Ieri e Oggi: Com’è cambiata la scuola e la nostra grafia

 

Com’è cambiata la scuola e la nostra grafia: Dal correva l'anno 1886... al 2016! 

 

Il mutamento incredibile avvenuto nella società negli ultimi 100/150 anni ha toccato tutti gli aspetti della nostra vita:

dalle abitudini quotidiane alla moda, dal pensiero alla musica, dal cinema all’arte, ecc.

Anche la scuola e l’insegnamento sono molto differenti rispetto alla fine del 1800.

Le classi erano molto numerose (quella raccontata nel libro Cuore era formata da 54 alunni), divise tra maschi e femmine; c’era un solo insegnante, quasi sempre un maestro.

Alunni di una classe del primo novecento

Per scrivere si usava il pennino; si imparavano tante cose a memoria; e le punizioni erano molto severe.

Gli insegnanti erano considerati delle vere e proprie autorità pubbliche, vestivano abiti severi e prendevano provvedimenti insindacabili nei confronti degli scolari.

Anni in cui i ragazzini indossavano il grembiule inamidato o la divisa del colore richiesto,

non sapevano cosa era il computer, entravano in fila in aula, davano del ”lei” ai docenti, temevamo le note e le insufficienze, e facevano i compiti senza discussioni e senza internet.

I libri di testo si compravano nella bottega del libraio che era affollata di padri e di madri che compravano zaini, cartelle e quaderni. Nel libro Cuore, De Amicis ci racconta come anche nel 1886 gli zaini, nostri inseparabili compagni di scuola, meno fantasiosi e anche meno pesanti certo di quelli attuali, c’erano già!

Gli scolari di un tempo usavano anche un metodo assai più pratico: una cinghia elastica che teneva insieme i pochi libri e quaderni che erano di un formato A5 e non grandi come quelli utilizzati ora...

Ai tempi dei nostri genitori erano soprattutto in voga le cartelle: valigiotti rigidi con la maniglia, che gli scolari, con i grembiuli neri o bianchi e il fiocco azzurro o rosa, portavano sulle spalle.

Il modello di scrittura insegnato era ed è il “corsivo inglese ma le indicazioni pratiche dei docenti sono state soggette a molte differenti applicazioni.

Una differenza sostanziale rispetto a quegli anni sono senz’altro anche gli strumenti della scrittura.

Nell’immediato dopoguerra la penna in uso per tutti gli scolari delle elementari era quella di legno in cui veniva fissato il pennino che si intingeva nell’inchiostro dei calamai inclusi nei banchi a due posti: oggi si tracciano le lettere con penne multicolori bic, roller, cancelline con i pupazzetti di eroi della moda del momento.

Anche la scrittura, il modo di tracciare le lettere, di occupare lo spazio del foglio ha risentito del cambiamento.

Scrittura su quaderno dei primi del 1900

 

Scrittura su quaderno del 1950

Scrittura su quaderno del 1965

Scrittura su quaderno del 2016

 

Le grafie di quegli anni appaiono differenti:

piuttosto angolose, rigide e molto curate.

L’insegnamento, severo e rigoroso, prevedeva una gestione dello spazio formale, con regole definite (titolo in mezzo, margini già stampati nella pagina del quaderno, capoversi, armonioso equilibrio tra bianchi e neri).

Nei decenni successivi, per l’ istruzione secondaria veniva prevista dal disegno di legge Gonella l’istituzione di una Scuola media unitaria, articolata in tre rami:

 

classico, tecnico, normale, trasformata poi nel 1962 in unica, gratuita e obbligatoria.

 

Nella scuola secondaria superiore veniva invece conservata la tradizionale divisione tra licei e istituti tecnici, oggi modificata nuovamente.

In quello scenario in cui l’economia italiana ha conosciuto una fase di espansione senza precedenti

nell’Europa del dopoguerra nasce la televisione che contribuisce alla definizione di un’identità

nazionale nel rispetto del patrimonio tradizionale delle varie regioni sempre sotto una vigile e rigida censura.

