Guardare il mondo con gli occhi di un bambino.
La letteratura è piena di scritti autorevoli che invitano gli adulti a mantenere lo spirito dei fanciulli nell’affrontare la vita.
I bambini nascono privi di condizionamenti e sono dotati di quell’entusiasmo e spontaneità che fanno pronunciare ad Albert Einstein:
“Chi non riesce più a provare stupore e meraviglia è già come morto e i suoi occhi sono incapaci di vedere”.
Tra tanti grandissimi autori ho scelto Antoine de Saint-Exùpery con “Il Piccolo Principe”. Un aviatore che, come Richard Bach, è riuscito a volare anche nel cuore di infiniti lettori.
“Agli adulti piacciono i numeri. Quando raccontate loro di un nuovo amico, non vi chiedono mai le cose importanti.
Non vi dicono: «Com’è il suono della sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti? Fa collezione di farfalle?».
Le loro domande sono: «Quanti anni ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre?».
Lo scrittore sollecita a non soffermarsi sull’aspetto materiale perché il segreto rivelato dalla volpe al piccolo principe è che “si vede solo con il cuore: L’essenziale è invisibile agli occhi”.
La materializzazione di questi concetti è in un nitido ricordo di quando ero bambina.
È vivissima in me la doccia fredda che subii quando un adulto sottolineò crudamente che uno dei miei migliori amici era “brutto”.
Non capivo come potesse parlare in quel modo:
per me quella persona era bellissima, perché i miei occhi andavano oltre l’aspetto fisico, vedendo solo i caldi e rassicuranti colori dell’anima.
La bellezza interiore si compenetrava con l’involucro, illuminandolo e trasformandolo. Tutto il resto non esisteva.
Quando un fanciullo osserva il mondo e gioca con le sue manifestazioni concrete è felice perché assapora l’attimo presente, senza pensare a numeri o canoni di perfezione, a passato o futuro:
qualunque cosa fa, la compie con totalità, intensamente, e ne è così assorbito da scordarne ogni altra.
Mi chiedo se questo è ancora possibile nell’attuale società.
Veniamo bombardati, in maniera maggiore del passato, da messaggi che creano graduatorie, classifiche, regole che non tengono conto della diversità e unicità di ognuno ma impongono rigidi precetti assoluti.
Se non si rientra in essi si è fuori, con conseguenze a volte drammatiche, come purtroppo le cronache riportano.
Ho avuto a che fare con bambini che sono venuti a casa mia o che sono saliti sulla mia vecchia auto.
Mi sono sentita dire, con l’ardore del migliore dei segugi o della peggiore delle suocere, che il pavimento sotto al termosifone era sporco così come è stata sottolineata la vetustà del veicolo rispetto al fiammante modello appena acquistato dal genitore.
Quando avevo la loro età e ricevevo analoghi inviti, l’ultimo dei miei pensieri era controllare la pulizia dell’abitazione in cui mi recavo o valutare il modello dell’auto su cui salivo.
Ero concentrata solo sulle emozioni, sulla gioia delle scoperte:
quella macchina mi conduceva verso luoghi sconosciuti, avventure mozzafiato, rivelazioni sbalorditive e nuove conoscenze, anche se si trattava solo di sedersi nel giardino di una casa di campagna a chiacchiere ammirando una nidiata di paperotti gialli o l'andirivieni delle formiche.
Per fortuna la pulizia della casa non era una responsabilità di una bambina di otto anni, avendo altri pensieri a cui dedicarmi e potendoli lasciare agli adulti.
Così come l’automobile era per me solo uno strumento per il raggiungere una fonte di emozioni. Se chiudo gli occhi riassaporo sensazioni, sapori, profumi, ma non ricordo nulla della marca dell’auto dei genitori dei miei amici.
Anzi, le memorie più preziose sono legate alle situazioni più semplici e poco appariscenti e non al prestigio di un'immagine.
Di fronte a queste e ad altre frasi indirizzate all’esteriorità, ho il timore che questi giovani diventeranno degli adulti interessati solo ai numeri, incapaci di apprezzare le piccole magie della quotidianità della vita, perché abituati a guardare solo la superficie, senza soffermarsi a scavare in profondità alla ricerca dell’essenza.
Le manifestazioni della realtà, quali possono essere anche un po’ di polvere sotto un termosifone o un modello superato di auto, assumeranno significati che non si allontanano dallo stereotipo di “brutto”.
Josè Saramago ha scritto: “lasciati guidare dal bambino che è in te”. Ma se quel bambino non ha mai imparato a osservare e ascoltare col cuore, dove potrà condurre?
Fonti utili su MoonMagazine: ¿Es un negocio la literatura infantil? Santiago García-Clairac