Mosaiciste da tutto il mondo
Che vita strepitosa, senza un attimo di respiro...
Alcune volte penso di invecchiare troppo rapidamente, invece è solo stanchezza, il cervello si ingarbuglia, vengo travolta dalle persone, dagli eventi e dalle emozioni.
Dopo l’intensa estate passata a preparare l’accoglienza in parrocchia e in casa mia è stato tutto un susseguirsi di avvenimenti:
i primi di settembre le tirocinanti dell’Accademia di Ravenna, sette meravigliose creature;
poi cinque cileni tra cui Camillito el niño di un anno, il primo bambino del Mosaico di Andreina, accompagnato dai genitori Barbara Del Barro e Simon Delgado e dal fratello Ignacio.
Barbara e Simon sono due mosaicisti tutto fare che si occupano di costruzioni e percorsi artistici naturali con prodotti fitoterapici, tutto in funzione della salvaguardia del pianeta e con finalità ecologiche: dei veri artisti bohémien con tanto di sacco a pelo in itinere per il mondo.
Dal Cile erano partiti per cimentarsi in laboratori e concorsi in Portogallo e in Spagna con mosaici realizzati su una base di argilla e paglia dove poter apporre il mosaico:
delle vere opere estemporanee della durata di pochi anni, che rispettano i colori naturali delle terre accuratamente scelte con l’intervento degli azulejos colorati,
una vera novità che risale a una tradizione antica che ci porta indietro alle origini.
Il loro bambino, detto “Camillito”, solare e affettuoso ha compiuto il miracolo ad Indicatore… dove ha iniziato a camminare e prendere confidenza con ciò che lo circondava.
In una settimane le sue gotine si erano riempite a vista d’occhio.
Passava da un passato di fagioli, alla pasta al pesto, dal latte della mamma al gelato.
Una gioia per gli occhi, se penso a come vengono cresciuti i nostri bambini in Italia mi stupisco, siamo troppo apprensivi, oppressivi e protettivi, non rendiamo i bambini autonomi,
Camillito era gioioso e vitale e molto più grande della sua età.
Con loro era venuta anche la mosaicista Paola Guerra, una vera andina dai capelli neri corvino le trecce alla Pocahontas, dagli abiti colorati e gli occhioni profondi.
In poco meno di una settimana hanno realizzato un lavoro molto curato nel dettaglio (ispirato dalla cultura dei paesi latino americani sul mosaico trencadis).
Un vero scambio culturale di materiali, di professionalità e tradizione.
Ingenuamente, senza malizie o invidie, ci siamo scambiati le nostre esperienze sentendoci onorati nel condividere un simile patrimonio e con il piacere di accrescere il bagaglio l’uno dell’altro.
E dopo tanto di corsa alla Schumacher per non perdere il treno che li avrebbe portati a Fiumicino, ci siamo lasciati con la promessa di rivederci presto.
In questo momento mi viene in mente quando Paulita mi ha scritto mesi fa dicendomi che per loro sarebbe stato un vero onore poter prendere parte al mio progetto, perché avrebbe accresciuto il loro curriculum e perché il venire in Italia rappresentava per loro un sogno.
Anche se non c’era tempo perché i giorni che intercorrevano fra un gruppo e l’altro era stretto le ho detto di si, con il consenso di Don Santi Chioccioli (parroco committente dell’opera della chiesa dello Spirito Santo di Indicatore, sede del Mosaico di Andreina in Arezzo, Italia).
Immaginate la fatica e la passione, dalla Spagna sono venuti da noi per poi ritornare in Spagna:
questa è avere l’arte nel cuore, dove non esiste la fatica, dove la curiosità varca le distanze e le emozioni annullano la frenesia del tempo.
Dopo la loro partenza di nuovo non c’è stato posto per la malinconia:
avevamo un giorno e mezzo prima dei nuovi arrivi per cui ci siamo subito messi ad allestire i posti letto in canonica.
Sono arrivati da me un gruppo che ho molto amato e conosciuto a San Paolo in Brasile durante il viaggio per la promozione del mosaico lo scorso aprile.
