I cavalli si affezionano alle persone?
Qualche settimana fa ho letto in un gruppo Facebook di appassionati di cavalli il commento di una persona che affermava che questi animali non si affezionano alle persone e ne rimasi colpita.
Ho ascoltato racconti di chi ha nutrito col biberon maialini che si comportano alla stregua di cani, ammirato video di galline domestiche che fanno le fusa e altri animali non “standard” che mostrano condotte all’apparenza affettuose.
Un cavallo invece no?
A me è capitato d'incontrarne uno cinque anni fa, anziano, con un passato ignoto e un incidente a un posteriore che l’ha relegato in un paddock diventando pelle e ossa.
L'ho chiamato Sorbetto. Quindi un soggetto che mi ha conosciuto alla fine dell’esistenza, senza sviluppare quel legame particolare che s'instaura crescendo assieme.
Aveva bisogno di cure giornaliere e la frequentazione costante ha lentamente dissolto le reciproche diffidenze.
Un giorno ero davanti al suo box a chiacchierare con una persona che s'interruppe sentendo la voce del cavallo che richiamava con insistenza la mia attenzione e, sorridendo, affermò che quando arrivavo lui sembrava parlarmi.
Ho sorriso a mia volta e raccontai questo episodio.
Il secondo anno che Sorbetto era con me andai in ferie per due settimane lasciandolo nelle mani di una bravissima ragazza che lo accudì con amore ma… non ero io!
Al ritorno lui non riconobbe, come al solito, il rumore dell’auto: mi avvicinai mentre era chino nella mangiatoia e non si accorse della mia presenza.
Quando sollevò il muso e mi vide strabuzzò gli occhi, restando paralizzato a guardarmi… una statua di marmo tanto era immobile! Credo che non respirasse nemmeno.
Rimanemmo in silenzio entrambi per interminabili secondi finché esclamai: «Beh, Sorbetto, non mi dici nulla?!?». Solo allora iniziò a salutarmi col suo particolare nitrito soffiato facendomi venire le lacrime agli occhi.
Forse pensava di essere stato nuovamente abbandonato e si domandava se l'immagine davanti agli occhi fosse un sogno o realtà: avendo parlato, si convinse fosse vera.
Lui ha problemi ai polmoni e deve mangiare il fieno bagnato che non gli piace tanto: per un mese dal mio rientro lo divorò senza lasciarne un filo, evento unico dato che di solito ne consumava solo la metà!
Ne parlai col veterinario, professionista molto abile e attento al lato psicologico e comportamentale, che mi consigliò, per le successive vacanze, di legare nel box un mio indumento usato in modo che l’odore rassicurasse il cavallo durante le assenze.
L’anno dopo ci provai, scatenando l’ilarità degli altri utenti della scuderia, e fissai con una corda una maglia accanto alla mangiatoia.
Il risultato è stato sorprendente perché Sorbetto è rimasto tranquillo, vivendo il distacco con serenità.
Gli animali non si devono umanizzare ma credo che un legame siano in grado di crearlo anche con membri di altre specie.
Qualcuno obietterà che la perdita della libertà e la necessità di assicurarsi cibo e cure siano all'origine della dipendenza con l'uomo e non sentimenti di affetto che non proverebbero.
Secondo me esiste qualcosa in più... una vibrazione da percepire e ascoltare... un quid impalpabile che non sempre si coglie e va al di là del cibo, manifestandosi con uno scambio reciproco di energia.
Nel linguaggio umano si può chiamare amicizia, empatia, sintonia, amore... in quello universale non ha nome ma la mia immaginazione lo visualizza come un'invisibile polvere magica: quell'afflato impalpabile che Dio alitò nelle narici dell'uomo plasmato con terra mescolata ad acqua e che lo trasformò in un essere vivente…
(foto di Paola Iotti Sorbetto)