scarsi e rari, e quindi molto costosi.

I più grandi giacimenti di lapislazzuli si trovano in alcune valli nell'Hindukush dell'Afghanistan dove sono ancora estratti con procedure molto simili a quelle usate più di 3000 anni fa.

Da quei luoghi remoti venivano esportati in tutto il mondo antico e utilizzati in gioielleria, nei vasi in Mesopotamia e in tutto il Medio Oriente.

Dall’antichità è giunto sino a noi anche un altro noto pigmento blu, il misterioso Blu Maya, ma appartenendo al passato dei popoli della Mesoamerica naturalmente non era conosciuto nell’area europea e mediterranea.

Il blu egiziano, la ricerca di un colore

Gli egiziani per creare nei propri dipinti quella regale tonalità importavano grandi quantità di lapislazzuli da quelle miniere per ottenere l'azzurrite, la polvere che forniva il pigmento blu con cui adornavano le loro opere artistiche.

Ma il suo prezzo era estremamente alto tanto che nel medioevo giunse a quadruplicare quello dell'oro.

Ecco perché, probabilmente, intorno al 3000 a.C. (e forse prima) in Egitto si cercarono dei modi per creare un pigmento blu a costi più accessibili. E, a poco a poco, si andò perfezionando una tecnica.

Il Blu egiziano, il pigmento
Il Blu egiziano, il pigmento

Il risultato che ottennero è stato considerato il primo pigmento sintetico o artificiale della storia, molto prima della scoperta del colore viola di William Henry Perkin.

Per questo motivo è noto come blu egiziano, un nome che entrò nell'uso comune all'inizio del XIX secolo per distinguerlo dal resto dei pigmenti blu.

Numerosi esperimenti sono stati condotti da scienziati e archeologi interessati ad analizzare la composizione del blu egiziano e le tecniche utilizzate per produrlo.

Il blu egiziano, una complessa miscela 

Ora è generalmente considerato un materiale multifase prodotto riscaldando insieme sabbia di quarzo (sìlice o anche anidride silicica), rame, carbonato di calcio e una piccola quantità di un alcali (ceneri da piante o natron).

Dagli esami degli esperti è stato identificato come componente principale, quello che dà il colore, il tetra silicato di calcio e rame (formula CaCuSi4O10) che esiste anche in natura, anche se è molto raro, e si chiama cuprorivaite.

Un altro componente era il natron, una miscela presente anch'essa in natura i cui "ingredienti" sono sodio carbonato, sodio bicarbonato e cloruro di sodio (comune sale da cucina).

Per gli Egizi era relativamente facile procurarsela, perché era presente nei fondali asciutti di alcuni laghi nei loro territori il più noto è il Wadi Natrun (che ne ha preso il nome).

Questa miscela ha diverse proprietà che il popolo del Nilo sapeva ben sfruttare, per il colore abbassava la temperatura di fusione necessaria per la lavorazione, ma lo usavano anche per la disidratazione delle mummie.

Gli Egizi usarono il pigmento per dipingere legno, papiri e tele, smalti colorati, intarsi e vasi.

Ma il blu egiziano era un colore particolarmente importante nei riti.

Affresco con Blu egiziano
Affresco con Blu egiziano

Sono stati ritrovate maschere, statuette e dipinti che decoravano le tombe poiché credevano che il colore blu proteggesse i morti dal male nell'aldilà.

Fra le prove con datazione più antica dell’uso di questa tonalità vi è un contenitore di alabastro del periodo predinastico (circa 3200-3000 a.C), trovato nel 1898 negli scavi di Ieracompoli (o Nekhen) nell'Alto Egitto.

Lì, a Ieracompoli, è stata rinvenuta anche la tomba egizia con la più antica pittura parietale conosciuta e la prima raccolta zoologica della storia.

Negli anni '30 durante gli scavi di Qantir, dove sorgeva l’antica capitale Pi-Ramesse, sono stati trovati altri oggetti legati alla produzione di pigmenti.

E, più recentemente, vasi in ceramica con tracce di blu egiziano sono apparsi nel contesto di una grande industria di fusione del rame, produzione di vetro e terracotta, suggerendo che Pi-Ramesse potrebbe essere stato un importante centro di produzione di pigmenti.

Il pigmento continuò ad essere prodotto e usato in tutta l'antichità, conosciuto poi dai Greci (presente anche nelle sculture del Partenone) e dai Romani, almeno fino agli ultimi anni dell'Impero Romano d'Occidente, quando la tecnica cadde nell'oblio e il segreto della formula sembrò essere andato perduto per sempre.

Tuttavia, l'analisi a infrarossi di alcuni dipinti del XVI secolo sembrano indicare il suo utilizzo nel periodo.

Nessun testo egiziano fa riferimento al metodo di produzione del blu egiziano.

La prima testimonianza proviene dall'architetto romano Vitruvio, che visse nel I secolo a.C. e lo descrisse nel suo lavoro De Architectura, chiamando il pigmento ottenuto come coeruleum (ceruleo).

Secondo Vitruvio, era ottenuto mescolando sabbia, rame e natron, ma la sua descrizione era incompleta e non permise, dopo la caduta dell’Impero romano, di salvaguardare la conoscenza della tecnica di lavorazione

Se ci soffermiamo sulla lavorazione del pigmento ci rendiamo conto che si tratta di una forma sintetica, o artificiale, del raro minerale cuprorivaite prodotto riscaldando i vari “ingredienti“ a circa 850-950 gradi.

A causa dell'estrema rarità della cuprorivaite naturale, gli egiziani non avrebbero mai potuto raccogliere una sufficiente quantità di questo pigmento dalla natura.

La procedura per produrre il blu egiziano è stata certamente preceduta da molte prove ed esperienze.

Questo fa riflettere: non solo gli antichi egizi possedevano una conoscenza della chimica straordinariamente avanzata, ma fu anche il popolo che, più di qualunque altro, dedicò sforzi e ingegno per creare dei colori per il lavoro degli artisti.

Foto Flickr kairoinfo4u e Wikipedia