Ve ne parlo.
Sono le mosaiciste del gruppo Paulista, esponenti del mosaico brasiliano a livello internazionale.
Devo dire la verità, la nostra essendo una realtà familiare non dà peso tanto alla bravura professionale quanto a quella umana nei rapporti. Mangiamo e lavoriamo insieme ci scambiamo esperienze, quindi alla fine preferiamo l’amicizia alla pantomima d’interessi pubblicitari.
Loro, le mosaiciste, sono:
Vera Gonçalves, Célia Sodré, Cris Romano, Monica Mascheroni, Iara Valerio, Claudete Lopes Martins, Eliana Corinti Jordão, Elisangela Secassi, Heloisa Monte Serrat Bindo, Eliane Rocha, Patricia Ono , Regina Shahini, Simone Berton.
Tredici splendide mosaiciste, e vi assicuro che è proprio così senza sviolinate, come dice l’amico Wolfango Mugnai.
Quando Célia Sodré mosaicista e direttrice amministrativa della Colonia Veneza Cepe che mi ha ospitato a Peruibe durante il mio soggiorno in Brasile, mi ha detto che sarebbero venute ad Indicatore, non ci credevo.
Tredici persone che si spostano per noi da così lontano: quindicimila chilometri di distanza, differenza di clima, fuso orario, molto denaro speso a fondo perduto.
Tutto per venire da noi, nella nostra semplice e piccola realtà di paese, dove, si c’è questa grande opera, ma il nostro potenziale economico è nullo.
Nasce quindi la preoccupazione del cibo, di come mettere a tavola minimo 20 persone al giorno.
Don che va a fare la spesa in continuazione, è diventato l’uomo dei supermercati e delle offerte, Luigi Zampini e Wolfango Mugnai sono gli esperti dei fornelli e poi... chiunque viene contribuisce o con lavoro o con opere di bene.
Ma come dico sempre: la provvidenza è mia amica!
Ci sono, infatti, Bruna, Milrella, Morena, Carla e tanti altri che si adoperano a portarci: salse, sughi e tanto altro per poterci consentire di tirare avanti in questa impresa per noi titanica.
La mattina del 28 settembre eravamo tutti in fermento. Io agitatissima come sempre passavo da un posto all’altro, facendo chilometri negli spazi enormi che offre la chiesa e tenendo tutto sotto controllo con l’ansia che mi divorava.
Avevo pulito la chiesa con Borja Blanco Cochon, il nostro scultore galiziano, liberandola dal materiale da lavoro riposto sulla navata destra dove stavamo realizzando l’opera dedicata all’Esodo.
Avevo preparato i disegni per accogliere al meglio l’impazienza dei nuovi arrivati.
Salutato l’amico in visita che era tornato a trovarci dopo tre anni: lo scultore e pittore Ivan Matos Recouso galiziano.
E, con calma apparente, avevo avvisato che era arrivata l’ora di andare a prendere le nostre amiche alla stazione di Arezzo.
Siamo partiti io, Don e Luigi con la macchina mosaico e Massimo Nasorri il nostro maestro di Musica con il furgone che aveva dovuto liberare dagli strumenti per poter alloggiare le tredici immense valige ricolme di decine di doni per tutti (che abbiamo scoperto dopo).
Arrivati alla stazione abbiamo scoperto che non c’era un posto auto libero; c'era, invece, molta polizia e vigili, quindi anche illegalmente era impossibile parcheggiare.
Questo mi aveva agitato ancor di più: avrei voluto aiutarle nello scaricare i bagagli dal treno ma il traffico e la folla lo impediva.
Dopo tre minuti, come per magia, si sono liberati quattro spazi contemporaneamente!
Scendiamo e ci rechiamo all’interno della stazione e... non vedo nessun gruppo scendere dal binario quattro: oddio! Ho pensato, e ora come facciamo? Forse hanno perso il treno! Mille pensieri mi assalivano, ma giro le spalle e, come comparse dal niente, vedo tanto colore: erano loro!
