Il mito del Lauro: Apollo e Dafne
L’alloro è conosciuto nella cultura occidentale per aver cinto nei secoli il capo glorioso di uomini di cultura o che si erano fatti onore nei giochi olimpici; per quale motivo questa odorosa rappresentante della macchia mediterranea ha ottenuto un ruolo così rilevante?
Com’è noto, le divinità dell’Olimpo avevano sacro un animale e una pianta; Apollo, dio che guida il carro del Sole, ma anche divinità che presiede le nove Muse (quindi le arti), scelse l’alloro… o meglio, aveva infaustamente scelto colei che in alloro fu mutata.
Ovidio narra questo mito nel suo poema Le Metamorfosi, fornendone la versione più celebre; innumerevoli i poeti e gli artisti che vi si ispirarono, da Dante Alighieri a Giambattista Marino, dal Giorgione al Tiepolo, per non parlare dello stupendo gruppo marmoreo di Gian Lorenzo Bernini, custodito a Villa Borghese, eccezionale per la sua capacità di rendere la progressiva trasformazione della ninfa fuggente in una pianta, sotto lo sguardo attonito di Febo, che comprende la vanità di ogni sforzo compiuto per raggiungerla.
Cosa racconta il mito?
Febo Apollo, al colmo dell’autocompiacimento per avere ucciso il serpente Pitone, ha la pessima idea di vantarsene con Eros, il figlio di Afrodite che scocca frecce le quali provocano improvvisi e spesso irreversibili innamoramenti; anzi, dileggia le armi di Eros, decantando la superiorità delle proprie.
Si sa quanto gli dei antichi siano permalosi e vendicativi: furioso per l’affronto subìto, Eros scaglia una freccia nel cuore di Apollo per farlo innamorare follemente della ninfa Dafne, mentre colpisce Dafne con un dardo di segno opposto, che provoca in lei ogni rifiuto nei confronti dell’amore del dio.
Avversa oltre ogni misura alle attenzioni di Apollo, Dafne prega il proprio padre, la divinità che presiede al fiume Peneo, di sottrarla alle sue voglie; avviene quindi la prodigiosa trasformazione della naiade fuggente in una pianta di alloro.
Si è molto discusso intorno alla simbologia di questo mito: c’è chi ha inteso farne un inno alla castità, altri invece sottolineano che omnia vincit amor, tanto che neppure un dio può opporsi alla forza della passione amorosa; a noi piace darne un’interpretazione in chiave contemporanea, sottolineando la volontà di autodeterminazione di Dafne.
Ella infatti viveva libera nei boschi cacciando; l’amore non figurava tra i suoi interessi e l’arrivo di Apollo, che la vuole come amante, stravolge la sua esistenza; pur di non sottomettersi agli altrui desideri (per non contare il capriccioso Eros, che la coinvolge nei propri piani di vendetta per una vicenda alla quale la ninfa era del tutto estranea) ella sceglie un mutamento del tutto differente, deciso con un atto deliberato, che la rende per sempre parte di quella natura in seno alla quale viveva felice: una figura femminile che si sottrae ai giochi del sesso forte e rifiuta di divenirne oggetto.
Non è allora tanto la verginità, che Dafne vuole preservare, quanto l’autonomia delle proprie decisioni.
I miti che descrivono metamorfosi presentano varie motivazioni per giustificarle: punizioni, vendette, pietoso intervento divino; quello di Apollo e Dafne potrebbe essere letto come il mito della libera scelta.
La cultura greca è da sempre ispiratrice di riflessione e di bellezza: è questo il ruolo principale che le va riconosciuto.