 

Nel fermento culturale e intellettuale di quegli anni la scuola resta ancora ai vecchi schemi, disciplina ferrea,

insegnamento meticoloso, spesso più nozionistico che culturale ma nelle scritture si incomincia a notare un certo ammorbidimento delle forme, gli ovali si fanno più tondeggianti e la zona media

della scrittura diventa più evidente.

In quel periodo così contraddittorio e ambivalente, tra una realtà ancora conservatrice e la spinta verso nuovi stimoli,

un quartetto di giovanissimi inglesi, che si forma a Liverpool nel 1960, diventa il simbolo stesso della ribellione giovanile verso schemi troppo rigidi e obsoleti e l’immagine di un nuovo modo di essere liberi e pieni di fantasia.

I Beatles fanno un’unica tournée in Italia nel 1965 a Milano, Genova e Roma e provocano un’incontrollabile ondata di entusiasmo.

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Il 1968 segna l’apogeo della rivolta studentesca, che si estende in tutta la penisola.

Ne deriverà un sentimento di profonda ingiustizia che troverà il modo di esprimersi, coerentemente con la spinta verso ideali assoluti tipici dell’età giovanile, nella contestazione globale del sistema.

In seguito alle manifestazioni studentesche le scuole secondarie superiori e la stessa Università

iniziarono a manifestare i primi segni di una crisi strutturale che andava risolta con un’ampia e radicale riforma.

Il disorientamento di quel momento, la crisi dovuta ai cupi “anni di piombo” uniti a un sincero

desiderio di rinnovamento nella scuola, che cerca di essere meno rigida e di abbracciare in parte le teorie libertarie auspicate dalla ù

collettività sono ben visibili nelle scritture più morbide, molli, disordinate, ma libere ed espressive che si possono vedere negli allievi di

quegli anni, ben lontane dall’ordine coartato, dalla forma più convenzionale, ma elegante e rigorosa, degli adolescenti di venti anni prima.

La libertà di espressione ha portato ad un atteggiamento diametralmente opposto nell’insegnamento della scrittura.

 

Attualmente i programmi didattici per la scuola primaria non danno indicazioni

specifiche su come insegnare la grafia e la maggior parte degli insegnanti non

fanno attenzione alla postura, all’impugnatura della penna,

né a come si imposta un foglio o si tracciano le singole lettere nel modo più funzionale.

La conseguenza è il diffondersi “della fatica di scrivere” dovuta a un consolidarsi di gesti scorretti che i bambini si sono abituati a fare.

L’illeggibilità di molte scritture di ragazzi causa forte autosvalutazione e l’allontanamento definitivo dalla pratica della scrittura a mano a favore di strumenti compensativi che però non si rivelano funzionali per un completo sviluppo cognitivo.

È stato dimostrato che l’utilizzo di carta e penna ha a che fare con un'operazione multisensoriale in grado di sviluppare la creatività, il pensiero critico e le capacità di risoluzione dei problemi.

 

 

La manoscrittura, infatti, è un processo complesso che coinvolge il tatto (sia per "sentire" la superficie

su cui si vuole scrivere, sia per tenere saldamente tra le mani la penna o l'oggetto utilizzato per scrivere)

e la capacità del cervello di dirigere e controllare, attraverso la vista, movimenti precisi e coordinati.

La scrittura a mano svolge un ruolo primario nella formazione delle abilità di pensiero critico e progettuale,

permette di organizzare le informazioni a disposizione in maniera più funzionale per proporre soluzioni

alternative all'insegna della creatività e ci auguriamo dunque che in futuro non venga abbandonata ma

recuperata e/o migliorata come un formidabile esercizio per le nostre capacità cognitive.

(si ringraziano per le foto delle grafie Barbara Taglioni, delle classi di alunni: filidaquilone.it, Marianna Canali, Nicola Garrambone e Angolo della Memoria, altre foto republika.co.id)

Articolo Ieri e Oggi: Com’è cambiata la scuola e la nostra grafia CaffèBook (caffebook .it)