Dopo essermi sbracciata per salutarle le ho fotografate e postate immediatamente su fb: dovete sapere che sono diventata la donna del tag, istantanea e reattiva a ogni stimolo!
Per fortuna uso fb solo in queste circostanze, altrimenti chiunque mi circonda sarebbe rovinato.
Baci, abbracci, commozione, lacrime: sembravamo un branco di pollastrelle impazzite, non esisteva niente altro tranne che noi.
Quindi non ci siamo limitate negli slanci di affetto e ovviamente Don e Luigi hanno preso le dovute distanze da tanta confusione.
Caricati bagagli e bagaglini siamo andate subito ad Indicatore. Appena arrivate si sono subito catapultate sul mosaico. Centinaia di foto scattate e poi postate in pochi secondi, ma soprattutto tante lacrime.
Io ho sempre paura che le foto pubblicitarie dell’opera non trasmettano la realtà perché vivo ciò che mi circonda con abitudine quindi mi rendo conto solo attraverso l’espressione degli altri se tutto questo è bello oppure ordinario.
Ma dalle loro lacrime ho compreso il loro piacere. Immaginate quattordici donne che piangono e si abbracciano: mi sono lasciata così tarvolgere che non ho resistito,
Visto da fuori il sito sarebbe stato quello giusto: a chi fosse passato avremmo dato l’idea della parecipazione ad un funerale, ma questa è ironia toscana ovviamente o una “bringadera” detta in portoghese.
Ero così felice che non sapevo cosa mostrare prima, se le camere, i bagni, il mosaico... avevo perso un po' il senso della realtà, che poi è andato a scemare completamente durante la cena.
Dove mangiammo di tutto. Era stato organizzato per l’occasione da Bruna e Bruno Cerini che avevano preparato una buona cenetta accompagnata da del buon vino che ci ha dato il colpo di grazia, prima del caffè. Poi hanno iniziato a volare regali per tutti e... la cachaca per fare la caipirinha.
E quindi: dolci alla banana tipici brasiliani, prodotti estetici dal profumo agrumato (che ti veniva voglia di mangiarli), tapioca per le crepes, magliette, asciugamani ricamati e bjoux tipici locali. Di tutto e di più per tutti! E il grembiule da lavoro giallo regalatomi con la dicitura nel ricamo “MOSAICO PAULISTA” e accanto la bandiera italiana e quella brasiliana.
Lì veramente ho ceduto. Mi sono commossa a vedere tanto affetto e partecipazione. Era bello pensare di essere stata accettata come una di loro e che volessero condividere con me tutto questo con l’entusiasmo di un bambino in un negozio di giocattoli.
Tante foto hanno immortalato questo momento perché ognuna di loro era felice di donarci una parte di sè con vero amore.
Tornata a casa non riuscivo a staccare il cervello: l’adrenalina era a duemila, così eccitata che non si chiudevano gli occhi, i pensieri erano palpabili e avevo le farfalle nello stomaco come al decollo dell’aereo.
Il mio ricordo di “loro” era vero anche in Italia, tutti mi prendono in giro perché dopo il mio viaggio in Brasile, non ho fatto altro che parlare di questo popolo, della loro generosità e affetto.
Finalmente mi hanno dato tutti ragione, la loro allegria è contaminante, la loro musica e le canzoni ti portano indietro nei ricordi con una tale profondità che una consulenza di ipnosi pregressa non avrebbe lo stesso effetto.
Questo è il Brasile per me… la sensazione di tornare a casa.
Sono arrivate da soli due giorni, ma per intensità sembrano due mesi e... sono già triste al pensiero della loro partenza.
Cari lettori mi fermo qui perché tra poco andiamo a pranzo e arrivato l’uragano brasiliano non rimane tempo per continuare a scrivere la mia storia che prosegue in previsione delle novità dei prossimi giorni con il mosaico italo-brasiliano.
Un abbraccio a tutti.
Leggi anche:
Adnate e i ritratti ancestrali dei nativi australiani
L’Arte dei Madonnari: Mino di Summa e la tradizione dimenticata