Com'è cambiato il rapporto fra genitori e figli?
Nel libro “Cuore” di Edmondo De Amicis il giorno tredici novembre è dedicato a Coretti, un compagno di classe di Enrico, che il bambino incontra durante una breve passeggiata.
Coretti è intento a scaricare un carro di legna e a ripassare, nel frattempo, la difficile lezione di grammatica per il giorno seguente.
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Elzeviri e Fotografie dei tempi al ritmo del libro Cuore di De Amicis:I Figli oggi aiutano i genitori?13 novembre Il mio compagno Coretti
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Una scena ormai desueta, ma comune a quei tempi.
I figli, di qualsiasi età, aiutavano i genitori nel lavoro, ed erano partecipi all’andamento e al sostentamento della casa e della famiglia.
Oggi il lavoro minorile è ritenuto deprecabile e illegale, ma non bisogna confondere la partecipazione con lo sfruttamento.
Coretti aiuta nella bottega del padre perché la mamma è malata, ma allo stesso tempo frequenta la scuola e si impegna nello studio.
Non siamo davanti a un personaggio dickensiano relegato ai margini della società, sfruttato e costretto ad arrangiarsi per sopravvivere.
Il bambino protagonista del capitolo è molto maturo per la sua età, conscio dei sacrifici dei genitori a cui è grato ed è quindi pronto ad aiutarli a sbarcare il lunario.
Persino Enrico rimane stupito nel vedere con quanta lena si divida tra il negozio e i compiti per l’indomani, tra i clienti e le attenzioni per la mamma malata.
“Intanto Coretti accomodava i guanciali dietro alle spalle di sua madre, raggiustava le coperte del letto, riattizzava il fuoco, cacciava il gatto dal cassettone”
La situazione odierna è nettamente diversa.
Molti ragazzi, anche non più adolescenti, sembrano persino non essere consci delle difficoltà economiche che spesso i genitori devono affrontare per permettere loro di studiare e condurre una vita agiata e spensierata.
Personalmente non sono certa che si tratti sempre di inconsapevolezza, credo che spesso in tutto ciò esista anche una buona dose di egoismo.
Senza ovviamente generalizzare, è facile trovare giovani che sembrano andare avanti per forza di inerzia, che non si applicano negli studi, che pretendono di avere l’ultimo capo d’abbigliamento alla moda o passare tutto il tempo libero tra una partita di pallone e un videogioco.
Il numero dei “Coretti” diminuisce sempre più, e la situazione si tinge di tonalità ancora più cupe se si pensa che ci sono anche molte persone in età lavorativa che restano a casa per comodità, nascondendosi dietro difficoltà che forse non hanno veramente intenzione di affrontare e risolvere.
“Ah no, Coretti, no: sei tu il più felice, tu perché studi e lavori di più, perché sei più utile a tuo padre e tua madre, perché sei più buono, cento volte più buono e più bravo di me, caro compagno mio.”
La stima di Enrico per il suo compagno di scuola è sincera e segna un’altra differenza con l’odierna quotidianità.
Logicamente anche oggi esistono saldi rapporti di amicizia tra ragazzi che frequentano la stessa classe, o comunque che si conoscono e fanno parte della stessa comitiva, ma l’apprezzamento ha cambiato obiettivo, perché sono mutati i riferimenti che designano un ragazzo meritevole o meno di accettazione.
Gli studiosi spesso vengono etichettati come “secchioni” e relegati ai margini delle conoscenze, utili solamente a fornire spiegazioni scolastiche e aiuti durante le verifiche.
I ragazzi legati alla famiglia, che si rivolgono con rispetto ai propri genitori sono da deridere, perché anche se non è poi ciò che realmente si prova, criticare i provvedimenti o le regole dettate dalla madre e dal padre aiuta a vestirsi di un’aria di superiorità da sfoggiare all’interno del gruppo.
Ma i giovani sono appunto tali. Tutti siamo stati adolescenti e ci siamo resi conto solamente crescendo che ciò che pensavamo di sapere era niente e ciò che ritenevamo giusto spesso era sbagliato.
Quindi sta di nuovo a noi, a noi insegnanti e a noi genitori, a noi adulti insomma, indirizzare al meglio “i grandi” di domani, cercando di comprendere le loro mancanze, di sanare i loro difetti e di prepararli ad affrontare un futuro ignoto, senza peccare di permissivismo o arroganza.
Un compito arduo reso sicuramente più difficile dai tempi moderni, ma in fondo siamo noi a cambiare la società in cui viviamo, quindi siamo noi che, in questo senso, dobbiamo rimboccarci le maniche.
(foto da Angolo della memoria,Giovanni Sansone,Mario Derosa, forbes.com, abc.net.au)
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