L’ “illibertà” di stampa: orgoglio nazionale.
Si dice che la democrazia di un popolo si misuri con la libertà e la qualità dei suoi organi d’ informazione.
Quindi se dovessimo misurare la febbre alla democrazia del nostro Paese riscontreremmo facilmente un pericoloso 39°e mezzo…
Problema storico in Italia ma che oggi, con l’accorpamento dei forti poteri economici all’informazione avvenuto in forma esponenziale negli ultimi 25 anni, ha raggiunto livelli di guardia.
TG di televisioni private e pubbliche, giornali, agenzie di stampa ultimamente assomigliano più a delle società pubblicitarie intente a convincerti all’acquisto di cose che non ti servono e che il più delle volte nascondono la fregatura, (ovviamente con qualche rara eccezione che purtroppo, come dice il detto, conferma la regola) piuttosto che a dei divulgatori di notizie vere e credibili, preposti ad un servizio fondamentale all’interno della società civile:
la libera informazione.
Una massa informe di reporter, giornalisti, opinionisti ed editori che si accalcano nella mischia del chi la spara più grossa.
Un servizio al servizio del potere, ma che piano piano sta perdendo i pezzi.
Eh sì, perché dai e dai, a forza di sparare balle si perde credibilità e la gente, troppo spesso sottovalutata, comincia a voltarsi e a rivolgersi altrove.
Così la rete a mano a mano si mangia la piazza. Il 43% della popolazione italiana consulta il Web per l’informazione ed addirittura il 90% delle persone sotto i 30 anni ( dati Censis) accede alle notizie solo tramite social e rete, dove un’informazione certo non sempre pulita, ma sicuramente più libera da condizionamenti è quindi più credibile di quella dei tradizionali giornaloni o dei TG, sempre più lontani, ed aggiungo pericolosamente, dalla realtà.
L’ultima consultazione referendaria ne è l’esempio più chiaro.
Quasi tutte le più grandi testate nazionali davano la vittoria netta dei SI alla conferma delle nuove riforme costituzionali, mentre la rete affermava il contrario. La realtà, come al solito e come d’altronde succede ormai da troppo tempo, ha dato ragione alla seconda con un risultato schiacciante ed indiscutibile, relegando le prime ad un ruolo secondario e di scarsa qualità.
In Italia poi abbiamo un’anomalia, una delle tante, che prevede una sovvenzione statale destinata ai giornali, quindi pagata con i soldi dei cittadini. Eppure molti dei nostri quotidiani, nonostante gli “aiutini” ricevuti regolarmente, hanno comunque chiuso bottega per mancanza di pubblico.
Desolante ed inquietante… mi chiedo cosa possano sentire nelle loro coscienze, ammesso che ne abbiano, quei giornalisti che ricevono il disprezzo tangibile da parte di coloro che ogni giorno cercano di ingannare. Poveri squallidi personaggi, messi lì da un editore di dubbie qualità, con in mano la lista delle notizie da far “ promuovere” ogni giorno ai suoi valletti, come quella di un cliente ai suoi pubblicitari, uomini e donne che, come pupazzi spalla per lo show di chi servono, vivono una vita professionale vergognosa, arresi alla totale mancanza di dignità, comperati al mercato del più docile e disponibile, pronti per i trenta denari mensili con i quali sfamare le proprie famiglie. Uomini e donne protetti dalla pesante coperta del ricco imprenditore/editore che attacca a suon di cause milionarie chi esce dal seminato. Uomini e donne che probabilmente, senza questo lavoro, accrescerebbero il numero dei disoccupati in Italia.
“In Italia mancano giornalisti che facciano la seconda domanda. Cosa intendo? Semplice: il giornalista intervista un politico, fa la sua domanda, il politico risponde. A questo punto il giornalista dovrebbe fare la seconda domanda: “scusi, ma lo sa che questa è una stronzata pazzesca!?” Invece la seconda domanda non viene mai fatta, in questo modo i politici sono lasciati liberi di dire tutte le cazzate che vogliono” ( Daniele Luttazzi).
Io vivo a Roma e nel corso della mia esperienza di cittadino della capitale da più di 40 anni ho assistito al sacco della città da parte di giunte di destra, centro e sinistra, tutti sempre accomunati, chi più e chi meno, nello sforzo di mal governare, tra ruberie, corruzione, clientelismi e nepotismi senza nessuna eccezione, sempre al servizio dei soliti nomi conosciuti da tutti come i veri padroni della città. Eppure in tutti questi anni non ho mai visto da parte dell’informazione nazionale e capitolina una così profonda e strana sensibilità alla “res romana” come negli ultimi otto mesi, cioè da quando si è insediata la nuova giunta.
Un’attenzione morbosa fino al punto di cadere nel disgustoso e nelle offese personali e sessiste nei confronti di una sindaca e di una giunta che sta provando, tra varie peripezie e mille papponi, a voltare le spalle proprio a quei padroni che da decenni svuotano le tasche dei romani e di dignità la città . Quei padroni che vedendosi non più in primo piano negli “affari” capitolini, si sentono snobbati e superati, sguinzagliando per questo le bestie.
Sono segnali importanti, perché ci rivelano di come il potere cominci così ad avere paura, e più la paura sale e più gli attacchi crescono. Più il palazzo con le sue poltronissime trema e più l’informazione di regime si distorce.
Paura di perdere per sempre quei privilegi e quelle anomalie che fanno di un inetto un ministro, di un analfabeta un parlamentare, di un illetterato un giornalista, di un raccomandato un professore, elementi endemici di tutte le repubbliche che abbiamo vissuto fin qui.
Paura di essere valutati dalla realtà e non dal prezzo col quale sei abituato a venderti.
Paura di perdere il controllo, di non riuscire più ad influenzare malevolmente l’opinione pubblica.
Paura che ha spinto e continua a spingere, nel tentativo di mettere le mani sulla rete cercando di inquinare anche quella.
Paura che obbliga la comunicazione deviata ad incutere a sua volta paura del cambiamento, del nuovo, delle idee sane e coraggiose.
Paura anche di quei pochi che tentano disperatamente di far bene il proprio lavoro.
Napoleone diceva : “ C’è da avere più paura di tre giornali ostili che di mille baionette”.
Ma quello dell’informazione corrotta è un meccanismo che oltre a non funzionare, è destinato a rompersi, portando con sé nel baratro tutti coloro che ne fanno parte.
La Storia insegna che un susseguirsi di eventi malati conduca prima o poi inevitabilmente alla rovina di chi li mette in atto. Ormai sembra proprio che la misura sia colma e che gli ultimi ad accorgersene siano proprio quelli che hanno riempito il vaso.
Negli anni ‘70 si diceva che la verità è sempre rivoluzionaria ed ultimamente sembra si cominci a viverne il significato.
L’illibertà è un’illusione messa in atto dalla contorta ed inutile speranza di quei malati portati a perdersi nel degrado e nella desolazione, accompagnati dagli stolti che li seguono e dal pietoso oblio di coloro che invece marciano con la testa alta e la schiena dritta.
“Se la stampa non è libera, se il discorso non è indipendente e viene ostacolato, se la mente viene incatenata o resa impotente attraverso la paura, non fa alcuna differenza sotto quale forma di governo si vive, io sono un suddito e non un cittadino”
(Sen. William E. Borah)